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O crescita o sostenibilità: l'inganno dello “sviluppo sostenibile”

O crescita o sostenibilità: l'inganno dello “sviluppo sostenibile”

“Contro ogni sviluppo sostenibile” è l’articolo che Nino Lisi (della CdB di San Paolo a Roma, della Rete Romana di Solidarietà con il Popolo Palestinese e collaboratore di Adista) ha scritto lo scorso 6 marzo sul sito dell’Associazione “Articolo 21, liberi di…”, associazione nata nel 2002 per promuovere il principio costituzionale (art. 21, appunto) sulla libertà di manifestare il pensiero e contro ogni bavaglio all’informazione.

Nel suo intervento, l’autore apre il dibattito lanciando una provocazione e dichiarandosi «assolutamente contrario allo “sviluppo sostenibile”» che, dice, «è un ossimoro, è un concetto intrinsecamente contraddittorio che non trova riscontro in natura: o c’è sviluppo o c’è sostenibilità, tutte e due insieme non possono darsi».

Il presupposto, che Lisi chiarisce subito, è il «significato che da sempre si è dato» in economia al termine “sviluppo”, associandolo inscindibilmente a quello di “crescita”. «Oggi l’ambiente non è più in grado di sostenere altra crescita, poiché è stato già abbondantemente dissestato dalla crescita avvenuta negli anni passati».

L’umanità consuma più risorse di quelle che produce, chiarisce Lisi, e così, «non bastandoci le risorse prodotte dalla natura annualmente, abbiamo intaccato il patrimonio ambientale sino a provocarne il dissesto. I cambiamenti climatici, i fenomeni di desertificazione e le stesse pandemie dimostrano che non si può andare più avanti così, cioè che non si può continuare a crescere a meno di non rendere impossibile che sulla Terra continui ad esserci vita come l’abbiamo conosciuta».

Dunque, spiega l’autore, se è vero che senza crescita non c’è sviluppo, «aggiungere a questo termine l’aggettivo sostenibile è semplicemente un inganno». Che andrebbe svelato per «rendere palese che la crescita ha prodotto diseguaglianze e, lungi dall’agevolarle, ha danneggiato fortemente le classi che una volta si chiamavano subalterne, ha prodotto “nuove” povertà che si sono andate ad aggiungere alle vecchie perché capita che nemmeno lavorando ci si riscatti dalla povertà».

Quale via d’uscita dunque? Lisi propone una «economia socialmente ed ambientalmente sostenibile» iniziando a «smontare il convincimento che il benessere sia indissolubilmente legato a crescita e sviluppo e chiamare le cose con il loro nome, senza edulcorazioni».

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