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Tutela dell'ambiente, tutela della salute umana. Il WWF a un anno dal primo lockdown

Tutela dell'ambiente, tutela della salute umana. Il WWF a un anno dal primo lockdown

Un anno fa il governo Conte decideva di fermare il Paese per arginare il contagio fuori controllo del nuovo e spaventoso coronavirus. Quell’annuncio del primo lockdown «ha cambiato le nostre vite», afferma il WWF in una comunicazione odierna, costringendoci tra l’altro ad aprire una seria riflessione sul «legame che esiste tra la salute della natura e quello del genere umano», perché «un rapporto “malato” con l’ambiente che ci circonda e con le specie che lo popolano» può provocare epidemie e pandemie. Come ebbe a dire anche papa Francesco nella preghiera speciale per l'emergenza sanitaria il 27 marzo dell'anno scorso, non si può «rimanere sempre sani in un mondo malato».

Tutte le gravi epidemie degli ultimi decenni – Sars, Mers, Aviaria, Ebola, Zika, Febbre del Nilo, ecc. – «hanno una caratteristica in comune: sono quelle che gli scienziati chiamano "zoonosi", malattie presenti negli animali che hanno fatto il cosiddetto “salto di specie” (o spillover) verso l’uomo. Oggi, le zoonosi rappresentano il 60% delle malattie infettive conosciute e il 75% delle malattie infettive emergenti. Il numero di zoonosi trasmesse da animale a uomo è quasi triplicato negli ultimi 40 anni, complice l'azione dell'essere umano sull'ambiente».

La conservazione degli ecosistemi consente dunque anche la salvaguardia della salute umana. «L’equazione è semplice», dice il WWF: «Più distruggiamo la natura, più rischiamo di scatenare malattie infettive» vecchie e nuove. Quando sopraggiunge l’intervento umano ad alterare gli equilibri degli ecosistemi, «aumenta il rischio di trasmissione di malattie che possono facilmente trasformarsi in epidemie o pandemie». Il WWF parla di circa 1.7 milioni di virus in circolo tra mammiferi e uccelli, metà dei quali potrebbero “saltare” all’uomo qualora non si intervenisse seriamente per arginare i cambiamenti climatici, le pratiche industriali di agricoltura e allevamento e tutti quegli interventi umani che sfruttano la natura e minacciano la biodiversità.

Tra l’altro, rileva l’Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services, la prevenzione ha costi «100 volte inferiori al costo di risposta alle epidemie. Rispondere alle malattie o peggio, alle epidemie, dopo la loro comparsa, ricorrendo a misure di salute pubblica, soluzioni tecnologiche e in particolare alla ricerca, preparazione e alla distribuzione di nuovi vaccini e terapie, è molto dispendioso e lento; comporta inoltre una diffusa sofferenza umana, oltre a decine di miliardi dollari l’anno di danni all’economia globale».

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