
Pena di morte: un appello alla Chiesa d'Africa
Due uomini, di 29 e 33 anni, colpevoli di femminicidio, sono stati giustiziati a febbraio in Botswana. Il quinto e sesto caso di esecuzione capitale nel Paese africano dall’elezione del presidente Mokgweetsi Masisi. In Malawi, invece, sono state comminate nel 2019 tre condanne a morte, anche se non ancora eseguite. Un chiaro segno di regressione nella lotta alla pena di morte in Africa, tanto da sollevare la preoccupazione di molti vescovi del continente.
Il recente incremento delle esecuzioni – ma anche di processi ingiusti e detenzioni senza condanna – in Africa preoccupa Dumisani Vilakati, direttore dell'Assemblea Interregionale dei Vescovi dell'Africa del Sud (Inter-Regional Meeting of Bishops of Southern Africa-Imbisa), il quale ha lanciato l’allarme, esortando la Chiesa cattolica di tutto il continente a vincere ogni timidezza nella battaglia contro la pena di morte. «Siamo una Chiesa che predica la conversione degli esseri umani e crediamo che le persone possano cambiare in meglio. La condanna a morte non può essere una soluzione, soprattutto considerando quanto sia ancora povero il nostro sistema giudiziario in gran parte dell'Africa» (Cisa, 16/3).
Da parte della Chiesa cattolica non deve mai mancare una voce in sostegno della vita e dei diritti umani, soprattutto – ricorda la Cisa – in considerazione del fatto che «nel 2019, c'è stato un aumento del 53% delle condanne a morte in tutta l'Africa subsahariana rispetto alle 212 condanne dell'anno precedente. Queste condanne a morte sono il risultato di condanne per omicidio in Kenya, Malawi, Mauritania, Niger, Nigeria, Sierra Leone, Somalia, Sudan, Zambia e Zimbabwe».
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