Nessun articolo nel carrello

Provo vergogna per la mia Chiesa

Provo vergogna per la mia Chiesa

Tratto da: Adista Documenti n° 13 del 03/04/2021

Per l'introduzione a questo articolo, clicca qui

Nell’ottobre del 2015 ho partecipato al Sinodo dei vescovi sul matrimonio e la famiglia in rappresentanza dei vescovi del Belgio. Ho ascoltato i vescovi nelle sessioni in aula e nei corridoi, ho sentito tutte le relazioni, ho preso parte alle discussioni di gruppo nonché alla stesura degli emendamenti in vista del testo finale.

Il 15 marzo 2021 la Congregazione per la Dottrina della Fede ha dato una risposta negativa alla domanda che verteva sulla possibilità che le unioni omosessuali possano ricevere una benedizione. Come mi sento dopo questo Responsum?

Abbiamo ferito la fede della gente

Male. Provo vergogna per la mia Chiesa, come ha detto un prete. E, soprattutto, provo una vergogna intellettuale e morale. Voglio chiedere scusa a tutti coloro ai quali questa risposta risulta dolorosa e incomprensibile: le coppie omosessuali credenti e impegnate nella fede cattolica; i genitori e i nonni di coppie omosessuali e dei loro figli; gli operatori pastorali e gli accompagnatori di coppie omosessuali.

Il loro dolore nei confronti della Chiesa è, oggi, il mio stesso dolore. Il Responsum è privo di cura e di attenzione pastorale, di qualsiasi fondamento scientifico, nonché di quella sfumatura teologica e di quella precauzione etica che erano invece ben presenti ai padri sinodali che hanno approvato le conclusioni finali del Sinodo. Qui è all’opera un diverso processo di consultazione e di decisione. A titolo di esempio, vorrei citare soltanto tre passaggi.

Affetti stabili

In primo luogo, il paragrafo nel quale viene affermato che nel piano di Dio non esiste la minima possibilità di somiglianza e nemmeno di analogia tra il matrimonio eterosessuale e quello omosessuale. Conosco personalmente coppie dello stesso sesso, che sono sposate civilmente, hanno figli, sono famiglie piene di calore e stabili e sono attivamente coinvolte nella vita della loro parrocchia.

Alcune delle persone che ne fanno parte sono anche attive a tempo pieno come assistenti pastorali o responsabili in varie aree della vita della Chiesa. Sono particolarmente grato a loro. Chi potrebbe negare che non c’è alcuna somiglianza o analogia con il matrimonio eterosessuale? Al Sinodo la falsità fattuale di una posizione di questo genere è stata ripetutamente sottolineata.

Disinvoltura col peccato

In secondo luogo, il concetto di “peccato”. I paragrafi finali tirano fuori l’artiglieria morale più pesante. La logica è chiara: Dio non può approvare il peccato; le coppie omosessuali vivono nel peccato; quindi la Chiesa non può benedire la loro relazione.

Questo è esattamente il linguaggio che i padri sinodali non hanno voluto usare, sia in questo che in altri casi sotto il titolo generale di situazioni cosiddette “irregolari”. Questo non è il linguaggio di Amoris laetitia, l’esortazione di papa Francesco del 2016. Il “peccato” è una delle categorie teologiche e morali più difficili; e quindi una delle ultime a dover essere applicata alle persone e al modo di condividere la loro vita. E certamente non va fatto su categorie di persone in generale.

Ciò che le persone sono disposte e capaci di fare, in questo preciso momento della loro vita, con le migliori intenzioni che hanno verso sé stesse e verso i loro cari, di fronte al Dio che amano e che le ama, non è una questione semplice da definire. In effetti, la teologia morale cattolica classica non ha mai affrontato queste questioni in modo così semplice. O tempora, o mores!

Di quale liturgia parliamo?

Infine, il concetto di “liturgia”. Questo mi mette ancora più in imbarazzo come vescovo e teologo. A causa della loro relazione, le coppie omosessuali non sono degne di partecipare alla preghiera liturgica o di ricevere una benedizione liturgica. Da quale nascondiglio ideologico è uscita questa affermazione sulla “verità del rito liturgico”?

Di nuovo, questa chiaramente non era la dinamica del Sinodo. Si è parlato ripetutamente di rituali e gesti appropriati per includere le coppie omosessuali, anche in ambito liturgico. Certo, questo rispettando la distinzione teologica e pastorale tra un matrimonio sacramentale e la benedizione di una relazione.

La maggioranza dei padri sinodali non ha optato per un approccio liturgico in bianco e nero, o per un modello che fosse basato sull’idea del tutto o niente. Al contrario, il Sinodo ha dato l’impulso per esplorare con giudizio le forme intermedie, che rendono giustizia sia all’unicità di queste persone sia alla particolarità della loro relazione. La liturgia è la liturgia del popolo di Dio, e anche le coppie dello stesso sesso appartengono a questo popolo.

Inoltre, appare irrispettoso affrontare la questione di un’eventuale benedizione di coppie dello stesso sesso a partire dai cosiddetti sacramentalia o dei rituali di benedizioni, in cui è prevista anche la benedizione di animali, automobili ed edifici.

Un approccio rispettoso nei confronti del matrimonio omosessuale può avvenire solo nel più ampio contesto del rito del matrimonio, come una possibile variazione sul tema del matrimonio e della vita familiare, con un onesto riconoscimento sia delle somiglianze sia delle reali differenze.

Le benedizioni di Dio

Con le sue benedizioni, Dio non è mai stato avaro o diffidente. Egli è nostro Padre. Questo è stato l’approccio.

Insomma: nel presente Responsum non ritrovo le linee principali – così come le ho vissute – espresse nel Sinodo dei vescovi del 2015 su matrimonio e famiglia. Si tratta di un danno per le coppie omosessuali credenti, le loro famiglie e i loro amici. Sentono di non essere stati trattati in modo sincero e onesto dalla Chiesa. Le reazioni in questo senso ci sono già. Ciò rappresenta anche un fatto deplorevole per la Chiesa stessa. Questo Responsum non costituisce infatti un esempio di cammino comune. Il documento mina la credibilità tanto della “via sinodale” fortemente voluta da papa Francesco, quanto dell’anno dedicato alla ripresa di Amoris laetitia. Il vero Sinodo intende sollevarsi?  

* Mons. Johan Bonny in una foto [ritagliata del 2008] tratta da wikimedia commons, licenza Creative Commons

Adista rende disponibile per tutti i suoi lettori l'articolo del sito che hai appena letto.

Adista è una piccola coop. di giornalisti che dal 1967 vive solo del sostegno di chi la legge e ne apprezza la libertà da ogni potere - ecclesiastico, politico o economico-finanziario - e l'autonomia informativa.
Un contributo, anche solo di un euro, può aiutare a mantenere viva questa originale e pressoché unica finestra di informazione, dialogo, democrazia, partecipazione.
Puoi pagare con paypal o carta di credito, in modo rapido e facilissimo. Basta cliccare qui!

Condividi questo articolo:
  • Chi Siamo

    Adista è un settimanale di informazione indipendente su mondo cattolico e realtà religioso. Ogni settimana pubblica due fascicoli: uno di notizie ed un secondo di documentazione che si alterna ad uno di approfondimento e di riflessione. All'offerta cartacea è affiancato un servizio di informazione quotidiana con il sito Adista.it.

    leggi tutto...

  • Contattaci

  • Seguici

  • Sito conforme a WCAG 2.0 livello A

    Level A conformance,
			     W3C WAI Web Content Accessibility Guidelines 2.0

50 anni e oltre

Adista è... ancora più Adista!

A partire dal 2018 Adista ha implementato la sua informazione online. Da allora, ogni giorno sul nostro sito vengono infatti pubblicate nuove notizie e adista.it è ormai diventato a tutti gli effetti un giornale online con tanti contenuti in più oltre alle notizie, ai documenti, agli approfondimenti presenti nelle edizioni cartacee.

Tutto questo... gratis e totalmente disponibile sia per i lettori della rivista che per i visitatori del sito.