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Card. Schönborn sul no alla benedizione delle coppie gay:

Card. Schönborn sul no alla benedizione delle coppie gay: "Non ne sono contento, la Chiesa è una madre"

VIENNA-ADISTA. «Non sono stato contento di questa dichiarazione della Congregazione per la Dottrina della Fede. Per il semplice motivo: il messaggio che ha attraversato i media di tutto il mondo è stato solo un "no". Un "no" alla benedizione; e questo è qualcosa che ferisce molte persone dentro, come sentire e dire: “Madre, non hai una benedizione per me? Anch'io sono tuo figlio». Questa volta, la critica al Responsum della Congregazione per la Dottrina della Fede che vieta la benedizione alle coppie omosessuali (v. Adista Notizie n. 12/21; Adista Documenti n. 13/21) viene da un “pezzo grosso” della gerarchia ecclesiastica, il card. Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna, teologo domenicano, in un’intervista a Der Sonntag, organo dell’arcidiocesi austriaca (24/3).

«Parto da un'osservazione molto semplice – ha detto -: molte madri benedicono i loro figli. Mia madre lo fa ancora oggi. Non me ne vado di casa senza che lei mi benedica. Una madre non rifiuterà la benedizione anche se suo figlio o sua figlia ha problemi di vita. Anzi». La redazione del giornale ha inoltrato al cardinale una lettera al direttore, in cui la madre di un ragazzo gay, «felicemente sposato», contesta il divieto di una benedizione della Chiesa; «I genitori, specialmente se sono credenti – osserva Schönborn, facendo propria la critica della donna - non rifiuteranno a questo bambino, a questo figlio o a questa figlia le loro benedizioni». La Chiesa è, come si dice tradizionalmente, Mater et Magistra, madre e maestra», rimarca il cardinale. «Deve insegnare, ma prima è una madre. E molte persone che vivono e si sentono omosessuali sono particolarmente sensibili a questa domanda: "La Chiesa è una madre per noi?" E rimangono figli di Dio. Ma vogliono anche vedere la Chiesa come una madre ed è per questo che questa dichiarazione ha colpito molti in modo particolarmente doloroso, perché sentono di essere rifiutati dalla Chiesa».

«Che una preoccupazione positiva si possa trovare anche dietro la preoccupazione di questa dichiarazione romana - prosegue - non è emerso affatto. Intendo con ciò l'alta considerazione per il matrimonio sacramentale, che è diventato quasi una rarità nel mondo di oggi. Ma che è qualcosa di grande e santo, l'alleanza di un uomo e di una donna. Un'alleanza per la vita, promessa e fatta davanti a Dio, che può poi portare anche a figli che vengono percepiti come un dono di Dio.

Pertanto la legittima preoccupazione della Congregazione per la Dottrina della Fede è che una cerimonia di benedizione non crei l'impressione che si stia stipulando un matrimonio sacramentale».

Ma questo "sì" alla famiglia, afferma l’arcivescovo di Vienna, «non deve essere detto con un "no" a tutte le altre forme. La Chiesa si è da tempo abituata - è stato un processo lungo e doloroso – a non essere l'unica voce con una parola da dire sulle relazioni». Parlando dell’Austria, Schönborn ricorda che «dal XIX secolo lo Stato ha revocato la sovranità della Chiesa sul matrimonio, ed è ovvio per noi - anche per la Chiesa - che ci si sposa civilmente prima di sposarsi in chiesa. Eppure la concezione statale del matrimonio come contratto è fondamentalmente diversa dalla concezione del matrimonio sacramentale. Ci conviviamo da molto tempo».

La questione se si possano benedire le coppie dello stesso sesso, spiega il prelato, si applica anche alle persone risposate o alle unioni senza matrimonio: «Qui la mia risposta è relativamente semplice: se la richiesta della benedizione non è uno spettacolo, quindi non solo una sorta di incoronazione di un rito esterno, se la richiesta della benedizione è onesta ed è proprio la richiesta della benedizione di Dio per un percorso di vita che due persone, in qualsiasi situazione, stanno cercando di percorrere, allora non sarà loro negata tale benedizione. Anche se, come sacerdote o vescovo, devo dire: “Non hai raggiunto tutto l’ideale”. Ma è importante che tu percorra la tua strada sulla base delle virtù umane, senza le quali non c’è una partnership di successo». E «questo merita una benedizione», conclude il cardinale: bisogna «riflettere attentamente» se la benedizione sia la «giusta forma di espressione».

Schönborn, peraltro, anni fa, in un’intervista al Corriere della Sera (14/10/2014), spiegò di avere personalmente constatato la solidarietà di una coppia omosessuale unita da un patto civile conosciuta a Vienna, quando uno dei due si è ammalato: «È stato meraviglioso, umanamente e cristianamente, come uno si è occupato dell’altro, restandogli accanto. Sono delle cose da riconoscere». «Tante volte, anche se non approviamo questa forma di sessualità – aveva concluso – possiamo inchinarci davanti a comportamenti umani esemplari.

* Foto di GuentherZ tratta da Wikimedia Commons, immagine originale e licenza

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