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PRIMO PIANO. La salute non si brevetta

PRIMO PIANO. La salute non si brevetta

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 14 del 10/04/2021

È trascorso poco più di un anno dallo scoppio della pandemia da Covid-19. In Italia siamo in piena terza ondata, quasi tutte le regioni sono in zona rossa e si prospetta, chissà, un confinamento totale come quello dello scorso anno, però ora abbiamo un’arma in più, i vaccini.

Bisogna partire dal presupposto che, se l’emergenza è globale, anche la risposta della vaccinazione deve essere globale, perché in un mondo così interconnesso e globalizzato o ci si salva tutti assieme o non ci si salva. Risulta quindi fondamentale che la campagna vaccinale coinvolga tutti gli abitanti del pianeta, altrimenti il virus non verrà mai sconfitto. Eppure stiamo assistendo al trionfo dell’egoismo, i Paesi più ricchi comprano milioni di dosi di vaccino ai più poveri restano solo le briciole.

A questo proposito India, Sudafrica e altri circa 70 Paesi in via di sviluppo hanno chiesto al WTOWorld Trade Organization (Organizzazione Mondiale del Commercio), la sospensione dei brevetti sui farmaci e i vaccini anti Covid detenuti dalle imprese transnazionali farmaceutiche, che stanno facendo profitti indescrivibili in questo delicato momento. Si obietterà che sono imprese private, che fanno il loro lavoro, ma bisogna sottolineare che gran parte della ricerca su questo virus è stata finanziata da soldi pubblici. Solo per i vaccini l’Unione Europea ha investito, tramite le multinazionali di Big Pharma, oltre 20 miliardi di euro, tutto denaro pubblico.

Secondo gli accordi TRIPs- The Agreement on Trade Related Aspects of Intellectual Property Rights (Accordo sugli Aspetti Commerciali dei Diritti di Proprietà Intellettuale), entrato in vigore nel 1995 e promosso dall’Organizzazione Mondiale del Commercio-WTO, ogni azienda farmaceutica che mette sul mercato un farmaco o un vaccino ne ha possesso esclusivo per 20 anni. Ciò costituisce un totale monopolio che affida nelle mani di poche aziende la filiera produttiva. Questo è il collo di bottiglia che sta rallentando la produzione e la distribuzione dei vaccini in Europa e non solo.

Venti anni fa in piena emergenza AIDS, quando in Africa e Asia i morti erano decine di migliaia ogni anno, il premio Nobel sudafricano Nelson Mandela si batté affinché venisse approvata una dichiarazione nell’ambito degli accordi TRIPs nella quale si diceva che, se una nazione è in una condi- zione di povertà economica e deve far fronte a una epidemia, le è possibile ricorrere a una clausola di salvaguardia chiamata licenza obbligatoria. Furono quindi liberalizzate le licenze sui brevetti dei costosissimi farmaci antiretrovirali. Ebbene il risultato fu che i prezzi dei preziosi farmaci si abbassarono e si riuscì a controllare l’infezione da HIV, salvando decine di miglia di vite umane.

Sarebbe importante quindi consentire ora a ogni Paese di ricorrere alla licenza obbligatoria e che la Commissione Europea, da sempre contraria, non lo impedisca. E giunto il momento che si approvino le richieste di India e Sudafrica in questo senso, perché hanno l’obiettivo di sostenere i Paesi poveri allargando la disponibilità di vaccini e medicinali consentendo a terzi la produzione almeno finché la pandemia sarà così aggressiva.

E invece pare che l’Italia di Draghi, così come tutti gli altri 27 governi dell’Unione Europea, sia contro la sospensione dei brevetti, allineandosi quindi dalla parte delle imprese multinazionali farmaceutiche. È giusto saperlo quando l’attesa della somministrazione del vaccino sarà insostenibile, cosa che sta puntualmente accadendo in Italia e nel resto d’Europa, dove i singoli Stati stanno litigando per accaparrarsi il maggior numero di dosi possibile.

La scelta dell’UE di non liberalizzare le licenze sui brevetti è chiara, la maggioranza delle multinazionali del farmaco sono europee o statunitensi, quindi l’UE non ha alcun interesse ad andare contro di esse per favorire i Paesi in via di sviluppo. Per loro i brevetti sono più importanti della salute pubblica, anche durante una pandemia.

È quindi opportuno fare pressione sulla Commissione Europea sostenendo una ICE (Iniziativa Comune Europea) appositamente formulata, perché è giusto sapere che i cittadini dell’UE hanno il diritto di rivolgersi direttamente alla Commissione Europea con una propria iniziativa per proporre un atto legislativo concreto. Affinché una tale iniziativa possa essere presa in considerazione dalla Commissione, è necessario che almeno un milione di persone provenienti da tutta la UE firmi a suo sostegno.

Ecco il link per sostenere questa iniziativa e fare pressione sulla Commissione Europea, perché o ci si salva tutti assieme o non ci si salva: https://noprofitonpandemic.eu/it/

Pierstefano Durantini è giornalista, aderente al movimento Noi Siamo Chiesa

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