
Un futuro sostenibile è senza armi. Rete Pace e Disarmo respinge l'ipotesi di un PNRR armato
Nei giorni prima di Pasqua girava la notizia che il Parlamento intendesse destinare parte dei fondi di Next Generation Ue al settore armiero e militare, per «incrementare» «la capacità militare dando piena attuazione ai programmi di specifico interesse volti a sostenere l’ammodernamento e il rinnovamento dello strumento militare, promuovendo l’attività di ricerca e di sviluppo delle nuove tecnologie e dei materiali, anche in favore degli obiettivi che favoriscano la transizione ecologica». Insomma, le lobby dell’industria militare non sembrano intenzionate a perdere l’occasione di accaparrarsi parte della torta europea. Ma, sottolineava la Rete Italiana Pace e Disarmo il primo aprile, «anche se green, le bombe sono sempre strumenti di morte, non portano sviluppo, non producono utili, non garantiscono futuro».
La Rete Italiana Pace e Disarmo torna oggi a chiedere «un PNRR disarmato e di Pace», invitando il presidente del Consiglio Mario Draghi ad un confronto «dopo le aperture a possibili destinazione “armate” dei fondi europei».
A distanza di due mesi dal primo lancio, la Rete ripropone al governo le “12 Proposte di pace e disarmo per il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza” in occasione del dibattito parlamentare scaturito dopo la presentazione della Relazione delle Commissioni parlamentari con precise richieste al governo in merito ai fondi di Next Generation Eu. «Tra le richieste aggiuntive, non previste nelle bozze iniziali, anche la possibile destinazione “armata” di parte degli stanziamenti», sottolinea la Rete: «Una anomalia ritenuta errata e problematica».
Prima di inviare il Piano a Bruxelles, commenta Sergio Bassoli (coordinatore della Cabina di Regia della RiPD), il governo dovrebbe «sentire anche la voce della società civile». «Non possiamo accettare che le basi da cui far ripartire il nostro Paese siano anche armate e ancora una volta si privilegino gli interessi delle industrie belliche anziché affrontare con nuovi e più sensati strumenti le sfide epocali che abbiamo di fronte».
«La produzione e il commercio delle armi», prosegue Rete Pace e Disarmo, ha «un enorme impatto sull’ambiente. Al posto di trasformare il futuro in una direzione più sostenibile, come lascito alle prossime generazioni, continuare a prepararsi alla guerra, oltre alle incalcolabili perdite umane, significa gettare i semi per distruzioni ambientali che durano nel tempo. Ne consegue che la lotta al cambiamento climatico può avvenire solo rompendo la filiera bellica e che il lavoro per la Pace è anche un contributo al futuro ecologico».
I fondi europei rappresentano un’occasione preziosa non solo per rilanciare la produzione nel Paese, ma anche per orientare la ripresa economica ai principi della pace, del disarmo, della conversione ecologica, della cooperazione, della solidarietà, del rispetto dei diritti. Senza pace, insomma, non ci sarà un rilancio sostenibile e il Paese non sarà in grado di affrontare le sfide epocali che ha di fronte.
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