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Presentazione. Tutto un altro mondo!

Presentazione. Tutto un altro mondo!

Tratto da: Adista Documenti n° 16 del 01/05/2021

Tutto è cambiato molto (troppo?) rapidamente. Almeno rispetto alla millenaria storia dell’uomo. Dall’irrompere della modernità in poi scienza, fisica, astronomia, filosofia, psicologia ci hanno messo di fronte a una rappresentazione del mondo diversissima da quella che per secoli l’umanità ha creduto immutabile. «Maledetto sia Copernico», gridava Mattia Pascal nel romanzo di Pirandello, per sottolineare come, da quando la Terra non è più al centro dell’Universo, il modo di percepirsi e di relazionarsi dell’uomo sia totalmente cambiato; tutte le sue certezze crollate d’un colpo.

Non siamo più il centro di nulla. Nulla – ci dice Darwin – è stato fatto a nostra misura. L’essere umano, come tutti i viventi, è frutto di evoluzione e di adattamento. Molti ritengono sia soltanto il caso (ossia i cambiamenti climatici, i periodi di siccità, la scarsità di cibo, la presenza di predatori, ecc.) ad averci reso ciò che siamo. Il racconto biblico di una creazione perfetta e compiuta dalla quale noi, gli esseri umani, “siamo caduti” dopo il peccato originale non ha più senso. La teoria dell’evoluzione ci ha insegnato che non vi è mai stata una perfezione originaria. Che la vita umana è, piuttosto, il prodotto di un processo partito da semplici cellule e divenuto sempre più complesso. Che l’uomo non è sempre stato il signore incontrastato di questo mondo. Anzi, per moltissimo tempo lo furono i rettili. Inoltre, Marx ha dimostrato che le strutture economiche e le sovrastrutture culturali e ideologiche condizionano l’uomo e ne minano il preteso “libero arbitrio”. Freud ha addirittura svelato che c’è una parte di noi – l’inconscio – che percepiamo ma che non conosciamo e non controlliamo; e che pure determina i nostri comportamenti molto al di là delle nostre intenzioni “coscienti”. La fisica quantistica ha attuato una rivoluzione scientifica che comporta il superamento dei vecchi modelli, e parla di un universo in cui il tutto è più grande della somma delle sue parti (e il tutto è contenuto in ogni parte), di un universo vivo i cui elementi, anziché stabili, isolati e indipendenti gli uni dagli altri come nel modello meccanicistico newtoniano, sono tutti collegati e interrelazionati.

Eppure la Chiesa cattolica continua a teorizzare e a insegnare una teologia vecchia. Vecchia non per giudizio o pregiudizio critico, ma perché legata a una rappresentazione del mondo che non esiste più. Per secoli ha raccontato la bontà e la perfezione originali della creazione; di un atto di disobbedienza – “peccato originale” – che ha provocato la caduta dall'opera perfetta di Dio; di Gesù come di una vittima offerta da Dio per redimere l’umanità, mediante quello che è stato chiamato “il sacrificio della croce”; ha teorizzato il peccato dell’uomo come la causa e come la ragione della sofferenza di Gesù; infine, con il sacrificio di Gesù, gli esseri umani, guidati dalla Chiesa, sono ristabiliti nella perfezione originaria, fino alla vita eterna che è il culmine della nostra “restaurazione”.

Questo quadro teologico è diventato così forte nella teologia cristiana da egemonizzare ogni altro aspetto del messaggio cristiano. È vero che la teologia, l’ecclesiologia, la pastorale, sono molto cambiati dal Concilio in poi. Ma questo rinnovamento si è sempre mosso dentro una cornice tradizionale, di compatibilità con il vecchio sistema – aggiornato ma non superato, né tantomeno archiviato – senza mai mettere in seria discussione i cardini con cui la fede in Gesù è stata tramandata e la struttura attraverso la quale questa narrazione si è compiuta. Abbiamo ancora il peccato originale, la colpa, i sacramenti, i dogmi, la morale, i precetti, Dio padre e la trinità, l’immacolata concezione, il culto dei santi, il Paradiso e l’Inferno, la resurrezione dell’anima e quella del corpo dopo il giudizio universale. Tutto aggiornato con un linguaggio più moderno e una catechesi più compatibile con la modernità. Ma tutto sostanzialmente inalterato.

Ma è ancora possibile allora parlare di Dio in questo modo oggi? Perché se il quadro che per secoli aveva configurato le basi del racconto cristiano è crollato, questa religione – in queste forme e con questi contenuti – sembra non interessare quasi più nessuno. È vero che la Chiesa attrae ancora. Ma sembra farlo nelle sue forme più mondane: le sue strutture educative, caritative, assistenziali; il carisma dei suoi leader, la forza della sua presenza millenaria. Ma – si diceva già ai tempi di Wojtyla – se le piazze sono piene, le chiese sono sempre più vuote. E la Chiesa, specie la cattolica, dovrà presto fare i conti con una irrilevanza sempre maggiore nelle coscienze e nella società.

Con questa collana di numeri (questo è il primo, altri due seguiranno nel corso dell’anno), Adista cercherà di indagare le contraddizioni nel vecchio modo di comunicare Dio, la Chiesa, il messaggio evangelico. E si metterà alla ricerca di nuove forme con cui declinare la fede, che sia compatibile con ciò che la realtà sociale, psicologica, scientifica ci racconta della vita umana e dell’universo. Una fede che ci rappresenti non più come peccatori caduti, ma esseri umani incompleti, desiderosi di accogliere la vita in una forma nuova.  

* Metafisica, foto [ritagliata del 2006] di valentina cinelli tratta da flickr, immagine originale e licenza

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