
Il Recovery Plan e il nodo (irrisolto) delle città. Appello a Draghi
“Ripartire dalle città verdi” – titolo dell’editoriale di Giulio Marcon su Sbilanciamoci! – deve essere, secondo le associazioni ambientaliste, l’imperativo che soggiace alle aspirazioni di transizione ecologica del Recovery Plan in elaborazione da parte del governo. Marcon ricorda che alcune sigle ambientaliste (tra le altre Sbilanciamoci, WWF, Legambiente, Transport&Environment, Fridays for Future, grandi dimenticate in questa fase di elaborazione del Piano) hanno scritto al premier Draghi una lettera aperta (firma su Change.org!) per chiedere impegni concreti su trasporto locale e mobilità sostenibile, energie rinnovabili ed efficientamento energetico, modello agroecologico e consumo di suolo, ecc.
«Nonostante i vincoli previsti per l’elaborazione delle proposte del Recovery Plan (destinazione delle 37% delle risorse alla transizione ecologica) ci sono ancora molti interrogativi che riguardano le scelte concrete, che devono essere innovative e puntare in alto». In particolare, prosegue il portavoce di Sbilanciamoci!, della versione di gennaio del Piano destava scalpore il fatto che le risorse per la transizione ecologica fossero solo il 31%, destinate peraltro a finanziare progetti già in corso d’opera (come l’ecobonus 110%) e fosse scomparso l’impegno «per il superamento in tempi certi dei SAD (Sussidi Ambientalmente Dannosi)».
«Mettere al centro l’ambiente, la transizione ecologica nel Recovery Plan significa valorizzare il ruolo delle città, dove vive più della metà della popolazione italiana», che rappresentano gli «spazi cruciali dell’innovazione economica, culturale e sociale» e che «rappresentano la dimensione critica della sfida della sostenibilità ambientale. Il ruolo delle città è però ignorato dal Recopery Plan».
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