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La rivoluzione di Francesco? Superare la frattura tra fede e vita quotidiana

La rivoluzione di Francesco? Superare la frattura tra fede e vita quotidiana

Perché il pensiero sociale di papa Francesco fatica ad essere recepito e attuato nella società dei fedeli cattolici? Si pone questo interrogativo Sandro Antoniazzi, già segretario generale della Cisl lombarda, in un articolo pubblicato il 12 maggio sul sito della Rete C3dem.

Antoniazzi parla di “pietra d’inciampo”, sottolineando che Francesco ha «determinato un riposizionamento» dell’asse fondamentale della dottrina sociale. E se è vero che, parafrasando Giovanni Paolo II nella Sollicitudo rei socialis, «la dottrina sociale della Chiesa è dottrina morale», è anche vero che «la morale dice qual è la posizione giusta sui vari problemi della società, ma non motiva, non impegna a un obbligo di attuazione. È, per analogia, simile alla “legge” per san Paolo: non è un motivo di vita». È proprio su questo passaggio, dice Antoniazzi, che sta la «rivoluzione, semplice, elementare, di papa Francesco: ha spostato l’intero discorso sociale dal piano della morale al piano della fede. Non ha cambiato tanto la dottrina sociale, ma ora è posta come questione di fede: dunque interpella la mia fede, mi obbliga a prendere posizione, mi impegna di persona concretamente». Come corollario, aggiunge dunque, «il disimpegno (dalla politica, dall’impegno sociale) è disimpegno dalla fede». O meglio è rappresentazione di una fede privatistica, monca, castrata, senza potenziale vitale, rinunciataria.

Quello operato da Francesco è un passaggio che supera la frattura tra fede e vita quotidiana, e che ha provocato «uno sconvolgimento profondo. Ieri la dottrina sociale era materia di citazioni e di celebrazioni, ora significa mettere le mani in pasta, sporcarsi le mani, riunire movimenti popolari in Vaticano, arruolare giovani economisti perché cambino la loro disciplina, proporre un modo convincente di affrontare la questione dell’ambiente, invitare all’amicizia sociale per realizzare la fraternità fra tutti. In questo modo il discorso sociale acquista una forte motivazione, quella più profonda e ultima, la fede, e diventa, per lo stesso motivo, un impegno pressante, non un discorso generale, ma un preciso vincolo all’azione».

Leggi l’articolo integrale di Sandro Antoniazzi su C3dem

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