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Usa: morto John Krejci, tra i fondatori di Call to Action Nebraska, scomunicato nel 1996

Usa: morto John Krejci, tra i fondatori di Call to Action Nebraska, scomunicato nel 1996

LINCOLN-ADISTA. È morto l'11 agosto scorso, a 84 anni, l'attivista statunitense John Krejci, attivista per i diritti umani e nella Chiesa, uno dei fondatori del gruppo di riforma della Chiesa Call to Action (CTA) del Nebraska che, nel 1996, fu scomunicato dall'allora vescovo di Lincoln Fabian Bruskewitz (v. Adista Notizie nn. 2/96, 89/06, 3/18). La diocesi di Lincoln, in particolare, era ed è l'unica diocesi ad aver inflitto la punizione più estrema della Chiesa ai membri di CTA. Una punizione in vigore ancora oggi, nonostante il dialogo con l'attuale vescovo James Conley. John Krejci, tuttavia, non ha mai pensato di lasciare la Chiesa cattolica né ha riconosciuto la validità della scomunica.

Già sacerdote, conseguì un dottorato in antropologia e sociologia, poi incontrò l'ex monaca benedettina Jean Gettelfinger con la quale si sposò. Instancabile attivista, ha anche lavorato tra le tribù Omaha e Winnebago, ha fatto parte del consiglio di amministrazione di Nebraskans for Peace, e ha sostenuto il Model UN dell'Associazione delle Nazioni Unite; scriveva spesso lettere a giornali, leader ecclesiali e capi di stato, partecipando alle veglie contro la pena di morte o contro questa o quella guerra; ha anche marciato a sostegno dei diritti LGBTQ+ e di Black Lives Matter. Nei suoi ultimi anni, è stato particolarmente attivo nella riforma carceraria e nell'assistenza ai criminali che avevano scontato la pena.

Nata alla fine degli anni ’70 a Chicago, Call to Action si espande a livello nazionale nei primi anni ’90 (oggi conta 25mila aderenti), lottando per un cambiamento strutturale nella Chiesa sui temi della giustizia e dell’inclusività: tra le sue battaglie, quelle per i diritti delle persone Lgbt, per il sacerdozio femminile, per la giustizia razziale e un maggiore coinvolgimento dei laici. Nel marzo 1996, l’allora vescovo di Lincoln mons. Fabian Bruskewitz emanò un “formale avvertimento canonico”, con cui vietava categoricamente ai fedeli della diocesi di appartenere ad alcuni gruppi e associazioni cattoliche, giudicate “pericolose” e “totalmente incompatibili” con la fede cattolica. Ce n’era un po’ per tutti: da organizzazioni progressiste e aperte alla discussione sull’aborto e sulla riforma della Chiesa come Catholics for a Free Choice, Call to Action o Planned Parenthood (fino all’impegno per il diritto all’eutanasia della Hemlock Society), a movimenti tradizionalisti come quello dei lefebvriani o la Saint Michael the Archangel Chapel e ancora a gruppi legati alla massoneria come le Job’s Daughters, le Rainbow Girls, il DeMolay o la Eastern Star. Chiunque appartenesse a una di queste associazioni rischiava, secondo l’editto di Bruskewitz, di essere “interdetto” (cioè temporaneamente privato della possibilità di ricevere la comunione) e, in caso di appartenenza insistita, di venire scomunicato (v. Adista n. 33/96). E in effetti la scomunica arrivò: Bruskewitz definì Call to Action Nebraska «intrinsecamente incoerente e fondamentalmente disgregatrice, nemica della fede cattolica, sovversiva dell’ordine della Chiesa, distruttiva della disciplina della Chiesa cattolica, in contraddizione con l’insegnamento del Concilio Vaticano II e di ostacolo all’evangelizzazione».

Il provvedimento di Bruskewitz, tuttavia, restò entro i confini dello Stato del Nebraska e non venne imitato da nessun altro vescovo: il card. Joseph Bernardin, ai tempi arcivescovo di Chicago, dichiarò di non volerlo seguire poiché molte posizioni del movimento, «soprattutto nella sfera sociale», erano «compatibili » e legittime. Un appello rivolto al Vaticano nel 2006 per ottenere il ritiro della scomunica non sortì alcun effetto, anzi, ottenne la riconferma della scomunica da parte del card. Giovanni Battista Re, all'epoca prefetto della Congregazione per i vescovi.

Un dialogo sui generis, nel corso del 2017, lo cercò l’attuale vescovo di Lincoln Conley che giunse all’offerta di cancellare la scomunica a livello individuale, lasciando però in vigore il decreto contro l’adesione all’organizzazione: coloro che desiderano restare nell’organizzazione ma privi della scomunica, questo il progetto del vescovo, avrebbero dovuto professare il Credo e «la fede cattolica ricevuta dalla Chiesa cattolica» e rigettare le posizioni di Call to Action contrarie alla dottrina cattolica ricevuta» come l’ordinazione femminile e il supporto ai diritti Lgbt.

«Scomunica o no - commenta il settimanale statunitense National Catholic Reporter (11/8) – John continuò a servire la sua Chiesa e la sua comunità». (ludovica eugenio)

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