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Giornata contro l'uso dei bambini come soldati: in 8mila impiegati in guerra nel 2020

Giornata contro l'uso dei bambini come soldati: in 8mila impiegati in guerra nel 2020

Il 10 febbraio, in occasione della Giornata Onu contro l’uso dei bambini soldato, che si celebra domani, l’Istituto di Ricerche Internazionali Archivio Disarmo (Iriad) ha diffuso una nota di denuncia e di appello, dal titolo: “Poniamo fine all'uso dei bambini come soldati”. In un rapporto dedicato alla situazione dell'infanzia nei conflitti, vi si legge, si denuncia che «nel 2020 oltre ottomila minori, alcuni anche piccolissimi, sono stati arruolati ed utilizzati nelle guerre». Si va dall’Afghanistan alla Colombia, dalla Repubblica Democratica del Congo alla Repubblica Centrafricana, passando per Iraq, Mali, Nigeria, Sudan, Sudan del Sud, Somalia, Siria, Yemen, Myanmar, Nigeria: di questa piaga si rendono colpevoli in molti, gruppi di miliziani irregolari ma anche forze armate ufficiali. Il vicepresidente Iriad, Maurizio Simoncelli, firmatario del comunicato, sottolinea poi alcune inquietanti dettagli: per esempio, in Somalia, «esercito e polizia, pur utilizzando i minori, usufruiscono del supporto dei militari italiani».

«Le guerre combattute da decenni in molte parti del mondo – spiega Simoncelli – richiedono sempre nuovi soldati, così tanti minori vengono rapiti da scuole e villaggi e trasformati in combattenti. I ragazzini sono utilizzati anche come messaggeri, spie e le ragazzine sono reclutate per fini sessuali, per matrimoni forzati o per compiere attentati suicidi. I minori sono sottoposti a violenze di ogni tipo, per piegarne la volontà: peraltro, i bambini possono essere facilmente indottrinati e trasformati in spietati assassini, dato anche che per sparare con un mitra non ci vuole la forza fisica di un adulto».

In occasione della Giornata Onu dedicata alla sensibilizzazione dell'opinione pubblica contro l'uso dei minori nei conflitti, Simoncelli lancia un appello: «Appare urgente che i responsabili di questi crimini, considerati tali dal diritto internazionale, ne rispondano in tribunale e che la comunità internazionale agisca con decisione nei confronti dei paesi che li utilizzano. I Paesi democratici devono coerentemente non solo sostenere le azioni di recupero sociale dei baby soldiers ma anche attuare politiche di pace e porre fine alle vendite di armi a quelli in guerra o retti da regimi liberticidi, nel rispetto delle leggi nazionali ed internazionali vigenti».

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