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Ucraina: la difesa disarmata dei nonviolenti è possibile

Ucraina: la difesa disarmata dei nonviolenti è possibile

«Come difendersi e difendere la pace senza aumentare la violenza già in atto, è un problema che non può ridursi all'alternativa tra subire o fare la guerra». C'è «un’altra difesa possibile» ed è quella della nonviolenza. Lo spiega Mao Valpiana, presidente del Movimento Nonviolento, esecutivo di Rete italiana Pace e Disarmo, Nel breve articolo diffuso oggi. In esso si cita Elena Popova responsabile del Movimento degli obiettori di coscienza russi, che è stata arrestata ieri pomeriggio, insieme ad altri esponenti pacifisti. Lo ha reso noto il Movimento Nonviolento, sezione italiana della War Resisters International, che con le sedi di Londra e Bruxelles sta tenendo i contatti diretti con i pacifisti russi e ucraini per il sostegno alla campagna di obiezione e diserzione dagli eserciti. I pacifisti russi erano presenziavano a una manifestazione contro la guerra, e stavano denunciando le brutalità della repressione della polizia. Con la nuova legge marziale non c’è bisogno di accusa specifica per fermare e portare in carcere le persone.

Di seguito l'articolo di Mao Valpiana, intitolato "Ucraina. Un’altra difesa è possibile".

«La “difesa della Patria” e il “ripudio della guerra” sono doveri costituzionali. 

Doveri che valgono in Italia, in Ucraina, in Russia, e in tutto il mondo.

La “difesa” è un punto decisivo nella pratica della nonviolenza attiva. Difesa della vita, difesa dei diritti, difesa della libertà, difesa dei più deboli, difesa dell’ambiente. La nonviolenza non è in antitesi con la difesa. La storia della nonviolenza moderna è storia di movimenti di difesa. Gandhi difendeva l’indipendenza dell’India; Martin Luther King difendeva i diritti dei neri; Nelson Mandela difendeva la libertà del Sudafrica; oggi i movimenti nonviolenti nel mondo agiscono in difesa della vita di chi fugge dalle guerre. 

Come difendersi e difendere la pace senza aumentare la violenza già in atto, è un problema che non può ridursi all'alternativa tra subire o fare la guerra.

Ricette facili non esistono: la via è quella del diritto, della cooperazione, delle alleanze con le vittime, della riduzione delle armi, della istituzione dei Corpi civili di pace per affrontare i conflitti prima che diventino guerre, della polizia internazionale per fermare chi si pone fuori dal contesto legale dell'Onu. 

Ma la “polizia internazionale” che fermi l’aggressore e difenda gli aggrediti oggi non c’è. Non c’è un “pronto intervento” cui appellarsi. Oggi il mondo sembra saper dire solo “si salvi chi può”.  

Dare una possibilità alla pace significa lavorare oggi per la difesa nonviolenta di domani.

Ma nel frattempo, nell’immediato, cosa si può fare?

I nostri amici nonviolenti ucraini ci dicono che servono tre cose per aiutare il loro Paese: Verità, aiuti e risorse, non armi: “La violenza ha fallito e se perpetuata peggiorerà ulteriormente una situazione già tragica” ci ha scritto Yurii Sheliazhenko.  I nostri amici russi vengono arrestati,  con la nuova legge marziale non c'è  bisogno di accusa specifica per fermare e portare in carcere le persone. Elena Popova, con altri esponenti del suo movimento, ha distribuito volantini “No alla guerra - Come non mandare tuo figlio a fare la guerra", e denunciato la brutalità della polizia.

In Ucraina e in Russia oggi noi siamo dalla parte dei militari disertori, renitenti alla leva, obiettori di coscienza. I giovani russi e ucraini che rifiutano la chiamata alle armi, che sfidano la legge marziale e i tribunali militari, sono la speranza per il domani.

Dobbiamo sostenere i fuggiaschi dalle guerre, aiutare e accogliere i profughi che fuggono dai loro paesi in guerra e cercano riparo e pace .

Soccorrere – Negoziare – Disarmare sono i tre imperativi di oggi».

*Simbolo del disarmo delle Nazioni Unite

 

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