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Armi italiane all'Ucraina: il ruolo del Parlamento e l'opzione della

Armi italiane all'Ucraina: il ruolo del Parlamento e l'opzione della "neutralità attiva"

Notizie stampa informano di un incremento del traffico aereo di velivoli da trasporto militari diretti a un aeroporto polacco situato a circa cento chilometri dal confine con l’Ucraina. «Secondo una nostra ricostruzione, quello in corso sembra configurarsi come un vero e proprio “ponte aereo” militare internazionale verso la base di Rzeszow, nella Polonia orientale, dove già dai primi di febbraio opera un comando logistico USA», dichiarano in un comunicato di ieri Rete Italiana Pace e Disarmo (RIPD), The Weapon Watch (WW) e Osservatorio Permanente Armi Leggere e Politiche di Sicurezza (Opal) di Brescia. «Su Rzeszow stanno convergendo aerei provenienti anche da altri Paesi, in particolare dalla Gran Bretagna, dalla Francia, dal Belgio, dalla Spagna, dal Canada».

Si tratta dunque, dichiarano le tre organizzazioni, di un importante impiego di personale e mezzi militari che intervengono in un conflitto, quello in Ucraina, tra Paesi non appartenenti ad alleanze che coinvolgono l’Italia, e che quindi imporrebbero al governo quantomeno di informare il Parlamento sul tipo di coinvolgimento del nostro esercito, sulle armi e le strumentazioni che vengono inviate nella base polacca e su chi sono i destinatari finali di tali invii. A tal proposito, Opal Brescia, RIPD e WW chiedono a senatori e deputati italiani di «esercitare il diritto-dovere di controllo, attraverso apposite interpellanze, per essere informati dal governo sulle attività militari che il nostro Paese sta compiendo e che possono configurare una partecipazione al conflitto in corso in Ucraina».

L’appello invita infine il governo Draghi a «includere tra le sanzioni verso la Federazione Russa tutte le armi e munizioni, anche quelle classificate di “tipo comune”, non soggette all’embargo di materiali militari dell’Unione Europea in vigore dal 1 agosto del 2014 e di farsi promotore di questa iniziativa a livello comunitario affinché sia al più presto adottata da tutti i paesi dell’Unione». Denuncia infatti la nota che l’Italia, nonostante la ferma condanna delle operazioni militari in Ucraina, continua a vendere alla Russia armi e munizioni classificate come comuni, che comprendono quelle indicate per uso sportivo o venatorio ma anche «armi semiautomatiche e relativo munizionamento utilizzato da corpi para-militari, da compagnie di sicurezza privata e mercenarie».

A conclusione della nota, le tre organizzazioni esprimono solidarietà per le vittime della guerra e per i pacifisti nonviolenti di Russia e Ucraina, e tengono a ribadire «la più ferma condanna per l’aggressione militare» all’Ucraina, «la contrarietà all’invio di armi e materiali militari alle forze armate e a civili ucraini e ad ogni contributo, diretto o indiretto, di tipo militare del nostro Paese che riguardi il conflitto in corso».

La terza via proposta all’Italia e all’Europa per la risoluzione del conflitto resta la «neutralità attiva», che innesca percorsi di «diplomazia ufficiale e popolare», di disarmo, di protezione delle popolazioni civili, e di risoluzione pacifica delle controversie.

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