Teologia decoloniale del Sud globale
Tratto da: Adista Documenti n° 14 del 16/04/2022
Un teologo spagnolo che parla di teologie decoloniali del Sud del mondo? Comincio con una domanda: non è audacia, ancor di più, una contraddizione che un occidentale, nord-atlantico, europeo, spagnolo, illuminista, bianco, maschio, cattolico, discendente di conquistatori e teologo!, parli di teologie decoloniali del Sud?
Rispondo a questa domanda con una serie di precisazioni. In effetti, sono occidentale, ma non occidentale; nord atlantico, ma non nord atlantista; europeo, ma non europeista; spagnolo, ma non spagnolista; moderno e illuminista, ma critico nei confronti del modello di sviluppo tecnicoscientifico della modernità e del progetto illuminista escludente; bianco, ma non suprematista; maschile, ma non difensore della mascolinità egemonica, piuttosto femminista e difensore della mascolinità alternativa, controegemonica, emancipatrice; cattolico, ma non romano o controriformista, o dogmatico, piuttosto evangelico ed eterodosso; teologo, non androcentrico e patriarcale, ma femminista; discendente dei conquistatori, ma critico nei confronti della Conquista, del colonialismo e della colonialità, compagno di viaggio delle Comunità ecclesiali di Base, comunità indigene e afrodiscendenti, delle teologhe e dei teologi della Liberazione e seguace di Bartolomé de Las Casas, Antonio Montesinos, Antonio Valdivieso e Vasco de Quiroga.
Pensare dal Sud, in Europa, ci costringe ad ascoltare, valorizzare e riconoscere le voci a cui non abbiamo mai prestato attenzione, «a uscire dall'universo confortevole delle teorie eurocentriche ed entrare nel riconoscimento di “altri” sempre sottovalutati... e imparare a guardarci con gli occhi delle e dei subalterni: le popolazioni dominate dalle potenze europee nel corso dei secoli» (1).
Epistemologie del Sud
All'origine della mia riflessione sulle teologie decoloniali del Sud ci sono le Epistemologie del Sud, di Boaventura de Sousa Santos, che costituiscono, a loro volta, una delle mie principali fonti di ispirazione. L'obiettivo delle Epistemologie del Sud è riparare i danni causati dalla "santa alleanza" colonial-patriarcal-capitalista (a cui aggiungerei altri due aggettivi: suprematista e neofascista), che ha generato l'omogeneizzazione del mondo con la conseguente eliminazione delle differenze culturali, lo spreco di molte esperienze locali di natura emancipativa e l'epistemi-cidio, cioè la distruzione violenta dei saperi locali non occidentali (2). Il punto di partenza delle Epistemologie del Sud è che non esiste conoscenza senza pratiche, lotte e attori sociali; e che le une e gli altri si svolgono all'interno delle relazioni sociali. Sono queste che danno origine alle diverse epistemologie, nessuna delle quali è neutra. Il primo fatto da tenere in considerazione è l'esistenza di una grande pluralità di conoscenze nel mondo, che costituisce la ricchezza dell'umano e della natura in tutti gli ordini, anche in quello epistemologico.
La comprensione del mondo supera la cosmovisione del mondo europeo e occidentale. La diversità epistemica del mondo è infinita e nessuna teoria generale può inglobarla. Nessun sapere è assoluto, né può comprendere se stesso isolatamente, ma in riferimento ad altri saperi. Ognuno ha le proprie possibilità, ma anche i propri limiti. Ne deriva la necessità di una relazione, di confronto e di dialogo orizzontali tra conoscenze, saperi e pratiche sociali di emancipazione.
Tuttavia, i rapporti tra i diversi saperi sono caratterizzati da asimmetria, anche nella loro stessa tipologia: i saperi occidentali si pongono come "superiori" e si dichiarano "egemonici", mentre degradano i saperi non occidentali come inferiori e subordinati. Questa asimmetria pretende di essere riconosciuta come naturale fino a diventare criterio e ultima istanza nel confronto con altre conoscenze.
Il colonialismo ha esercitato e continua a esercitare, oltre ad altre dominazioni, il dominio epistemologico, che si traduce in un ineguale rapporto di conoscenza-potere con il risultato della soppressione o sottovalutazione di molte forme artistiche, di conoscenza, di organizzazione sociale, di esercizio del potere e di spiritualità dei popoli colonizzati.
Eduardo Galeano lo esprime con l'originalità e la genialità letteraria che lo caratterizzano: «La cultura dominante ammette indigeni e neri come oggetto di studio, ma non li riconosce come soggetti della storia; hanno folklore, non cultura; praticano superstizioni, non religioni; parlano dialetti, non lingue; fanno artigianato, non arte».
E io aggiungo: per la cultura dominante, le comunità indigene e afro-discendenti sono di natura selvaggia; hanno idoli, non dèi; praticano culti idolatrici, non riti sacri; hanno superstizioni, non sacramenti, usi ancestrali, non conoscenze; fanno magia, non scienza; sono contemplativi, non attivi; vivono ancorati al passato senza alcuna prospettiva di futuro.
In risposta a tanta discriminazione e a tali giudizi dispregiativi, il paradigma delle Epistemologie del Sud critica l'eliminazione dei saperi locali, valorizza le conoscenze che hanno resistito con successo al colonialismo, riconosce in tutta la sua ampiezza e profondità la pluralità di esperienze e conoscenze eterogenee e le interconnessioni continue e dinamiche tra loro e indaga le condizioni del dialogo orizzontale tra i diversi saperi. In questo modo intende contribuire alla decolonizzazione dei diversi campi dell'essere, del conoscere, dell'avere e del potere e alla riparazione della quadruplice ingiustizia: cognitiva, sociale, ecologica e patriarcale.
Il preteso e pretenzioso monopolio occidentale dei saperi ha avuto come risultato un clamoroso fallimento. Il suo gioco unico è destinato a finire, se non lo è già. Lo chiarisce con rigore argomentativo Boaventura Santos nel suo The End of the Cognitive Empire (Trotta, Madrid, 2019). Ci sono altri attori, altri protagonisti del Sud e del Nord alternativo che chiedono spazio. L'Occidente ha bisogno di una cura di umiltà per riconoscerlo, anche se, data la sua arroganza storica, gli sarà difficile fare quella "confessione" pubblica.
È necessario “geografare” l'umanità, la natura, la scienza, la cultura, il pensiero e la vita quotidiana in modo più plurale e controegemonico, al di là della ristretta e ritagliata cartografia eurocentrica della Modernità. Questa è la sfida del nuovo paradigma delle Epistemologie del Sud, che avanza a ritmo sostenuto con la collaborazione di tradizioni epistemologiche e culturali finora taciute, se non negate.
Teologie decoloniali del Sud In risposta alle trasformazioni prodotte nel nuovo scenario politico, religioso e culturale, in un'alleanza controegemonica con i movimenti sociali e supportata metodologicamente ed epistemologicamente dai discorsi decoloniali, la teologia viene oggi riformulata in maniera plurale come “teologie decoloniali” del Sud globale. Sono teologie emergenti controegemoniche e creatrici di discorsi alternativi che cercano di rispondere alle grandi sfide della nuova era che stiamo vivendo. Fanno un'analisi critica delle religioni egemoniche e delle loro rispettive teologie e propongono un cambio di paradigma nella storia teologica sotto la svolta decolonizzatrice, che mette in discussione l'eurocentrismo come quadro culturale e religioso a cui sono state sottoposte le teologie, e tiene conto della diversità di contesti geoculturali, politici e religiosi.
Caratteristico delle teologie decoloniali del Sud è il loro pluralismo, seppure all'interno di una prospettiva comune anticapitalista, antipatriarcale, anticoloniale, antisuprematista, antifondamentalista e, ora, anti-neofascista. Il plurale delle teologie del Sud costituisce una risposta all'attuale pluriverso religioso, culturale, etnico, filosofico, politico, ecc. e un riconoscimento delle diverse tendenze teologiche decoloniali:
- africana (ricostruzione, culturalista, della liberazione, teologia Ubuntu);
- asiatica (teologia dalit in India; teologia in dialogo con le tradizioni culturali e religiose orientali; teologia minjung in Corea; teologia della lotta nelle Filippine; teologia islamica della liberazione; teologia confuciana; teologia indiana; teologia ebraica della liberazione, teologia palestinese, ecc.);
- latinoamericana (indigena, afro-discendente, del pluralismo religioso, ecologica, economica della liberazione, contadina, queer...);
- nera statunitense, che denuncia la discriminazione delle minoranze afrodiscendenti negli Stati Uniti e cerca il recupero delle loro radici culturali e religiose.
In tutte esiste una tendenza femminista decoloniale che include le categorie del femminismo decoloniale e la sua intersezionalità di genere.
Spostamenti
Le Epistemologie del Sud costituiscono un cambio di paradigma: dall'uno al multiplo, dalla conoscenza all'inter-conoscenza, dall'universo-mondo al pluriverso-mondo, dal pensiero universale astratto al pensiero pluriversale contestuale, dall'epistemologia egemonica occidentale all'inter-epistemologia; dalla colonialità del potere, del sapere, dell'avere e dell'essere alla decolonialità, dalla teoria eurocentrica delle classi sociali a una teoria storica della classificazione sociale, dalle monoculture escludenti all'ecologia inclusiva dei saperi (B. Santos).
Ispirandosi alle Epistemologie del Sud, anche le teologie decoloniali del Sud stanno compiendo importanti spostamenti: dal centro alla periferia; dal Nord Globale al Sud Globale; dalla società patriarcale a quella fraterno-sororale; dalla depredazione della natura, del suo abuso da parte del modello di sviluppo tecnico-scientifico della modernità al rispetto della dignità e dei diritti della natura; dalla teologia delle assenze alla teologia delle emergenze; dalla teologia coloniale a quella decoloniale; dall'universo religioso al pluriverso delle religioni; dal linguaggio dogmatico al linguaggio simbolico; dai fondamentalismi all'ermeneutica; dalla teologia che attraversa la storia come brace ardente che fugge nell'aldilà, senza mettere piede nell'aldiqua, alla teologia che si elabora al palpito della vita; dalle dichiarazioni retoriche, incomplete e falsamente universaliste alla difesa dei diritti dei popoli oppressi e delle soggettività negate.
NOTE
(1) Montserrat Galcerán, La bárbara Europa, Traficantes de Sueños, Madrid, 2019, 24.
(2) Cfr. Boaventura de Sousa Santos e María Paula Meneses (a c. di), Epistemologías del Sur. Perspectivas, Akal, Madrid 2014; id., Justicia entre saberes: Epistemologías del Sur contra el epistemicidio, Morata, Madrid 2017; id, El fin del imperio cognitivo, Trotta, Madrid, 2019.
Juan José Tamayo è direttore della Cattedra di Teologia e Scienze della Religione “Ignacio Ellacuría”, presso l’Università Carlos III di Madrid. Teologo della Liberazione e autore di “Teologías del Sur. El giro descolonizador” (Trotta, Madrid, 2017).
*Foto presa da Unsplash, immagine originale e licenza
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