Nessun articolo nel carrello

Ucraina: l’ecumenismo non deve morire

Ucraina: l’ecumenismo non deve morire

Tratto da: Adista Notizie n° 14 del 16/04/2022

Una considerazione di anni fa del vescovo di Odessa, Agafangel, fiero oppositore dei tentativi di dividere la Chiesa ucraina dal patriarcato di Mosca, può fare da lente d’ingrandimento sui riflessi religiosi della guerra in corso: «La Chiesa ortodossa ucraina, parte indivisibile della chiesa ortodossa russa, costituisce una forza seria, che lega l’Ucraina alla Russia e impedisce la trasformazione dell’Ucraina in uno Stato antirusso».

Applichiamola all’atteggiamento di Kirill, per i nostri canoni altamente problematico. È noto che il patriarca di Mosca giustifica l’aggressione russa incolpando l’Occidente, ma il rifiuto generalizzato che le sue tesi suscitano non esime dal tentare di comprendere la situazione, sgombrando il campo dalle semplificazioni. Chi lo conosce bene assicura che Kirill in genere guarda all’Occidente e alla Chiesa cattolica senza le chiusure dell’ala più intransigente dell’ortodossia russa (lo testimonia lo storico abbraccio con papa Francesco nel 2016 a Cuba). Eppure, proprio tale posizione in qualche modo aperturista, rimproveratagli da quell’ala, è oggi il suo tallone d’Achille, in relazione all’ascesa del metropolita di Pskov e Porkhov, Tikhon, grande amico e padre spirituale di Putin. È lecito ritenere che, tra le ragioni delle mosse del patriarca, ci sia la volontà di inviare segnali agli oppositori interni. La partita si giocherebbe dunque soprattutto sul terreno dei rapporti infraortodossi, specie dopo la nascita della chiesa autocefala ucraina. Kirill, su questo versante, era in difficoltà già prima della guerra: il rimprovero dei conservatori era di aver perduto il braccio di ferro con gli scissionisti, contando che il patriarca di Costantinopoli Bartolomeo non l’avrebbe mai riconosciuta ufficialmente. Ora che anche la chiesa fedele a Mosca in Ucraina si è schierata contro l’invasione il suo imbarazzo sta crescendo.

Ci sono poi i rapporti col Cremlino, territorio in cui il dato religioso s’intreccia strettamente, come sempre nell’ortodossia, con la politica: «Siamo impegnati in una lotta che non ha un significato fisico, ma metafisico», sostiene Kirill nel sermone del 6 marzo. Per un documento di 300 teologi ortodossi reso noto i primi giorni di guerra, il suo modello è l’ideologia etnico-religiosa del Russkii mir (il mondo russo), secondo cui «esiste una sfera o civiltà russa transnazionale, chiamata Santa Russia o Santa Rus’, che include Russia, Ucraina e Bielorussia». Ideologia sì inquietante, di fronte alla quale però non conviene cedere alla tentazione di alzare altri muri, promuovendo atteggiamenti di ritorsione culturale, raccogliendo invece il suggerimento del segretario di Stato vaticano, cardinale Parolin, per il quale gli anni dalla caduta del Muro (1989) sono stati un’occasione persa per ripensare su basi inedite i rapporti tra Occidente e Russia. Alla luce di tale quadro, sarebbe dunque opportuno avviare, accanto alla condanna di affermazioni ingiustificabili, un ragionamento sul perché l’Occidente produca inquietudine, letto come un perverso mix di corruzione, libertinismo e cristianofobia. Discorso strategico, con alta posta in palio: dalla pace mondiale al cammino ecumenico a ogni livello (da qui l’importanza del primo contatto dall’inizio della guerra tra papa Francesco e Kirill, il 16 marzo in videoconferenza). In ogni caso, a differenza dei commenti dei soliti siti antibergogliani, a partire da cronicasdepapafrancisco, che si sono affrettati a parlare di fallimento dell’ecumenismo – si veda il pezzo di Nicola Bux del 12 marzo – quanto sta accadendo sul fronte ecclesiale richiama semmai la necessità di lavorare, sempre più e sempre meglio, a sostegno al dialogo ecumenico. Rifiutando toni da crociata e prospettive di guerre di religione.

Nella consapevolezza che anche l’ecumenismo – non solo la rivoluzione – non è sempre un pranzo di gala: ci sono sensibilità diverse, permane un peso della storia a gravare soprattutto sull’ortodossia, ma all’ecumenismo non possiamo rinunciare, per la clamorosa testimonianza antievangelica che deriva dai conflitti aperti tra le Chiese cristiane.

Adista rende disponibile per tutti i suoi lettori l'articolo del sito che hai appena letto.

Adista è una piccola coop. di giornalisti che dal 1967 vive solo del sostegno di chi la legge e ne apprezza la libertà da ogni potere - ecclesiastico, politico o economico-finanziario - e l'autonomia informativa.
Un contributo, anche solo di un euro, può aiutare a mantenere viva questa originale e pressoché unica finestra di informazione, dialogo, democrazia, partecipazione.
Puoi pagare con paypal o carta di credito, in modo rapido e facilissimo. Basta cliccare qui!

Condividi questo articolo:
  • Chi Siamo

    Adista è un settimanale di informazione indipendente su mondo cattolico e realtà religioso. Ogni settimana pubblica due fascicoli: uno di notizie ed un secondo di documentazione che si alterna ad uno di approfondimento e di riflessione. All'offerta cartacea è affiancato un servizio di informazione quotidiana con il sito Adista.it.

    leggi tutto...

  • Contattaci

  • Seguici

  • Sito conforme a WCAG 2.0 livello A

    Level A conformance,
			     W3C WAI Web Content Accessibility Guidelines 2.0

50 anni e oltre

Adista è... ancora più Adista!

A partire dal 2018 Adista ha implementato la sua informazione online. Da allora, ogni giorno sul nostro sito vengono infatti pubblicate nuove notizie e adista.it è ormai diventato a tutti gli effetti un giornale online con tanti contenuti in più oltre alle notizie, ai documenti, agli approfondimenti presenti nelle edizioni cartacee.

Tutto questo... gratis e totalmente disponibile sia per i lettori della rivista che per i visitatori del sito.