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Biden allenta le misure restrittive contro Cuba per salvare la faccia in America Latina

Biden allenta le misure restrittive contro Cuba per salvare la faccia in America Latina

Tratto da: Adista Notizie n° 20 del 04/06/2022

41100 WASHINGTON-ADISTA. Il presidente statunitense Joe Biden ha deciso il 16 maggio di alleggerire le misure restrittive adottate del suo predecessore Donald Trump verso Cuba. Potranno ora essere consentiti voli verso città cubane diverse dall'Avana, viaggi di gruppo educativi e professionali, ristabilimento di un programma di ricongiungimento familiare, rimozione dei limiti alla quantità di denaro che può essere inviata a famiglie sull'isola, attualmente fissata a soli $ 1.000 al trimestre.

Il ministro degli Esteri cubano, Bruno Rodríguez, ha reagito all'annuncio della revoca delle restrizioni sostenendo che «si tratta di un passo limitato nella giusta direzione». Limitato, perché «la decisione – ha sostenuto Rodríguez via Twitter – non modifica l'embargo, l'inclusione fraudolenta nella lista dei Paesi che patrocinano il terrorismo, né la maggioranza delle misure coercitive di massima pressione di Trump che ancora colpiscono il popolo cubano». Dunque, ha aggiunto Rodríguez in un altro tweet, l’annuncio «conferma che non sono cambiati né gli obiettivi, né i principali strumenti della politica fallimentare degli Stati Uniti contro Cuba».

Più estesamente, una dichiarazione del Ministero degli Esteri osserva che la decisione di Biden «non cambia affatto il blocco, né le principali misure di assedio economico adottate da Trump, come l'elenco di entità soggette a misure coercitive aggiuntive, né elimina i divieti di viaggio per gli americani», né «annulla l'inclusione arbitraria e fraudolenta di Cuba nell'elenco del Dipartimento di Stato dei Paesi che sono presumibilmente sponsor del terrorismo, una delle principali cause delle difficoltà che Cuba incontra per le sue transazioni commerciali e finanziarie in molte parti del mondo».

Che gli obiettivi della politica degli Stati Uniti contro Cuba non siano cambiati è peraltro dimostrato, aggiunge la dichiarazione, dal fatto che «il Dipartimento di Stato utilizza un linguaggio apertamente ostile, accompagnato da calunnie tradizionali e nuove falsità divenute di moda negli ultimi mesi». Comunque, «per conoscere la reale portata di questo bando, bisognerà attendere la pubblicazione dei regolamenti che li recepiscono». Il Governo di Cuba, conclude la dichiarazione, «ribadisce la sua disponibilità ad avviare un dialogo rispettoso su un piano di parità con il Governo degli Stati Uniti, basato sulla Carta delle Nazioni Unite, senza ingerenze negli affari interni e nel pieno rispetto dell'indipendenza e della sovranità».

Il non detto di Biden

Per venire a Biden, è vero che in campagna elettorale aveva promesso un approccio con Cuba diverso da quello solo soffocante di Trump, ma i media internazionali avanzano una spiegazione per una decisione giunta alla fine inattesa (data anche la focalizzazione imperante della politica statunitense sul conflitto russoucraino): la celebrazione a Los Angeles del Summit delle Americhe dal 6 al 10 giugno. L’evento, che ha cadenza triennale e che ha avuto la sua prima volta nel 1994, non si era mai svolto negli Stati Uniti. Ovvio che Biden tenga al successo dell’iniziativa. Che però rischiava e rischia ancora un sonoro flop per assenza di partecipanti: il 6 maggio, i 14 Paesi della Comunità Caraibica (Caricom) hanno fatto sapere che non parteciperanno al Summit se una qualsiasi nazione della regione sarà esclusa. Di certo, non sono stati finora invitati né Cuba, né Venezuela, “covi di terroristi” secondo l’Amministrazione Usa, né il Nicaragua. Ecco perché Biden, nemmeno 10 giorni dopo, si sarebbe affrettato a ingraziarsi Cuba e a “certificare”, con il cambiamento dell'Amministrazione verso Cuba, la legittimità di un probabile invito al Summit. «Un vertice vuoto – ha osservato l’Associated Press (21/5) – minerebbe gli sforzi degli Stati Uniti per riaffermare la propria influenza in America Latina quando la Cina si sta facendo strada e crescono le preoccupazioni che la democrazia stia arretrando nella regione». Secondo un funzionario statunitense sentito dall’AP ma che non ha voluto essere nominato, ora Biden sta valutando la possibilità di invitare un rappresentante cubano a partecipare al vertice in qualità di osservatore. Anche perché i presidenti del Messico, López Obrador, e della Bolivia, Luis Arce, hanno dato manforte al “ricatto” caraibico: Caro Biden, gli hanno scritto, o inviti tutti o non verremo neanche noi. Se poi si considera che il presidente del Brasile, Jair Bolsonaro, non ha ancora risposto all’invito (facile che tema di non trovare al Summit un ambiente poi così accogliente), il numero e il peso delle defezioni sarebbe imbarazzate.

Dev’essere stata dura per Biden assumere la “benevola” decisione a favore dell’isola caraibica: ricorda il Washington Examiner (22/5) che nel 2020, a quanto si dice, l'elezione di Biden «abbia spinto alcuni cubani americani a diventare più solidamente repubblicani, poiché convinti sostenitori della posizione più dura di Trump nei confronti del governo cubano». Ora «le mosse di Biden potrebbero favorire quell'allontanamento». Carlson Steelman, addetto stampa del think tank conservatore Heritage Action for America, ha sostenuto, parlando con il quotidiano statunitense, che «gli errori di Biden a Cuba con il regime di Castro/Diaz-Canel e in Venezuela con Maduro, stanno aggravando e alienando gli elettori chiave nel sud della Florida. Le elezioni del 2020 hanno dimostrato che la comunità in esilio della Florida può muovere l'ago della bilancia, quindi la decisione di Biden di arrendersi alle dittature comuniste avrà senza dubbio gravi conseguenze per i candidati democratici nei prossimi due cicli elettorali».

Chissà se la decisione di alleggerire le misure contro Cuba indurrà Biden a cambiare, rispetto all’anno scorso, il suo voto alla prossima Assemblea delle Nazioni Unite, che si riunirà a partire dal prossimo settembre e dove, ha annunciato il ministro degli Esteri cubano Rodríguez, sarà ripresa la discussione della risoluzione cubana che reclama la fine del blocco imposto dagli Stati Uniti al nostro arcipelago (il tema: «Necessità di porre fine al blocco economico, commerciale e finanziario imposto dagli Stati Uniti d’America contro Cuba»). Il 23 giugno 2021, all’ultima Assemblea, l’Amministrazione Biden ha votato no alla fine delle restrizioni imposte nel 1961 all’isola caraibica (al suo fianco c’era solo Israele, mentre – come negli anni precedenti – tutto il resto del mondo ha votato a favore, con solo 3 astenuti). Come al solito, si potrebbe dire, e invece no, c’è stata un’eccezione: Barak Obama, allora presidente Usa, all’Assemblea Onu del 2016 scelse l’astensione.

D’altronde Obama – che ebbe modo di definire quello con l’isola castrista «un approccio antiquato che per decenni non è riuscito a promuovere i nostri interessi» – è passato alla storia per aver ristabilito le relazioni diplomatiche con Cuba (v. Adista Notizie n. 46/14 e 25/15), inaugurando quel nuovo corso che Trump smantellò in quattro e quattr’otto.

Da non dimenticare che non fu estraneo, papa Francesco, alla ripresa dei rapporti fra i due Stati. Il pontefice riuscì a far incontrare in Vaticano, in assoluta riservatezza, nell’ottobre 2015, delegazioni di Cuba e Stati Uniti offrendo, riferì un comunicato della Santa Sede, «i suoi buoni offici per favorire un dialogo costruttivo su temi delicati, dal quale sono scaturite soluzioni soddisfacenti per entrambe le Parti» (v. Adista Notizie n. 46/14). Per Bergoglio, la politica prima di Trump e poi di Biden verso Cuba sarà stato un motivo di forte delusione, ora aggravata dall’atteggiamento bellicista assunto dagli Usa a sostegno dell’Ucraina di Zelenski. 

*Foto presa da Unsplash, immagine originale e licenza 

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