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Contraccezione: in arrivo un’enciclica di papa Francesco?

Contraccezione: in arrivo un’enciclica di papa Francesco?

Tratto da: Adista Notizie n° 26 del 16/07/2022

41147 CITTÀ DEL VATICANO-ADISTA. Auspicata da Civiltà Cattolica, ci sono tutti gli elementi per pensare che una nuova enciclica di papa Francesco sul tema della bioetica sia in lavorazione. Intanto lo stesso auspicio, poiché, avanzato dalla rivista le cui bozze passano sempre per il vaglio della Santa Sede, costituisce una “prova” che l’ipotesi abbia una base reale (la rivista ne immagina anche il titolo: Gaudium vitae). Prima di inanellare altri elementi a conferma, bisogna dire che il presunto nuovo documento papale potrebbe introdurre, in particolare su alcuni temi quali la contraccezione e la procreazione assistita, cambiamenti tanto significativi quanto indispensabili. Riguardo alla contraccezione sarebbe il superamento della Humanae vitae, l’enciclica che dall’anno di pubblicazione, il 1968, vieta ai credenti l’uso di metodi artificiali per evitare le gravidanze. Una prescrizione inosservata da tantissime coppie cattoliche.

L’articolo, a firma del gesuita Jorge José Ferrer, tratta del volume – appena pubblicato dalla LEV, la Libreria Editrice Vaticana – titolato Etica teologica della vita. Scrittura, tradizione, sfide pratiche. L’opera contiene gli atti di un seminario interdisciplinare promosso dalla Pontificia Accademia della Vita circa un anno fa, dove gli interventi dei partecipanti rispondevano a un “testo base” elaborato da un gruppo di teologhe e teologi convocati dalla stessa Accademia. Nel capitolo VII del libro, alla contraccezione sono dedicate affermazioni interessanti. Dice: «Ci sono infatti condizioni e circostanze pratiche che renderebbero irresponsabile la scelta di generare, come lo stesso magistero ecclesiastico riconosce, appunto ammettendo i “metodi naturali”. Perciò, come accade in questi metodi, che già si servono di tecniche specifiche e di conoscenze scientifiche, ci sono situazioni in cui due sposi, che hanno deciso o decideranno di accogliere figli, possono operare un saggio discernimento nel caso concreto, che senza contraddire la loro apertura alla vita, in quel momento, non la prevede. La scelta saggia verrà attuata valutando opportunamente tutte le tecniche possibili in riferimento alla loro specifica situazione ed escludendo ovviamente quelle abortive». Da sottolineare, «tutte le tecniche possibili».

Del seminario racconta il presidente dell’Accademia mons. Vincenzo Paglia in una corposa intervista (v. notizia seguente) rilasciata a L’Osservatore Romano (30/6) e a Vatican News. L’evidenza data al volume – e al sensibile tema che affronta: l’etica cattolica con le sue basi evangeliche, le tradizioni teologiche e le inascoltate norme – dai più importanti media vaticani, con l’aggiunta dell’autorevole Civiltà Cattolica che vi spende ben 12 delle sue pagine (numero del 2-16 luglio) ha il sentore di un tam-tam suonato ad arte che non può essere finalizzato solo alla diffusione di un’opera e di un seminario, per pregevoli che siano; quanto meno si tratta di saggiare il terreno e prepararlo a un cambiamento.

E va tutt’altro che sottovalutato un altro “colpo di tamburo” rappresentato dall’articolo del 21 giugno scorso di Vatican News (“Luciani, la dottrina morale e lo sguardo del Pastore”) il cui sottotitolo enucleava: «Le posizioni aperturiste sulla pillola, espresse quando era vescovo di Vittorio Veneto, prima dell’Humanae vitae di Paolo VI, enciclica che poi difese». È spontaneo chiedersi che bisogno c’era, proprio in questi giorni, di chiarire, a oltre 50 anni di distanza, il pensiero di un vescovo peraltro discordante con quello del papa di allora, Paolo VI. Insomma, una scelta che sembra rispondere al bisogno di una autorevolissima riabilitazione della pillola anticoncezionale, visto che le parole riportate dall’articolo sono di quell’Albino Luciani che una decina di anni dopo divenne papa, pur se per soli 33 giorni, nel 1978.

Papa Luciani parteggiava per la pillola

Questo il contesto. Il lungo approfondimento affidato prima da Giovanni XXIII, poi da papa Paolo VI, a una commissione di teologi si risolse in un voto, consultivo, a favore della liberalizzazione della “pillola anticoncezionale di Pincus”. Luciani argomentò la sua cauta apertura all’uso della pillola, scrive il sito vaticano, ricordando che la natura stessa blocca l’ovulazione nella donna, dopo che questa è rimasta incinta, per tutta la gravidanza e nei primi mesi dell’allattamento. «Sembra che sia lecita questa interpretazione: la natura, anche per mezzo del progesterone – scriveva il vescovo – pensa a dare un po’ di riposo alla madre e al bene del figlio (provvedendo a che egli sia partorito unico e a distanza). Il “progestinico” non è altro che progesterone sintetico, fabbricato in laboratorio. Pare che non si vada contro natura, se, fabbricato a imitazione del progesterone naturale», e se è fatta salva l’«intenzione retta, ossia il proposito di mettere al mondo – nell’arco degli anni della fecondità – il numero dei figli che si possono convenientemente mantenere ed educare…». E a proposito dell’obiezione sollevata, e cioè che la pillola progestinica fosse “contro natura”, Luciani aggiungeva: «Qualcuno dice: la natura ha stabilito che la donna ogni mese abbia l’ovulazione. Sì, ma la stessa natura sospende l’ovulazione durante la gestazione e l’allattamento e dopo la menopausa. Bisogna badare a non prendere la “natura” in senso troppo stretto. La natura vuole, per esempio, che noi siamo più pesanti dell’aria: ciononostante facciamo bene a viaggiare via aerea imitando il principio naturale per cui volano gli uccelli. Il Magistero può certo interpretare autenticamente le leggi naturali. Ma con molta prudenza, quando ha in mano dati certi. Nel nostro caso i dati sembrano tali o che si dica: è lecito, o almeno si dica: non consta, è dubbio. Nel dubbio, non si può accusare di peccato chi usa la pillola».

“Naturale o artificiale che sia”

Un altro indizio del cambiamento verso il quale sembra indirizzarsi il pensiero di papa Francesco sulla contraccezione artificiale è contenuto – ancora nel volume pubblicato dalla LEV il 1° luglio – nel dotto, articolato intervento dell’arcivescovo di Lima, mons. Carlos Castillo Mattasoglio, di cui sappiamo la decisa sintonia con questo pontefice. Le sue parole in questo senso sono piane e chiare, e votano per norme aggiornate e più comprensive delle difficoltà in cui si dibatte l’umanità. Dice: «(…) una Chiesa che confida nella maturità umana e spirituale del popolo non può ridurre il comportamento dei credenti a mere formule normative. È urgente suscitare un discernimento libero e insieme fedele che porti tutti a compiere adeguate e giuste decisioni, nei limiti delle sfide. Non è salutare per l’umanità avere sempre delle “spade di Damocle”, minaccianti dannazione ogni volta che vengano trascurate le norme o che non si agisca secondo una procedura precisa, nella pratica comune di qualsiasi metodo, naturale o artificiale che sia. E d’altra parte non è nemmeno conveniente lasciare aperta una porta verso una facilità infinita. (…). Rimanere fedeli a Dio e alla tradizione nella materia profonda dei misteri della vita intima nell’amore interpersonale e familiare, richiede aggiornamenti che includano aspetti nuovi ecomplessi oggi emergenti, in conseguenza della grande crisi epocale, come per esempio le diverse forme di movimenti popolari e modi di vivere in situazioni drammatiche. Questa diversità umana è esistita anche nel mondo biblico, anche se a tutto ciò non abbiamo sempre dato sufficiente attenzione, proprio a causa di alcune riduzioni».

Procreazione medicalmente assistita

Fra le altre riflessioni, il seminario della Pontificia Accademia per la Vita apre a una «valutazione possibilista» della procreazione medicalmente assistita (Pma) quando non sia eterologa. Riassumiamo affidandoci alla autorevole sintesi di Civiltà Cattolica. «Nella Pma eterologa e nella maternità surrogata il corpo proprio viene ridotto a oggetto biologico. (…). Più controversa è la valutazione della Pma omologa, in particolare nel “caso semplice”, che non prevede la formazione di embrioni sovrannumerari. In questa procedura, la generazione non viene artificiosamente separata dalla relazione sessuale, perché questa è, di per sé, infeconda. Al contrario, la tecnica rende disponibile un intervento che consente di rimediare alla sterilità, senza soppiantare la relazione, ma piuttosto rendendo possibile la generazione. Si argomenta in uno degli interventi che una coppia che fa ricorso alla Pma omologa porta a compimento ciò che la relazione sessuale di questi sposi non può realizzare. Non si può respingere a priori la tecnica in medicina: essa va fatta oggetto di discernimento, per constatare se adempia alla funzione di una forma di cura della persona. Questa valutazione possibilista della Pma si inscrive in una più ampia interpretazione antropologica del rapporto tra sessualità, sponsalità e generazione. L’argomento presentato è interessante, poiché intende l’intervento medico come “terapeutico”, consentendo alla relazione coniugale degli sposi infertili di raggiungere la piena realizzazione in quanto responsabile donatrice di una nuova vita, aprendo il loro amore alla generazione di un terzo. È un ragionamento che, senza dubbio, darà spunto a molte discussioni». E le discussioni sono la base per segnare dei punti in avanti.

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