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Comunità energetiche: l’impegno della Chiesa italiana per l’ecologia integrale

Comunità energetiche: l’impegno della Chiesa italiana per l’ecologia integrale

Tratto da: Adista Notizie n° 28 del 30/07/2022

41167 ROMA-ADISTA. In seguito alla 49.ma Settimana Sociale dei cattolici italiani – che si è tenuta a Taranto il 21-24 ottobre 2021 e che si è conclusa con un appello urgente a costituire Comunità energetiche nelle oltre 25mila parrocchie del Paese – il Comitato Scientifico e Organizzatore ha diffuso un importante documento dal titolo La sfida delle Comunità energetiche. Suggerimenti sul percorso per l’avvio (bit.ly/3ISkyFM), sottolineando che «le “Comunità energetiche” non si riducono a una scelta tecnica, ma sono il frutto di un cammino spirituale e antropologico fatto insieme in questi anni come Chiesa in ascolto del territorio. Sono il sogno comune di una comunità che coopera e cammina insieme. Sono un modo concreto di riaffermare “l’ecologia integrale” proposta dalla Chiesa come nuovo modello di sviluppo umano e sostenibile che ha anticipato le agende dei Governi del mondo sull’urgenza di guarire il pianeta dalle minacce del riscaldamento globale, dall’inquinamento e delle tante dimensioni dell’insostenibilità ambientale».

Il contributo della Chiesa verso il 2050

Le Comunità energetiche rappresentano dunque una risposta concreta della Chiesa italiana di fronte alla crisi climatica, all’innalzamento dei costi per l’energia e all’esigenza di edificare un modello di sviluppo “dal volto umano”, fondato su cooperazione, sostenibilità e solidarietà. Una risposta di grandissimo impatto per il Paese, ha sottolineato mons. Filippo Santoro (arcivescovo di Taranto e presidente del Comitato Scientifico e Organizzatore delle Settimane Sociali) nell’intervento di chiusura della Settimana Sociale di Taranto: l’Italia ha «bisogno di circa 7 gigawatt di nuova produzione da fonti rinnovabili all’anno se vogliamo raggiungere l’obiettivo di emissioni nette zero nel 2050. Se in ciascuna delle 25.610 parrocchie del nostro Paese si costituisse almeno una comunità energetica che produce al livello massimo possibile di 200 chilowatt (o facesse nascere più comunità che arrivano complessivamente a quella produzione di energia) avremmo dato il nostro contributo con 5,2 gigawatt di nuova produzione da fonti rinnovabili» (bit.ly/3B5Cvie).

L’8 giugno scorso lo stesso Comitato ha diffuso anche una brochure di sintesi dal titolo Comunità energetiche ed ecologia integrale. La Chiesa in cammino verso un futuro sostenibile, giusto, partecipato (bit.ly/3RPaMrQ), ribadendo le ragioni profonde di un percorso di “conversione ecologica” delle comunità di credenti e fornendo anche contatti per assistenza tecnico-giuridica e per avviare il percorso già delineato nel precedente documento.

Energia dal basso

Già nell’enciclica Laudato Si’, papa Francesco denunciava l’irresponsabilità dei grandi decisori politici ed economici, a fronte delle piccole esperienze innovative, virtuose e sostenibili promosse dalle comunità locali. Al punto 179 dell’enciclica “green”, citava le «cooperative per lo sfruttamento delle energie rinnovabili che consentono l’autosufficienza locale e persino la vendita della produzione in eccesso». «Mentre l’ordine mondiale esistente si mostra impotente ad assumere responsabilità, l’istanza locale può fare la differenza. È lì infatti che possono nascere una maggiore responsabilità, un forte senso comunitario, una speciale capacità di cura e una creatività più generosa, un profondo amore per la propria terra, come pure il pensare a quello che si lascia ai figli e ai nipoti». Ed è proprio sui territori – che brulicano di vita, relazioni, spirito di iniziativa, protagonismo e partecipazione, senso di appartenenza – che la Chiesa italiana intende offrire il proprio importante contributo per vincere la «partita ecologica» e scongiurare l’apocalisse climatica.

Le ragioni di una scelta

Cosa è una Comunità energetica? L’opuscolo spiega che la Comunità energetica è riconosciuta dal Decreto legislativo 199 del 2021 (che recepisce la direttiva europea RED II) come «soggetto giuridico», che raccoglie la partecipazione volontaria dei protagonisti del territorio (cittadini, aziende, esercizi commerciali, associazioni, comitati, enti religiosi, ecc.) che intendono consociarsi per condividere i benefici ambientali, economici e sociali derivanti dalla «produzione e l’autoconsumo di energia da fonti rinnovabili», contribuendo in tal modo «sia alla decarbonizzazione sia alla sicurezza energetica del Paese». Per queste ragioni lo Stato sostiene con sgravi e contributi (anche del PNRR) la realizzazione delle Comunità.

Perché costituire una Comunità energetica? L’opuscolo presenta una lista dettagliata delle forti ragioni che motivano questa scelta nel contesto cattolico: innanzitutto «è una scelta etica (…), frutto di un cammino spirituale fondato sulla consapevolezza che l’umanità è chiamata a prendersi cura della “casa comune”»; è poi una buona occasione di cooperazione e inclusione intorno ad un obiettivo di transizione ecologica, che fa bene al pianeta ma anche ai territori; ogni Comunità energetica rappresenta poi un “assaggio” di un nuovo modello di sviluppo giusto e sostenibile, fondato sull’idea di “ecologia integrale” proposta da papa Francesco.

Per il sostegno alla realizzazione delle Comunità energetiche in Italia, la Conferenza episcopale italiana ha predisposto anche un “Servizio di Assistenza e Consulenza per le Comunità Energetiche” presso l’Ufficio Nazionale per la Pastorale sociale e il Lavoro, negli uffici di via Aurelia n. 468 a Roma.

Con il freno tirato...

Qualcosa già si sta muovendo nei territori e nelle diocesi italiane. Al momento si parla per lo più di studi di fattibilità e di progetti pilota, per via di un quadro normativo ancora poco chiaro, in attesa dei provvedimenti attuativi del Dlgs 199/2021. Ma il fenomeno sembra destinato ad accrescersi e moltiplicarsi negli anni a venire proprio perché, da un lato, rappresenta una strategia di uscita dalla crisi energetica ben più valida e pulita delle corse al gas messe in campo dal governo e, dall’altro, piace a istituzioni ed enti locali in quanto stimola autonomia energetica, partecipazione comunitaria dal basso e democrazia partecipativa.

Lo scorso 14 luglio, l’associazione “NeXtNuova Economia per Tutti” – alla quale sono associate numerose organizzazioni tra le quali Acli, Altromercato, AOI Cooperazione, Arci, Banca Etica, Cisl, Cgil, Uil, Unione Cristiana Imprenditori DirigentiCittadinanzattiva, Forum Nazionale del Terzo Settore, Kyoto Club, Legambiente, ecc. – ha diffuso un appello della società civile, redatto da Leonardo Becchetti, cofondatore di NeXt e docente di Economia politica presso l’Università di Roma “Tor Vergata”, «per non fermare il processo attuativo» delle Comunità energetiche.

La guerra in Ucraina ha acceso i riflettori sulla dipendenza energetica dalle fonti fossili e sull’urgenza di accelerare la transizione ecologica per ragioni ambientali, geopolitiche ma anche economiche e sociali. Con questa consapevolezza l’UE ha portato dal 40% al 45% la quota di energia da fonti rinnovabili da raggiungere entro il 2030. Anche l’Italia dovrà fare la sua parte, spiega Becchetti, aggiornando il Piano Nazionale Italiano per l’Energia e il Clima, per esempio «stimolando l’autoproduzione di energia per imprese industriali, agricole e comunità». Il Dlgs 199/2021, aggiunge il professore, «ha suscitato molte iniziative, entusiasmi e progetti che sono ora in sospeso per la mancanza dei decreti attuativi».

Attraverso le Comunità energetiche, chiarisce Becchetti, «i cittadini superano lo steccato dell’essere solo consumatori». Le Comunità energetiche rappresentano quindi uno «strumento di cittadinanza attiva, oggi fondamentale per dare forza e vitalità alla società civile che è baluardo della democrazia di fronte alle tentazioni populiste». In tal senso, il Decreto legislativo del 2021 costituisce un passo avanti necessario ma non sufficiente. A 7 mesi di distanza, occorre «pubblicare rapidamente i decreti attuativi» «fondamentali per fornire ai tanti operatori, cittadini, imprese, comunità pronti a realizzare progetti le coordinate di riferimento necessarie per la loro realizzazione».

L’appello di Becchetti è stato sottoscritto da realtà laiche e cattoliche, sindaci e anche tante diocesi: tra i primi 100 firmatari figurano Acli, Altromercato, Arci, Bilanci di Giustizia, Caritas Italiana, Centro per la Pastorale Sociale e del Lavoro della Diocesi di Mantova, Cittadinanzattiva, Consulta Diocesana delle Aggregazioni Laicali della Diocesi di Tursi-Lagonegro, diocesi di Avezzano, diocesi di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti, diocesi Andria, diocesi di Bari, diocesi di Campobasso-Bojano, diocesi di Catania, diocesi di Cremona, diocesi di Melfi-Rapolla-Venosa, diocesi di Oria, Ufficio per la pastorale sociale e del lavoro della diocesi di Pozzuoli (Na), diocesi di San Miniato (PI), diocesi di Senigallia (An), diocesi di Sessa Aurunca, diocesi di Orvieto-Todi, diocesi di Rieti, diocesi di Vercelli, Focsiv, Fondazione Banca Etica, Forum Terzo settore, Greenpeace, Kyoto Club, Legambiente, Masci, Meic, Movimento dei Focolari, Movimento Laudato Si, Pax Christi Italia, Pastorale Sociale e del Lavoro Piemonte e Valle D’Aosta, Ufficio per la Pastorale sociale e del Lavoro Diocesi di Bergamo, Ufficio per la Pastorale sociale e del Lavoro, Arcidiocesi di CrotoneSanta Severina, Ufficio per i Problemi sociali e il Lavoro della Diocesi di Ragusa, Vita e WWF.

*Foto presa da Unsplash, immagine originale e licenza

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