
Chiese e comunità di frontiera. Il modello “Andria” di accoglienza
Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 29 del 06/08/2022
“Prete di strada” dicono e mi chiamano. Non mi piace essere chiamato così; mi ritengo e sono solo un uomo preso tra gli uomini per il bene dell’umanità. Sono sacerdote e cerco di vivere per ridare dignità, giustizia e verità a me stesso e a quella parte di umanità a cui sono “mandato e inviato”. Non importa quale sia il colore della loro pelle, la loro fede, la loro cultura.
Credo fortemente che non si dia pace senza giustizia, ma anche che non c'è verità se non nell'amore: ed è questa la mia speranza.
So che tutto ha un senso. Nulla succede per caso. Tutto è dono. L'umanità è meravigliosa e ne sono profondamente innamorato. Ciò che mi spaventa e mi scandalizza non è la debolezza umana, i suoi limiti o i suoi peccati, ma la disumanità. Quando l'essere umano diventa disumano non è capace di provare pietà, compassione, condivisione, solidarietà... diventa indifferente e l'indifferenza è un mostro che annienta tutto e tutti.
Nel 2003 mi veniva affidata la gestione della Casa di Accoglienza “S. Maria Goretti” e l’Ufficio Migrantes della Diocesi di Andria per un maggior coinvolgimento e per una maggiore vicinanza alle persone in stato di disagio. Sin dalla sua apertura, la Casa di Accoglienza ha rivolto la sua attenzione alle persone in stato di povertà presenti sul nostro territorio.
I servizi che si sono attivati da subito sono: mensa della Carità, servizio doccia, distribuzione indumenti. In seguito si sono attivati i servizi di: centro di ascolto, infermeria, accoglienza notturna, corso di lingua italiana, Servizio accoglienza immigrati – orientamento al lavoro, alla soluzione abitativa, consulenza legale, orientamento ai servizi territoriali, assistenza finanziaria, servizi di custodia –, Servizio visite domiciliari, Servizio neonati e lo sportello di contrasto al gioco di azzardo patologico.
Nella gestione della Casa sono coinvolti circa 100 volontari (che hanno aderito all'iniziativa della Banca del tempo). La Casa di Accoglienza di fatto vede il supporto e la collaborazione di tutte le comunità ecclesiali della Città di Andria e dell'intera diocesi, di alcune associazioni di volontariato ecclesiale, di ispirazione cristiana e non, delle comunità scolastiche e di diversi privati. Ormai la si considera il luogo naturale per l'esercizio costante della carità nella città. È un punto di riferimento importante sia per chi ha bisogno, sia per chi vuole aiutare. La povertà nella nostra città ha un volto, un nome: persone che devono lavarsi, curarsi, mangiare, apprendere, difendersi… Siamo in prima fila nell'offrire ai poveri, ai migranti e agli emarginati una vasta gamma di interventi sul piano dell'assistenza sociale e della promozione umana del rispetto delle norme, dei diritti ma anche dei propri doveri.
Il grande numero di persone emarginate che quotidianamente chiedono aiuto e sostegno alla Casa di Accoglienza "S. Maria Goretti" della diocesi di Andria mostra come tale Servizio sia quanto mai urgente e necessario. Gestita dall'Ufficio Migrantes, in un contesto cittadino in cui l'immigrazione e il disagio sociale sono una realtà per la quale non si poteva più indugiare o esserne indifferenti, è un esempio splendido di solidarietà cristiana.
La Comunità MigrantesLiberi
È nostro compito, e anche nostro "vanto", occuparci degli «ultimi, secondo il pensare umano, ma primi nella considerazione e amore di Dio», compito che vorremmo fosse sempre più condiviso da tutti.
Dal 2008, infatti, con un gruppo di giovani dediti all’esercizio di volontariato improntato ai valori cristiani, abbiamo dato vita alla Comunità MigrantesLiberi con l’intento di andare incontro alle tante povertà e volti di persone che chiedono aiuto e di sviluppare una cooperativa di impresa sociale nella logica del bene comune e non particolaristico, con la consapevolezza di avere un ruolo attivo e propositivo nella costruzione partecipata di un benessere condiviso e responsabile.
Da anni la Comunità si è attivata per la realizzazione sul territorio provinciale e regionale di progetti deputati prevalentemente all’accoglienza di adulti in difficoltà e in isolamento sociale. Attualmente la Comunità MigrantesLiberi ha in carico 100 ospiti, di cui 40 di nazionalità italiana e circa 50 di migranti e rifugiati politici.
Gli alloggi sociali: Chiara Lubich, S. Vincenzo De’ Paoli, Si.lo.è, Zoe, Domus Aurea e Don Tonino Bello sono a norma e autorizzati e sono preposti all’accoglienza di genitori separati, sia uomini che donne, persone vulnerabili e neo maggiorenni allontanati dal contesto familiare di riferimento e altre condizioni di emarginazione.
Oltre agli alloggi sociali, questa Comunità ha nella propria mission l’obiettivo di intervenire nel campo dei servizi dei richiedenti asilo e rifugiati, adulti e minori attraverso lo svolgimento di attività che concorrono al miglioramento e al superamento di situazioni di disagio, di emarginazione o di bisogno.
Sono case che permettono la realizzazione di buone progettualità in quanto si tratta di centri collettivi (SAI) di piccola dimensione: Casa Gandhi, Casa S. Andrea, Casa Chiara Lubich.
Inoltre, grazie all’importante Legge 109/1996, che prevede il riutilizzo per finalità sociali dei beni un tempo appartenuti a soggetti organici a clan criminali, nel 2014 la Comunità MigrantesLiberi ha partecipato al Bando “Libera il bene” – iniziativa della Regione Puglia per il riuso dei beni confiscati alla criminalità organizzata – per la ristrutturazione dell’immobile e la creazione di progetti finalizzati al bene comune, rivolti al territorio per implementare servizi finalizzati a far generare e maturare una “cultura del sociale”.
L’obiettivo della Comunità MigrantesLiberi è la testimonianza di valori sociali che riscattano le ingiustizie collettive e criminali, per mezzo del servizio e dell’attenzione quotidiano ai “deboli”. La prospettiva è di restituire dignità e libertà a ogni cittadino, perché dove si annidano ideali forti, il bene vince sul male, e la storia diventa di liberazione, non di alienazione, affermando e difendendo i princìpi di una cittadinanza attiva e democratica. All’interno del bene confiscato “Casa Santa Croce” accogliamo richiedenti asilo tramite il progetto S.A.I. ComeTe.
Emergenze dei migranti stagionali
Per ultimo con l’equipe (educatori, psicologi, assistenti sociali, operatori sociali e ausiliari della Comunità Migrantesliberi) e in collaborazione con l’Associazione NoCap di cui il presidente è Yvan Sagnet, all’unisono abbiamo deciso di continuare a garantire a diversi migranti abbandonati nei ghetti e sfruttati nei campi tutti i servizi di accoglienza e accompagnamento per una integrazione più umana e completa.
È questo il progetto strutturato per dare risposte concrete all’emergenza abitativa dei migranti stagionali sul territorio. Un progetto nato in questi mesi in rete con l’Ufficio Migrantes della Diocesi di Andria in collaborazione con la Rete NoCap, Aziende private agricole e la Comunità Migrantesliberi. Una rete che si è costituita in piena autonomia senza l’interlocuzione delle istituzioni varie, con l’obiettivo di salvaguardare la dignità della persona. Da anni conosciamo il fenomeno dei migranti stagionali che arrivano per la raccolta frutti; conosciamo la importante ricaduta economica locale e nel tempo, purtroppo le nostre comunità hanno preferito la costruzione dello stigma attraverso indifferenza e odio nei confronti “dell’altro” senza mai trovare una risposta affidabile all’emergenza sociale.
Un progetto portato avanti da diversi anni in modo semplice e ordinario. Dopo la presa in carica dell’ospite (migrante o italiano) si elabora un piano educativo che ha come pilastri: autonomia, indipendenza, libertà e integrazione. Dopo aver espletato i vari percorsi (legale, sanitario, scolastico e di conoscenza del territorio, delle leggi, usi, costumi e quanto rientra nel vivere la vita in tutte le dimensioni e aspetti), si passa all’autonomia lavorativa e abitativa.
«Bisogna passare dalla protesta alla proposta – sostiene Yvan Sagnet, fondatore dell’Associazione NoCap – e non c’è proposta nella lotta allo sfruttamento lavorativo che non passi attraverso un lavoro dignitoso. Proprio per questo motivo abbiamo deciso di estendere la nostra filiera etica a questo territorio martoriato dallo sfruttamento con l’assunzione regolare di numerosi lavoratori provenienti dal ghetto presso un’azienda della nostra rete etica NoCap. Tramite un lavoro e una paga dignitosa, un lavoratore può permettersi di prendere in affitto una casa piuttosto che vivere in un ghetto in situazioni di tale disumanità».
Le migrazioni non vanno urlate, demonizzate, spettacolarizzate, ma organizzate, accolte, curate, accompagnate, indirizzate e organizzate. Una persona che ha subìto e vissuto violenze, torture, ingiustizie, emarginazioni, fame… è “arrabbiata” e quella “rabbia” se non è curata e sanata sfocerà in azioni di violenza o atti di tensioni. Ogni esclusione genera divisione, mentre ogni voce ascoltata crea un’armonia dove il gruppo si riscopre nelle sue molteplici sfaccettature umane.
Continuiamo a definire politiche migratorie, a stipulare accordi con governi non democratici, scialacquando capitali che potrebbero essere impiegati per gestire le migrazioni in modo sicuro e legale. Non è possibile tollerare che vite perse in mare o via terra non provochino reazioni e risposte umanitarie. Le vere istituzioni democratiche hanno come compito principale di assicurare una vita degna e libera a ogni essere umano. Davanti a quest’orrore come non insorgere? Come non decidere di contrastare tanta e tale mostruosa brutalità, non con la forza della violenza, ma con la forza della rivoluzione del cuore per riconoscere il diritto alla vita, alla dignità, alla gioia?
Papa Francesco nel suo messaggio per la 108ª Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, che sarà celebrata il 25 settembre 2022, sul tema “Costruire il futuro con i migranti e i rifugiati” scrive: «La storia ci insegna che il contributo dei migranti dei rifugiati è stato fondamentale per la crescita sociale ed economica delle nostre società. E lo è anche oggi. Costruire il futuro con i migranti e i rifugiati significa anche riconoscere e valorizzare quanto ciascuno di loro può apportare al processo di costruzione». E sottolinea: «Gli stranieri non sono invasori e distruttori».
Un cammino “con”
L’integrazione è un processo lento, faticoso, scomodo, che esige il suo prezzo, ormai necessario, se si vuol stare al passo dei tempi. L’integrazione è un cammino da farsi “con”. Il fenomeno migratorio presenta notevoli implicazioni economiche, sociali, culturali, giuridiche e di ordine pubblico. Porta con sé problemi e benefici in base alla nostra capacità di gestirlo a partire dalla dimensione del migrante-persona. Parlare di immigrazione non vuol dire infatti parlare solo e semplicemente di numeri, comparando costi e benefici. Quello dell’immigrazione è un fenomeno fatto di persone: uomini e donne portatori di speranze, paure, titolari di diritti e doveri.
Per cui, oggi, ai significati già esistenti della parola “accoglienza” bisogna includere un altro significato, ossia “dovere”. Il dovere, a volte, violenta la vita di uomini e donne ma devo anche dire che l’accoglienza violenta ugualmente. Violenta nel momento in cui ti trovi di fronte giovani migranti solcati nel volto dal dolore, dalla fatica nei cui occhi possiamo scorgere il loro bagaglio, il travaglio di un’esistenza, perché solo quello portano sulle nostre rive, e come uomo prima, e prete poi, sento l’obbligo di custodirlo, perché nel bagaglio si porta sempre qualcosa di personale, di intimo: loro portano la vita.
Non mi interessa fare vademecum per l’accoglienza, ma viverla, farne esperienza e promuoverla. Accogliere non richiede palcoscenici ma cuori, volti e mani che rivoluzionano un sistema, dove l’altro non è un numero ma semplicemente una persona come te, che ha bisogno di affetto, attenzioni, cure e cultura.
Come Comunità MigrantesLiberi, operante in questo lembo di terra, proviamo nel nostro piccolo a costruire una cultura che non ha colore, ma ha voce, la voce di uomini, donne e bambini che gridano aiuto e che quotidianamente, nonostante le innumerevoli difficoltà, sosteniamo e difendiamo da ingiustizie e soprusi. Attualmente, ci occupiamo della cura di richiedenti asilo e profughi, e non solo. Ogni giorno lavoriamo per offrire a queste persone strumenti utili per il loro inserimento sociale, ma siamo convinti che una migliore integrazione sia possibile solo favorendo la creazione di una rete tra tutti gli attori sociali del territorio e i beneficiari.
Lo spirito che anima la Comunità MigrantesLiberi si è forgiato negli anni lungo la strada dell’ascolto di persone bisognose, emarginate, violentate, abusate, con il vivo desiderio di riscattare la loro dignità con atto vitale, non con la ribalta mediatica ma nell’anonimo silenzio del fare. Un percorso lungo e faticoso, dove impegno, sudore e fatica sono stati spesi con coraggio, determinazione, orgoglio, paura e fragilità, per raggiungere un fine che supera ogni steccato ideologico e ogni opinione mediatica, la responsabilità quotidiana di farsi garante di tutela di ogni minoranza come segno di paradosso e rovesciamento di un sistema sociale escludente e marginalizzante. Una visione “solidale, umana e inclusiva” delle differenze, delle minoranze, degli ultimi, degli scartati ci ha convinti a promuovere questo stile e questi valori per una comunità “non da sola ma solidale”.
Tanto ancora da fare
L’altopiano ancora è distante da raggiungere, molto c’è da percorrere e tanto da fare, al passo si rimane, frontiere, periferie e sobborghi sono il nostro habitat, dove la contaminazione non manca, la complessità non scarseggia, il dialogo non difetta e l’alba di una nuova civiltà è alle porte.
Una società che ha paura dell’altro e non apre le porte ad altre civiltà per un mescolamento delle etnie e delle tradizioni è in debito, e si occupa più della geopolitica che della reale dinamica del multiculturalismo. Forse è il tempo di cambiare rotta è rivolgere gli occhi, le attenzioni e gli interessi all’umanità e al suo futuro, discutere e confrontarsi, incontrare e organizzare, pianificare e scontrarsi per l’unico bene, quello comune che appartiene a tutti e condivisibile con tutti.
Con l’altro non ci si scontra, ci si incontra, perché incontrare le persone vuol dire aprirsi all’altro nella sua unicità e universalità, senza pregiudizi e discriminazioni. Entrare nel tessuto vitale delle esistenze dimenticate e anonime significa attraversare le biografie di una umanità ricca di segni e contenuti, che solca la proprietà ego-personale, sfigurando il nostro narcisismo, interpellando il senso ultimo della nostra vita. La cultura dell’incontro salverà l’umanità, farà risorgere un nuovo e vero umanesimo.
La comunità MigrantesLiberi con il suo operato testimonia una coscienza sociale di attenzione, rispetto e solidarietà sempre più diffusa e responsabile nella società civile, per il superamento dei vari condizionamenti che ostacolano o limitano una autentica e piena realizzazione umana di tutte le persone che sono in condizioni di disagio. Siamo partiti dal coinvolgimento e dalla partecipazione attiva di tutti gli ospiti all'organizzazione delle attività ludico creative, in modo da garantire un ruolo da protagonista a ciascuno, in coerenza con l'idea di una progettualità tesa all'integrazione della persona con le persone con cui convive, con le persone che gli vivono intorno, con il territorio che li accoglie. Si tratta di edifici autonomi, con la disponibilità di ampi spazi, interni ed esterni, inserite nell’agglomerato urbano in cui insistono e nella cui vicinanza vi è la presenza di punti di aggregazione giovanili, di strutture sportive e dei servizi essenziali.
La “cura della relazione”, da sempre filo conduttore del modus operandi della Comunità Migrantesliberi, in questa circostanza si sta rivelando foriera di grandi sorprese. Affrontare con serenità le difficoltà del tempo post-pandemia ci mette nella condizione di conoscere meglio l’altro e tessere relazioni umane di grande valore. Certo non possiamo salvare il mondo e tutta l’umanità, ma come diceva Madeleine Delbrêl: «Salvare il mondo non significa offrirgli la felicità, ma dare un senso alla sua sofferenza e regalargli una gioia che nessuno potrà sottrargli».
Incontrare chi è diverso destabilizza, incontrare un estraneo mette ansia, paura. Solo l’incontro e la conoscenza dell'altro può liberarci dalla paura dello sconosciuto o dello straniero. Solo nell’incontro e nella conoscenza si accendono relazioni e si percorrono cammini di tolleranza e di riconciliazione.
Per combattere il clima di odio, razzismo, indifferenza e disumanità che si abbatte nelle nostre società è necessario e doveroso consegnare alle nuove generazioni strumenti fondamentali, che permettano di conoscere e fare esperienza diretta del fenomeno migratorio, partendo proprio dall’incontro, dal tu per tu con l’altro, perché l’altro è l’altra parte di me.
Le migrazioni dei nostri tempi ci danno una grande chance: superare le nostre paure per lasciarci arricchire dalla diversità del dono di ciascuno. Siamo figli e figlie della stessa terra che diventa la nostra casa.
È questo un tempo nuovo per tutti e la necessità diventa virtù. La nostra scelta di prossimità testimonia, ancora una volta, che operare nel sociale significa concretizzare con coraggio azioni educative mirate al bisogno reale di ogni persona in quanto unica e inimitabile. Ci piace pensare ad un “Welfare di relazione” che si sostituisce o, meglio, arricchisce quello “istituzionalizzato" che talvolta “garantisce” solo risposte attraverso rigidi schemi organizzativi e burocratici. Che sia sociale, economico e istituzionale, oggi bisogna promuovere su tutti il “modello umano” di relazioni per favorire risposte solide e coese e rafforzare la rete di servizi e di solidarietà già esistenti.
Accogliere, proteggere, promuovere e integrare sono i quattro verbi che non solo riassumono la sfida posta dalle migrazioni, ma anche la missione della Chiesa, «verso tutti gli abitanti delle periferie esistenziali, che devono essere accolti, protetti, promossi e integrati». Per Francesco, dunque, non è in gioco solo la causa dei migranti, non è solo di loro che si tratta, ma di tutti noi, del presente e del futuro, ma soprattutto della famiglia umana.
Geremia Acri è responsabile della casa accoglienza Santa Maria Goretti di Andria
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