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Proliferazione nucleare. Una questione da affrontare prima che sia troppo tardi

Proliferazione nucleare. Una questione da affrontare prima che sia troppo tardi

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 5 del 05/02/2023

L’ingiustificata aggressione russa ai danni dell’Ucraina e le pesanti minacce del presidente Putin di un possibile utilizzo delle armi atomiche hanno riportato il dossier nucleare al centro del dibattito internazionale. La guerra in corso potrebbe trasformarsi in un pericoloso fattore di accelerazione di un processo di ammodernamento, già in atto da alcuni anni, degli arsenali nucleari mondiali. In un quadro geopolitico e militare complesso quale è quello ucraino, si rende quanto mai necessario rilanciare quelle politiche di controllo degli armamenti nate durante il periodo della Guerra Fredda, le quali, a volte con successo, a volte con esiti meno positivi, avevano permesso di raggiungere traguardi significativi nel campo del disarmo nucleare.

Le grandi potenze dell’epoca, ovvero Stati Uniti e Russia, dopo aver raggiunto il culmine della tensione durante la crisi dei missili di Cuba nel 1962, compresero che la minaccia dell’uso della forza andava necessariamente accompagnata da forme di controllo reciproco. Sulla base di questi principio nel 1970 entrò in vigore il Trattato di Non Proliferazione nucleare (TNP) che conta oggi 191 Stati membri. Il TNP nacque con l’obiettivo di scoraggiare la corsa agli armamenti nucleari e al tempo stesso di favorire un graduale processo di disarmo. Da oltre cinquanta anni è il cardine dell’intero regime di non-proliferazione e grazie a esso e a una serie di successivi trattati che imponevano limiti e divieti specifici, le testate nucleari diminuirono in modo significativo passando da 70.300, durante il periodo della guerra fredda, alle attuali 13.000.

Tuttavia, l’ultimo rapporto pubblicato nel giugno 2022 dall’Istituto Internazionale di Ricerche sulla Pace (SIPRI) sottolinea come vi sono chiari segnali che le riduzioni degli arsenali nucleari globali, avvenuti alla fine della guerra fredda, sono terminati e che esiste un fondato timore di un aumento delle testate nucleari nei prossimi dieci anni.

Questa previsione si basa sugli investimenti miliardari effettuati dalle Stati nucleari nel settore della ricerca e dello sviluppo tecnologico legati alla Difesa che hanno permesso un miglioramento in termini di potenza e letalità di tutti i sistemi d'arma sia convenzionali, sia nucleari. Oggi esistono armamenti molto sofisticati grazie anche alle applicazioni dell’intelligenza artificiale e della robotica in campo bellico e, nel caso delle armi nucleari, gli ordigni atomici esistenti sono molto più letali delle bombe sganciate su Hiroshima e Nagasaki nel 1945.

I dati forniti dal SIPRI evidenziano che Stati Uniti, Russia e Cina continuano a modernizzare ed espandere i loro arsenali e che la diffusione di know-how nucleare ha dato vita a programmi di sviluppo e piani ammodernamento anche in India, Pakistan, Israele e Corea del Nord. Questi Paesi, il cui numero di testate nucleari rimane spesso coperto dal segreto militare se non addirittura completamente sconosciuto, non possono essere monitorati dal diritto internazionale poiché nessuno di essi ha aderito al Trattato di Non Proliferazione nucleare. La situazione della Corea del Nord desta particolare preoccupazione poiché si stima la presenza sul suo territorio tra le 20 e le 60 testate nucleari. Nel 2003 la Corea del Nord è uscita dal Trattato di Non proliferazione che aveva sottoscritto nel 1985 e, secondo l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA,) negli ultimi anni il Paese ha intensificato il suo programma nucleare con una serie di test su missili da crociera in grado di trasportare tali armi.

Questa sorta di riarmo attraverso programmi di modernizzazione è strettamente legato ad un lento ma graduale deterioramento delle relazioni internazionali che sono passate, nel corso degli anni, da un approccio collaborativo a uno di aperta competizione. Ciò ha comportato la fine di alcuni tra i più importanti Trattati bilaterali tra Stati Uniti e Russia che, è doveroso ricordare, detengono il 90% degli armamenti nucleari mondiali. L’Intermediate – Range Nuclear Forces Treaty (conosciuto come Trattato INF), ne è un esempio; firmato da Gorbaciov e Reagan nel 1987 portò all’eliminazione di 2.700 missili a testata nucleare di raggio medio e intermedio, ma tale fondamentale trattato ha cessato di esistere nel 2019 con il risultato che l’intera architettura del controllo degli armamenti è oggi in serio pericolo e che gli obiettivi di attuazione di concrete politiche di disarmo appaiono sempre più difficili da raggiungere.

Alla luce dei fallimenti sul piano diplomatico di un dialogo costruttivo, oggi definitivamente interrotto a causa delle grandi tensioni geopolitiche in corso e la mancata attuazione delle misure previste dal Trattato di non Proliferazione, ha portato gli stati non nucleari a decidere di adottare un nuovo paradigma non incentrato su misure difensive e di sicurezza, ma bensì sugli effetti catastrofici di un possibile uso di armi nucleari.

Nel 2021 è entrato in vigore il Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari (TNPW) che vieta la produzione, i test, il trasferimento, lo stazionamento, l'utilizzo, la ricezione di armi nucleari e l'assistenza nella loro creazione o la minaccia del loro utilizzo. A oggi il Trattato è stato ratificato da 68 Paesi.

Il TNPW è il risultato dello sforzo di molti Paesi, in primis della Norvegia che si è fatta promotrice della Prima delle tre Conferenze Internazionali sull’Impatto Umanitario nell’aprile 2012.

La Conferenza di Oslo, intenzionalmente boicottata dagli Stati nucleari tranne India e Pakistan, ha visto la partecipazione di 127 governi, organizzazioni internazionali, la Campagna Internazionale per l’Abolizione delle Armi Nucleari (ICAN), la Santa Sede, la Croce Rossa Internazionale e la società civile. I tre Summit hanno avuto il merito di dare voce a scienziati ed esperti che hanno ribadito come al momento nessuno Stato od organismo internazionale sarebbe in grado di fronteggiare l’emergenza umanitaria di una detonazione nucleare poiché la potenza delle attuali testate è in grado di uccidere milioni di persone con conseguenze devastanti sia sulla salute umana sia sull'ambiente circostante.

L’impegno profuso da ICAN, dalla Santa Sede, della Croce Rossa e dalla società civile, che sono stati attivamente presenti sia nelle conferenze umanitarie sia durante i negoziati, ha permesso la nascita del TNPW che è entrato a far parte del quadro giuridico internazionale sul disarmo insieme al Trattato di Non Proliferazione.

Le potenze nucleari e i Paesi della NATO hanno sollevato dubbi e perplessità nei confronti di tale Trattato, ma nonostante le numerose critiche il TPNW è al momento l’unico strumento giuridico che mette al bando le armi nucleari, che le rende illegali con la volontà di creare un’opposizione legale che prevede, come obiettivo a lungo termine, la loro abolizione. Secondo Francesco Rocca, presidente nazionale della Croce Rossa Italiana, questo «primo strumento di diritto internazionale umanitario, giuridicamente vincolante, ci ricorda senza precedenti che, nonostante e soprattutto alla luce delle tante tensioni globali, possiamo e dobbiamo intervenire in difesa della vita».

Il messaggio più potente, contenuto nel TPNW, è l'enfasi sull'idea di una partecipazione sempre più ampia della società civile e della relativa consapevolezza da parte dell'opinione pubblica di poter svolgere, in un futuro, un ruolo sempre più determinante sulle questioni del disarmo.

La famosa frase coniata durante la Guerra Fredda "una guerra nucleare non può essere vinta e non deve mai essere combattuta” suona oggi come un retaggio del passato, ma le crescenti tensioni mondiali e l’elevato numero di ordigni atomici dovrebbero spingere quegli Stati, tra cui l’Italia, che non hanno firmato il Trattato, ad assumersi il coraggio di riconoscerne il valore politico, legale e simbolico al fine di scongiurare il pericolo che una guerra possa trasformarsi in un conflitto in cui vengano usate armi che non conoscono confini politici o geografici, né sono in grado di distinguere tra un militare e un civile innocente. La strada per un mondo libero dalle armi nucleari è piena di ostacoli, ma è doveroso iniziare questo difficile cammino, perchè, come ha dichiarato l’ex Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, «il disarmo nucleare è una delle più grandi eredità che possiamo trasmettere alle generazioni future». 

Barbare Gallo si occupa dal 2005 di tematiche legate alla geopolitica dei conflitti. Ha collaborato con l’UNICEF e Fondazione Pangea, e dal 2019, segue per l’Istituto di Ricerche Internazionali Archivio Disarmo, la campagna Stop Killer Robots

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