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RdC e lotta alla povertà: la proposta di Caritas Italiana al governo Meloni

RdC e lotta alla povertà: la proposta di Caritas Italiana al governo Meloni

Il 30 marzo scorso Caritas Italiana ha presentato al governo Meloni il documento dal titolo “La riforma delle politiche contro la povertà in Italia”, che qualifica come «contributo» al dibattito sulle politiche di contrasto alla povertà, soprattutto a seguito della decisione della maggioranza di chiudere l’esperienza del Reddito di Cittadinanza (RdC). Proprio in merito a questo ultimo punto, la Caritas propone una riforma dell’istituto del RdC con «l’introduzione di due misure, tra loro complementari» e distinte sulla base della «vicinanza» dell’eventuale percettore con il mondo del lavoro: l’Assegno Sociale per il Lavoro (AL) e il Reddito di Protezione (REP).

La prima misura, AL, è rivolta in particolare a coloro che sono ritenuti «occupabili», ma che non lavorano da tempo e resterebbero quindi privi di sostegno pubblico. In questo caso l’obiettivo è il «re-inserimento lavorativo».

La seconda misura, ovvero il REP, si rivolge invece alle famiglie povere, che hanno bisogno di una forma di sostegno pubblico per vivere dignitosamente. In questo caso l’obiettivo, chiarisce ancora Caritas, non è il re-inserimento, quanto piuttosto l’«avvicinamento al mercato del lavoro» e, prima di tutto, il «reinserimento sociale».

Messa così questa proposta potrebbe apparire quantomeno sintetica ma in realtà rappresenta, afferma don Marco Pagniello (direttore di Caritas Italiana), «il frutto del lavoro realizzato da un composito gruppo di operatori di Caritas diocesane, studiosi esperti del settore, membri di uffici della Cei, e si radica nell’impegno quotidiano dell’ampia rete delle Caritas sui territori in favore delle persone in povertà». Una proposta quindi che si fonda sull’esperienza e sulla conoscenza diretta del fenomeno delle povertà in Italia, e che prende le mosse da tre principi base: 1) «Assicurare il diritto a un’esistenza dignitosa per chiunque sia caduto in povertà, come avviene in tutta Europa, indipendentemente dalla sua condizione lavorativa»; 2) «coniugare diritti e doveri, ovvero combinare la garanzia di un’esistenza dignitosa con la richiesta alle persone di aderire a un progetto di cambiamento/miglioramento della propria vita»; 3) «superare la confusione tra l’obiettivo dell’inserimento lavorativo e quello della tutela di ultima istanza, prevedendo due misure distinte con finalità diverse e adottando come criterio di distinzione quello della vicinanza delle persone al mercato del lavoro».

Spiega ancora la Caritas che questa proposta segue tre direttrici fondamentali: in primo luogo mette al centro le persone realmente bisognose, anche quelle trascurate o mai raggiunte dalle misure di sostegno al reddito degli ultimi anni; in secondo luogo, separa le «due componenti inscindibili fra loro» del contrasto alla povertà, e cioè «il contributo economico e i servizi alle persone»; infine, trae grande insegnamento dagli errori ma anche dai successi conseguiti della misure di contrasto alla povertà degli ultimi sei anni, che Caritas ha costantemente monitorato «attraverso la sua rete di servizi e attività», che conta ben 3.500 Centri d’ascolto operativi in tutte le diocesi.

Evitare «di ripetere gli errori del passato», ma al contempo considerando «la realtà delle persone in povertà, le loro fatiche ma anche le loro percezioni e aspirazioni». Allo stesso modo occorre far tesoro della «esperienza degli operatori e delle operatrici dei servizi pubblici, delle amministrazioni ai vari livelli di governo e delle organizzazioni sociali sui territori dal cui lavoro quotidiano passa la realizzazione degli interventi».

«Contrastare la povertà – conclude il direttore di Caritas – è un processo lungo che richiede sforzi congiunti e un impegno collettivo da portare avanti insieme con concretezza, competenza e dialogo costruttivo: solo così possiamo sperare in un futuro migliore per milioni di persone in povertà nel nostro Paese».

Il documento di Caritas Italiana

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