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Sondaggio sulla religiosità: 4 spagnoli su 10 si dichiarano non credenti

Sondaggio sulla religiosità: 4 spagnoli su 10 si dichiarano non credenti

È in deciso calo la credenza religiosa fra gli spagnoli. I dati raccolti dalla Fundació Ferrer i Guàrdia e pubblicati nello studio “Laicità in cifre, 2023” chiariscono che il 40% degli spagnoli si dichiara non credente, percentuale che in 40 anni si è moltiplicata per cinque, e che fra i giovani la percentuale di atei, agnostici e indifferenti raggiunge il 60%. Per la precisione, il 60,3% tra i 18 e i 24 anni e il 57,9% tra i 25 ei 34 anni. «La prognosi per il futuro del sentimento religioso in Spagna non è rosea», commenta opportunamente El País.

Fra i credenti, inoltre, la pratica religiosa si è notevolmente ridotta, accelerata dopo la pandemia. Della popolazione totale, solo il 18,7% delle persone si dichiara credente e praticante.

Per quanto riguarda i riti di passaggio, i matrimoni civili continuano a essere la norma: otto matrimoni su dieci. I matrimoni confessionali sono nuovamente aumentati una volta superate le restrizioni sanitarie da covid-19, raggiungendo il 16,6% del totale, ma la percentuale rimane al di sotto dei livelli pre-pandemia. Catalogna, Paesi Baschi, Baleari e Canarie sono i territori con il maggior numero di matrimoni civili, con nove matrimoni su dieci.

Altro dato di decisa disaffezione è rappresentato dalla scelta dell’ora di religione nelle scuole: il numero di studenti di vario ordine e grado che intraprende attività alternative alla lezione di religione è di quattro studenti su dieci. La Catalogna e i Paesi Baschi sono le comunità autonome in cui più studenti scelgono l’alternativa, raggiungendo quasi il 60%.

Per quanto riguarda la Catalogna, l'aspetto più interessante di questa indagine sociopolitica, rileva El País non è tanto il polso del sentimento religioso in Catalogna, quanto le risposte a una domanda inedita sull'identità soggettiva della popolazione. Di fronte a un tot di possibilità, gli intervistati dovevano scegliere i tre elementi con cui si identificano meglio. Ebbene, «gli “elementi identitari” che la maggioranza sceglie sono “la mia generazione” e “il mio quartiere o la mia città”. Com'era prevedibile, "la mia religione" viene scelta solo da un intervistato su 10. Ciò che sorprende è che il "mio paese" sia un elemento identitario principale solo per poco più di un terzo degli intervistati. Se incrociamo questa variabile con l'età, la sorpresa aumenta: tra i giovani di 16-24 e 25-34 anni la percentuale di chi si identifica con “il mio paese” non arriva al 30%». Ma c’è un dato dell'indagine in particolare che fa riflettere: «incrociando la variabile dell'identità soggettiva con la simpatia partitica, scopriamo che gli intervistati che scelgono il “mio paese” come principale elemento identitario sono in maggioranza tra i simpatizzanti di due partiti»: Vox (estrema destra) e Junts per Catalunya (coalizione complessivamente di sinistra). Cioè, «dietro "il mio paese" – osserva il quotidiano madrileno – ci sono due paesi diversi. C’è da pensare».

Foto di dominio pubblico tratta da pxhere.com, immagine originale e licenza

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