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Fra appetiti finanziari e lotta popolare: storia dell’ex Macrico di Caserta

Fra appetiti finanziari e lotta popolare: storia dell’ex Macrico di Caserta

Tratto da: Adista Notizie n° 15 del 22/04/2023

41444 CASERTA-ADISTA. La storia dell’ex Macrico (Magazzino centrale ricambi mezzi corazzati; v. notizia precedente) è antica quasi quanto quella della città di Caserta, sviluppatasi in età moderna soprattutto attorno alla Reggia borbonica. Il terreno – 324.533 metri quadrati, di cui tre quarti coperti da alberi e prati, nel centro di Caserta – appartiene alla Chiesa dal 1600, quando serviva per mantenere la mensa vescovile. Poi venne dato in affitto ai Borboni, che lo usarono come Campo di Marte per le esercitazioni militari. Infine passò alle Forze Armate italiane che vi costruirono magazzini, depositi e una caserma logistica, occupando così parte della superficie.

Nel 1994 tornò alla diocesi e ne divenne proprietario l’Idsc, articolazione periferica dell’Istituto Centrale Sostentamento Clero (nato nel 1985, dopo la revisione del Concordato, per gestire parte dei fondi 8 per mille, oggi oltre 1 miliardo di euro all’anno). Gli istituti diocesani sono proprietari e amministratori di tutti i “benefici ecclesiastici”, vale a dire i beni della diocesi, hanno personalità giuridica autonoma, non dipendono cioè dal vescovo, che deve essere interpellato solo per i “movimenti” superiori ai 250mila euro, mentre sopra 1 milione di euro serve «il preventivo parere» della Cei e «l’autorizzazione» della Santa Sede.

Nel 2000 il Macrico stava per essere acquistato dal Comune di Caserta, che avrebbe voluto utilizzarlo per costruirvi imprecisate «infrastrutture primarie». Il vescovo di allora, mons. Raffaele Nogaro – ora in pensione –, sempre schierato perché l’ex Macrico diventasse un bene comune per tutti i cittadini di Caserta, sentì puzza di speculazione e di cemento e bloccò l’operazione. «Sono sempre stato dell'idea che meno beni ha la Chiesa, più bene sta», disse il vescovo durante l'omelia del Te Deum di fine anno, celebrato solennemente in cattedrale. «Ma visto che se ne parla tutti i giorni e che questo grandissimo appezzamento di terreno appartiene alla Chiesa, ribadisco che non permetterò nessun tipo di speculazione. È vero, mi hanno già scavalcato alle spalle, ma sul futuro di quest'area dovranno decidere i miei sacerdoti e tutta la comunità casertana. E se dovessi fare qualche torto a qualcuno, sappiate che non perderei un attimo e me ne andrei» (v. Adista Notizie n, 9/01).

Da allora si sono alternate ipotesi di vendita mai andate in porto – si sono interessati all’acquisto costruttori campani come i Coppola (cementificatori del litorale domizio), coop rosse, imprenditori vicini alla Compagnia delle Opere (il braccio economico di Comunione e Liberazione), lo Stato per un confuso progetto per i 150 anni dell’Unità d’Italia e altri ancora – anche grazie alle grandi mobilitazioni del Comitato Macrico Verde che si batte per la salvaguardia e la restituzione dell’area alla città come parco pubblico (v. Adista Notizie nn. 9, 15, 51, 63/07; 65/08; 29/14).

La faccenda sembrò chiudersi quando la Soprintendenza dei beni architettonici e paesaggistici pose il vincolo sull’area, bloccando così qualsiasi programma di edificabilità e scoraggiando di conseguenza i privati che avrebbero voluto acquistare l’area. Ma nel 2012, accogliendo il ricorso dell’Idsc – che si mosse subito dopo il pensionamento di mons. Nogaro nell’aprile 2009, che evidentemente era percepito come un “ostacolo” sulla via del profitto –, il Tar della Campania annullò il vincolo, rimettendo di fatto il terreno sul mercato (Adista Notizie n. 8/12). Poi però il vincolo venne ripristinato e confermato in maniera definitiva dal Consiglio di Stato nel 2018, dopo un nuovo ricorso dell’Idsc: i supremi giudici amministrativi stabilirono che l’area dell’ex Macrico è di particolare interesse storico – in particolare in relazione alla storia militare della città, fin dai tempi dei Borboni – e quindi non può essere edificata, è possibile ristrutturare solo le costruzioni in cemento già esistenti, pari a poco meno di 230mila metri cubi (v. Adista Notizie 45/18).

Nel 2020 una nuova iniziativa da parte del Comitato Macrico Verde: una petizione con oltre diecimila firme (su settantamila abitanti!) rivolta al sindaco Carlo Marino perché l’area ex Macrico diventi un «polmone verde» per tutta la città, non una «letale metastasi edilizia», chiedendogli di classificare l’area come F2, cioè destinazione urbanistica verde pubblico, totalmente inedificabile (v. Adista Notizie n. 2/20). Una richiesta che il Comune non ha mai voluto prendere in considerazione. E ora la partita si riapre. (luca kocci)

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