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Tigray: mondoemissione.it racconta i «segnali di pace»

Tigray: mondoemissione.it racconta i «segnali di pace»

Su Mondoemissione.it – sito web della rivista Mondo e Missione, mensile missionario del Pontificio Istituto Missioni (Pime) – la giornalista esperta d’Africa, Anna Pozzi, racconta i «segnali di pace» in Tigray, la regione settentrionale d’Etiopia funestata da una terribile guerra con Addis Abeba. «Dopo due anni di guerra sanguinosissima», si legge nel sommario dell’articolo pubblicato il 3 maggio, «la regione più settentrionale dell’Etiopia ha ritrovato finalmente un po’ di stabilità, che ha permesso anche agli aiuti umanitari di arrivare alla popolazione stremata».

Parliamo di un conflitto dimenticato, «la più sanguinosa e la meno visibile delle guerre d’Africa», andata avanti per due anni in un vuoto totale di comunicazione e di informazione: «E in quel buco nero che è stata questa regione per lunghissimi mesi si sono consumate le peggiori atrocità e si è prodotta una delle più gravi crisi umanitarie al mondo».

Quando parla di «segnali di pace» in un contesto disastrato, la giornalista di Mondo e Missione ha in mente i negoziati avviati il 25 ottobre a Pretoria (Sudafrica), sotto l’egida dell’Unione Africana, che hanno portato il 2 novembre alla sigla del cessate il fuoco permanente in 12 punti, accolti da entrambe le parti: il governo guidato da AbiyAhmed e le autorità tigrine del Fronte Popolare di Liberazione del Tigray (TPLF). «Oggi, dopo la firma dell’accordo di pace», ammette la giornalista, «si vedono finalmente concreti spiragli di pacificazione».

Lo confermano, spiega mondoemissione.it, «i salesiani che sono sempre rimasti lì sul posto e che hanno continuato ad assistere migliaia di bambini e giovani, riconvertendo il loro impegno principalmente educativo in aiuti di primissima necessità». Lo conferma anche Chiara Lombardi, direttrice generale del Vis (Volontariato Internazionale per lo Sviluppo, ong nata in ambiente salesiano) ad Addis Abeba: «Per la prima volta, i sei membri del nostro staff, che hanno continuato a operare in Tigray, sono riusciti a comunicare con noi e alcuni di loro sono potuti finalmente volare nella capitale, dove ci siamo ritrovati dopo un periodo molto lungo e molto difficile».

Tra i punti del programma di pacificazione c’è infatti anche la riapertura dei canali di comunicazione: «Telefoni e Internet, rigidamente schermati dal governo di Addis Abeba, hanno ripreso a funzionare, così come i voli interni, mentre le frontiere di terra sono rimaste parzialmente chiuse, anche se dallo scorso novembre circa 5.300 camion carichi di beni di prima necessità, medicinali e gasolio sono potuti transitare», racconta il sito del Pime. «L’invio di aiuti umanitari è diventato più facile e continuiamo ad assistere le persone che sono state coinvolte nei due anni di conflitto», ha confermato anche il superiore dei salesiani in Etiopia, p. Abba Hailemariam Medhin: «Le persone hanno ancora bisogno di generi alimentari e non solo. Stiamo lentamente riprendendo il servizio di assistenza psicologica e stiamo riaprendo i centri educativi, ma le persone necessitano soprattutto di cibo e servizi sanitari».

Per ora, riflette ancora la giornalista, si tratta solo di «segnali» che preludono un nuovo tempo di pacificazione. Segnali di speranza in un bilancio che, ad oggi, resta drammatico: «Non sarà facile ripartire in una terra che è stata brutalizzata. Cifre approssimative e impossibili da verificare (anche per la totale opacità sul fronte dell’informazione) parlano di 600 mila morti, 2,5 milioni di sfollati e 56 mila profughi su una popolazione di poco più di 7 milioni di persone. Per non parlare dei crimini di guerra (stragi, torture, stupri di massa, saccheggi e distruzioni) commessi da tutte le parti in campo»: governo, Tplf e milizie eritree alleate di Abiy.

Leggi l’articolo originale sul sito mondoemissione.it

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