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Successi, fallimenti, potenzialità: l'unità africana compie 60 anni. Analisi di

Successi, fallimenti, potenzialità: l'unità africana compie 60 anni. Analisi di "Nigrizia"

Il 25 maggio 1963 ad Addis Abeba, in piena fase post-coloniale, i Paesi africani cominciavano a muovere i primi passi del processo di integrazione politica ed economica continentale. Oggi, precisamente 60 anni dopo, l’Unione Africana rappresenta un soggetto che – nonostante difficoltà e ambiguità – si è credibilmente posizionato con un ruolo rilevante all’interno del consesso internazionale.

L’importante ricorrenza per il Continente Nero è al centro di un approfondimento di Nigrizia, mensile dei missionari comboniani, pubblicato ieri alla vigilia del sessantesimo anniversario della nascita dell’Organizzazione dell’Unità Africana (OUA, 25 maggio 1963), «quella che poi, con un passaggio naturale, determinato da mutate situazioni storiche e dunque nuovi obiettivi, il 9 luglio 2002 divenne l’Unione Africana. È così che il 25 maggio è giorno di celebrazioni, orgoglio, una sorta di patriottismo panafricano. È l’Africa Day. Ma è anche un’occasione per guardarsi indietro, fare bilanci, programmare il futuro».

La giornalista di Nigrizia Antonella Sinopoli prende le mosse da un corposo excursus storico, a partire dai primi tentativi di convergenza di 32 Paesi liberi nell’OUA per accelerare i processi di liberazione e decolonizzazione dei 22 restanti Stati, ancora non indipendenti. Ricorda poi l’idea di panafricanismo proposta 40 anni dopo dal colonnello e leader libico Muammar Gheddafi, con una visione meno difensiva e obiettivi più “spinti”, «con una banca centrale, una corte di giustizia, un parlamento»... un po’ sul modello dell’Unione Europea. Così, spiega la giornalista, «nasceva l’Unione Africana. Nel 2000, a Lomé in Togo, la firma dell’atto costitutivo. Nel 2002, l’ufficializzazione al summit dei Capi di Stato a Durban, Sudafrica».

Nigrizia passa poi in rassegna quelli che definisce «fallimenti», e cioè «azioni e tentativi incompiuti rispetto alle dichiarazioni iniziali e alle aspettative». Basti pensare al principio di peacekeeping dell’Unione che ha portato alla nascita di una forza militare di interposizione ma che alla fine ha prodotto ben pochi risultati: «Conflitti armati, colpi di Stato militari, tensioni tra gruppi etnici» e la piaga del terrorismo: a colpo d’occhio il fallimento diplomatico e militare dell’UA sembra conclamato.

Dal punto di vista geopolitico, aggiunge però la giornalista, l’Ua è tornata protagonista della scena internazionale “grazie” all’invasione russa dell’Ucraina, che ha consegnato all’Africa una posizione di terzietà nel conflitto (autonoma e non allineata ai tradizionali blocchi di alleanze) e quindi di notevole rilevanza.

A livello economico si segnala, poi, la crescita dei numerosi operatori in terra d’Africa, di fronte all’immobilismo stagnante del Vecchio mondo provocato dagli anni di Covid e guerra. È «anche per questo – spiega Nigrizia – che da tempo si riflette sulla necessità di includere l’Africa nel G20. Sarebbe una scelta che metterebbe fine alla marginalizzazione del continente», ancora troppo isolato. A testimoniare il cambio di paradigma mondiale, prima ancora dei grandi consessi internazionali, sono multinazionali ma anche piccole imprese le quali hanno da tempo iniziato ad investire nel Continente Nero. Una fitta rete di relazioni commerciali e finanziarie che – al netto dei danni e dei ritardi provocati da una classe politica che troppo spesso si dimostra inadeguata per incompetenza, corruzione, avidità, violenza, ecc. – potrebbero presto connettere stabilmente un Continente giovane e dalle infinite potenzialità al resto del mondo.

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