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“Guerre, migrazioni e clima: un cocktail pericoloso

“Guerre, migrazioni e clima: un cocktail pericoloso": nuovo numero di "IRIAD Review"

Sul nuovo numero di Iriad Review – rivista a periodicità mensile dell’Istituto di Ricerche Internazionali Archivio Disarmo (IRIAD) che si occupa di studi su pace e conflitti e che si può consultare liberamente sul sito dell’Istituto – il direttore editoriale Maurizio Simoncelli pubblica un interessante focus su “Guerre, migrazioni e clima: un cocktail pericoloso”.

Nell’intricato rapporto che l’Europa intrattiene con l’Africa e con il Medio Oriente, regioni che affacciano sul Mediterraneo e che sono attraversate da ingenti flussi migratori, le questioni politiche, militari e commerciali si “incastrano” drammaticamente con quelle umanitarie dei popoli in fuga da guerre, regimi autoritari, crisi climatica o miseria.

I flussi migratori verso l’Italia crescono a dismisura e nonostante i tentativi di “resistenza” al fenomeno messi in campo dal governo Meloni, spiega Simoncelli, «a dimostrazione che tale esodo è ormai qualcosa di strutturale in un sistema economico e politico globale insostenibile».

Intanto la guerra in Ucraina fa da volano all’aumento della spesa militare nei Paesi occidentali. La corsa agli armamenti, precisa Simoncelli rileggendo i dati del SIPRI, «è iniziata inesorabilmente nel lontano 1996 con 1.111,55 miliardi di dollari per attestarsi nel 2022 a 2.181,9 miliardi. Di questi, 1.232 sono nei bilanci dei paesi della NATO».

All’orizzonte però si addensano oscure nubi, «viste le tensioni crescenti con la Cina e la volontà della NATO di operare su scala globale, anche nei confronti di Pechino: è recente la notizia dell’apertura di un ufficio NATO in Giappone, mentre l’Italia si prepara ad inviare una piccola flotta navale militare del Mar Cinese nello stretto di Taiwan».

Segnali preoccupanti e inquietanti, approfondisce il direttore editoriale, che mettono all’angolo un altro tema cruciale per il futuro dell’umanità: la crisi climatica, «che sta colpendo duramente tutto il nostro pianeta e che recentemente ce ne ha dato un’altra dura prova in Romagna». Nel mondo, scompaiono le isole, avanzano i deserti, eventi estremi funestano fragili comunità, le calotte polari si sciolgono: tutti «fenomeni che ci avvisano dei rischi elevatissimi che il nostro pianeta sta correndo», in particolare il 40% della popolazione mondiale che vive in zone di «estrema vulnerabilità ai cambiamenti climatici”». Entro il 2050, ricollega tutti gli elementi Simoncelli, «236 milioni di persone potrebbero divenire profughi climatici, in quanto costretti a lasciare le loro terre. Gli scienziati da anni stanno ripetutamente lanciando segnali d’allarme, ma non sembra che siano ascoltati. Per ora si sta cercando la sicurezza attraverso una nuova corsa agli armamenti, che, oltre a drenare preziose risorse, non ci difenderanno da una natura che l’umanità sta stravolgendo con conseguenze preoccupanti».

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