Nessun articolo nel carrello

Decreto Lavoro e Assegno di Inclusione: pollice verso delle Acli

Decreto Lavoro e Assegno di Inclusione: pollice verso delle Acli

È stata pubblicata ieri in Gazzetta Ufficiale la Legge 85 del 3 luglio 2023 di conversione del decreto legge 48 del 4 maggio 2023 (cosiddetto Decreto Lavoro), che tratta «misure urgenti per l'inclusione sociale e l'accesso al mondo del lavoro». Le Associazioni Cristiane dei Lavoratori Italiani (Acli) non hanno salutato con grande entusiasmo il provvedimento varato dal governo. Anzi.

Il giorno prima della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, in una nota ufficiale del 2 luglio, le Acli accusano il governo di aver voluto agevolare il lavoro precario proprio «in un momento nel quale le aziende assumono e crescono soprattutto i tempi indeterminati». Questo, secondo il vicepresidente Acli Stefano Tassinari, «è davvero un paradosso che non va certamente a vantaggio delle imprese ma di chi tra loro vuol competere sulla bassa qualità del lavoro. Inoltre le boccate di ossigeno di fringe benefit e del taglio del versamento dei contributi sono provvisorie e fatte dentro un aumento del debito e allo specifico scopo di evitare quegli aumenti salariali che spetterebbero ai lavoratori. Sull’annosa questione dei salari, aggiunge, «siamo fanalino di coda in Europa, dove Paesi come Francia e Germania, negli ultimi 30 anni, hanno visto aumentare i salari di oltre il 30%».

A pesare su un decreto insufficiente è anche l’infrazione galoppante, «spesso dettata dalla speculazione», e dall’aumento dei costi a carico dei cittadini «per il dimagrimento progressivo di sanità, istruzione, welfare e servizi pubblici». Cresce dunque, secondo le Acli, la spesa privata, «che già oggi si può stimare arrivi a quasi 1000 euro al mese in media per una famiglia di 4 persone».

Il processo di impoverimento complessivo, anche di lavoratori stabili che percepiscono sempre più salari insufficienti, pesa anche sui conti pubblici, perché «con la loro esiguità poco o nulla contribuiscono alla spesa pubblica, a finanziare le pensioni presenti e a garantire quelle future».

Secondo le Acli, al contrario, sarebbero necessarie misure adeguate e radicali (le Acli hanno presentato una serie di proposte il primo maggio scorso): «Maggiori controlli contro il sommerso; un indice statistico che misuri quale sia la soglia di salario o compenso che garantisce un lavoro libero e dignitoso per portare la contrattazione verso salari dignitosi; Salario minimo con riferimento ai minimi dei contratti collettivi delle organizzazioni maggiormente rappresentative». Anche sui salari massimi le Acli hanno qualcosa da dire: spiegano infatti che «accanto al Salario minimo andrebbero individuate anche soglie di Guadagno Massimo Consentito per limitare gli esagerati compensi, oltre a rendite e super profitti, di manager e speculatori, che sottraggono, anche per i forti e crescenti privilegi di cui godono grazie a un fisco sempre meno equo, risorse al lavoro e a una corretta distribuzione della ricchezza che esso crea».

Il 30 giugno scorso, le Acli avevano anche condannato la sostituzione del Reddito di Cittadinanza con il nuovo Assegno di inclusione, prevista dal Decreto Lavoro. Il nuovo Assegno, si legge nel comunicato, «più che di “inclusione” dovrebbe essere chiamato di “esclusione” visto che, di fatto, resterebbero senza alcun sostegno economico ben 800 mila persone che versano in condizioni di povertà e fragilità. La conversione in legge del Dl lavoro segna la fine di un’idea di contrasto alla povertà assoluta che nel nostro Paese è stata raggiunta anche grazie alle battaglie portate avanti dalla nostra associazione». Questa misura, fortemente voluta dalla maggioranza proprio in opposizione al Reddito di Cittadinanza del Movimento 5 Stelle, rappresenterebbe «un passo indietro davvero poco comprensibile anche alla luce dell’allarme unanime lanciato dalle sigle che si occupano di povertà, allarme confermato dalle agenzie di statistica: i poveri assoluti oggi in Italia sono intorno ai 6 milioni e sono in aumento le nuove fragilità». L’Assegno di Inclusione, «invece di dare una svolta alle politiche di contrasto alla povertà, rendendole finalmente strutturali, porterebbe alla diminuzione delle risorse di circa 2 miliardi e il 58% delle famiglie che percepivano il RdC, pari a circa 800mila persone, resteranno senza alcun sostegno economico». Questo genera, secondo le Acli, «preoccupazione per la totale mancanza di dialogo e di ascolto della parti sociali da parte del Governo che ha varato una riforma i cui esiti potrebbero allargare la platea delle persone e delle famiglie in difficoltà».

Adista rende disponibile per tutti i suoi lettori l'articolo del sito che hai appena letto.

Adista è una piccola coop. di giornalisti che dal 1967 vive solo del sostegno di chi la legge e ne apprezza la libertà da ogni potere - ecclesiastico, politico o economico-finanziario - e l'autonomia informativa.
Un contributo, anche solo di un euro, può aiutare a mantenere viva questa originale e pressoché unica finestra di informazione, dialogo, democrazia, partecipazione.
Puoi pagare con paypal o carta di credito, in modo rapido e facilissimo. Basta cliccare qui!

Condividi questo articolo:
  • Chi Siamo

    Adista è un settimanale di informazione indipendente su mondo cattolico e realtà religioso. Ogni settimana pubblica due fascicoli: uno di notizie ed un secondo di documentazione che si alterna ad uno di approfondimento e di riflessione. All'offerta cartacea è affiancato un servizio di informazione quotidiana con il sito Adista.it.

    leggi tutto...

  • Contattaci

  • Seguici

  • Sito conforme a WCAG 2.0 livello A

    Level A conformance,
			     W3C WAI Web Content Accessibility Guidelines 2.0

Sostieni la libertà di stampa, sostieni Adista!

In questo mondo segnato da crisi, guerre e ingiustizie, c’è sempre più bisogno di un’informazione libera, affidabile e indipendente. Soprattutto nel panorama mediatico italiano, per lo più compiacente con i poteri civili ed ecclesiastici, tanto che il nostro Paese è scivolato quest’anno al 46° posto (ultimo in Europa Occidentale) della classifica di Reporter Senza Frontiere sulla libertà di stampa.