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Export di armi: ora il governo minaccia di

Export di armi: ora il governo minaccia di "riformare" la Legge 185

Il governo ha presentato in Senato un Disegno di Legge che intende modificare la Legge 185 del 1990 sull’export di armi (Atto Senato n. 855) e la Rete Italiana Pace e Disarmo esprime la sua grande «preoccupazione» in merito, perché il Ddl in questione «rischia di mettere gli affari armati prima dei diritti».

Il testo sembra andare nella direzione di un «controllo meno rigoroso soprattutto a livello di autorizzazioni e, di conseguenza, di una maggiore facilitazione delle esportazioni di armamenti militari a livello globale». Inoltre, il via libera alle esportazioni, sempre secondo il Ddl, sarebbe a discrezione del nuovo “Comitato interministeriale per gli scambi di materiali di armamento per la difesa” (CISD), sottoponendo dunque la decisione dell’esportazione o meno di armi «a un giudizio più di tipo politico che giuridico».

Un grande favore all’industria bellica e alle lobby delle armi, che da tempo chiedono meno rigore nelle esportazioni di armi, «la cui funzione è stata sempre enfatizzata (erroneamente) come “strategica” per il “rilancio” dell’economia nazionale».

Al contrario, la Rete Pace Disarmo ribadisce ancora una volta «come ci sia invece la necessità di applicare in modo rigoroso e trasparente la Legge 185/90 e le norme internazionali che la rafforzano», come il Trattato Onu sul Commercio delle Armi (ATT) del 2013.

«Le motivazioni poste alla base di questo tentativo di modifica della legge 185/1990 appaiono pretestuose in relazione soprattutto a fantomatiche difficoltà, rispetto a concorrenti europei e internazionali, dell’industria militare italiana a realizzare contratti di vendita», accusa la Rete. «Affermazione lontana dalla realtà come dimostrano gli stessi dati governativi che evidenziano una continua crescita nel volume di autorizzazioni e soprattutto di consegne all'estero di materiali d'armamento. Va inoltre evidenziato come sia nell’ultimo periodo progressivamente aumentato anche il numero totale di Stati clienti raggiunti dagli armamenti italiani, dato che pone il nostro Paese ai primi posti nel commercio mondiale di armamenti».

La Rete ricorda, a rafforzare le sue convinzioni, che la Legge 185 è riuscita a bloccare l’invio di armi solo in un caso (le bombe italiane usate dall’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi sui civili in Yemen). E solo dopo anni di mobilitazioni della società civile. Tra l’altro, aggiunge la Rete, «l’attuale Governo ha deciso di riprendere le vendite di quegli ordigni, nonostante il conflitto yemenita non sia per nulla risolto e il rischio di ostilità e violazioni permanga alto, dimostrando ancora una volta il trattamento di favore e di vantaggio concesso alle esportazioni militari e agli affari armati». Insomma, le armi italiane, nonostante la 185 e nonostante la legislazione internazionale, finiscono nelle mani di regimi autoritari o che violano i diritti umani.

«La vera innovazione della Legge 185/90 (oltre alle procedure) è stata nell’aver per la prima volta evidenziato come la produzione e il commercio di armamenti non si siano considerabili un puro “business” ma abbiano anche impatti sui diritti e le politiche estere», spiega la nota.

Leggi l’appello della Rete Italiana Pace e Disarmo

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