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Gpa e fedeltà a me stessa

Gpa e fedeltà a me stessa

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 34 del 14/10/2023

Intorno alla gestazione per altri (GpA) hanno esplicitato i loro convincimenti molte persone omosessuali e madri/padri di genitori omosessuali, oltre che tanti/e altri/e. Come donna omosessuale mi corre l’obbligo di intervenire. Vorrei dunque esprimere qui il mio parere, poiché l’argomento è importantissimo in ordine alla qualità della vita che vogliamo per noi e per i/le nostri/e figli/e.

Ritengo che maternità e paternità non siano un diritto ma un dono da accogliere. Noi donne abbiamo da molto tempo combattuto i ruoli stereotipati della maternità, interpretata come unico destino della vita femminile. Molte di noi si sono piuttosto aperte ad una maternità altra, di tipo universale: concetto che era molto presente nel femminismo del primo novecento.

Gli studi psicologici hanno sempre sostenuto che la relazione fra madre e figlio/a nella gestazione sia fondamentale per l’equilibro mentale/affettivo del/la bambino/a. Chi sostiene la GpA come una pratica di civiltà pare non tenerne conto. E non solo si oblia questo, ma si è colpevolmente indifferenti per le esigenze che il/la neonato/a sperimenta in relazione al necessario attaccamento col corpo che lo ha partorito: nel caso di GpA, esso/a verrebbe presto staccato irreparabilmente da quel corpo, con sofferenze traumatiche per entrambi.

In quanto femminista temo che gli uomini che vogliono essere padri, a prescindere da una relazione con una donna, si vogliano impossessare di una prerogativa da cui sono esclusi; ci vogliano spodestare e eludere in questa che è l’unica cosa che ancora ci invidiano.

In quanto donna omosessuale, poi, ritengo di dover perseguire fino in fondo la condizione sessuata che ho scelto: voglio rispettarmi nella verità: la infangherei, la tradirei, verrei meno alla fedeltà a me stessa se mi ponessi l’obiettivo di essere madre.

Siamo purtroppo arrivati a mercificare ogni cosa, ogni relazione, ogni persona. Mi pare che anche su questo tema si tenda a percorrere la stessa logica con cui si va al supermercato.

Forse ci sono tante bambine/i nati, che nessuno vuole, che potrebbero ricevere la sovrabbondanza d’amore che si vive in una relazione d’amore profonda, risolta e generativa.

Rosanna Benassi è socia dell’Osservatorio interreligioso sulle violenze contro le donne – OIVD

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