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Italia-Africa: per le organizzazioni ambientaliste «il Piano Mattei puzza di gas»

Italia-Africa: per le organizzazioni ambientaliste «il Piano Mattei puzza di gas»

“Il Piano Mattei puzza di gas”: così, il 30 Gennaio scorso, Greenpeace, Kyoto Club, Legambiente e WWF Italia hanno commentato il vertice Italia-Africa in una nota inviata al governo Meloni, invitando i suoi esponenti ad un incontro per presentare «il vero piano energetico di cui ha bisogno l’Italia, per diventare l’hub delle rinnovabili».

Alle organizzazioni ambientaliste è parso «molto chiaro che nel Piano Mattei le rinnovabili non sono protagoniste, protagonista è ancora il gas, insieme ai disegni ENI sui biocarburanti». Le firmatarie della nota denunciano «una visione miope sul futuro energetico del Paese e sul concetto di transizione ecologica», puntando a «trasformare l’Italia in un hub energetico del gas attraverso una cooperazione che passa dall’Africa e dalle fonti inquinanti, aumentando la dipendenza energetica del Paese».

Proprio mentre il mondo si attrezza per uscire dai combustibili fossili, quella italiana rappresenta una «scelta insensata e anacronistica che sa di neocolonialismo» e che rischia di affossare «gli impegni esistenti per limitare il riscaldamento globale a 1,5°C e quelli presi nelle due ultime COP sul clima».

Nonostante i proclami di Giorgia Meloni sul “diritto a non emigrare” – che, insieme allo slogan “aiutiamoli a casa loro”, sembrano la versione presentabile delle porte chiuse – La «corsa ai fossili» dell’Italia (e di altri) in Africa «non fa che perpetuare l’emergenza climatica», aggravando ulteriormente la condizione di tanti, cosiddetti “migranti climatici”, che si vedranno costretti ad emigrare, anche verso l’Europa. Allo stesso modo della «crisi alimentare e quella legata alla sicurezza, crisi che costringono le persone a migrare dall’Africa verso l’Europa». Per questo, le organizzazioni propongono all’Italia di «diventare l’hub delle energie rinnovabili puntando su fonti pulite, efficienza, reti e accumuli, ma perché ciò avvenga è necessario un approccio di leadership audace, innovativo e inclusivo e che punti anche ad un aggiornamento ambizioso del PNIEC».

Dati statistici dimostrano che le energie rinnovabili sono in continua crescita in tutto il mondo, ma il governo italiano – in linea con quelli precedenti – continua a finanziare con sussidi pubblici le fonti fossili e progetta sempre nuove infrastrutture “strategiche” per il gas. «Nel 2022 – accusa la nota – i sussidi alle fonti fossili sono più che raddoppiati arrivando, secondo l’ultimo report Legambiente, a quota 94,8 miliardi con i decreti per l’emergenza bollette causata dalle speculazioni sul gas. Inoltre, si sta cercando di realizzare altri rigassificatori a terra a Gioia Tauro e Porto Empedocle, oltre a quelli galleggianti di Piombino e Ravenna, che sono stati autorizzati incredibilmente in sei mesi, mentre un impianto eolico impiega mediamente 6 anni. Una strada totalmente sbagliata segnata anche dai ritardi che il Paese ha accumulato sul fronte delle politiche climatiche e che sono costati all’Italia il 44esimo posto nella classifica del Germanwatch, perdendo ben 15 posizioni rispetto al 2022».

* Foto di Jürgen da Pixabay

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