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"Fiducia supplicans"? Si, no, forse... lo spiraglio dei vescovi dell'Africa meridionale

«Per quanto riguarda il documento vaticano sulle benedizioni delle persone nelle unioni irregolari Fiducia supplicans, i vescovi hanno convenuto che le disposizioni della Dichiarazione siano attuate con prudenza». È il breve passaggio sulla Dichiarazione della Congregazione per la Dottrina della Fede contenuto nel comunicato stampa diffuso dalla Southern African Catholic Bishops’ Conference (SACBC) in chiusura della plenaria sul tema “Synodality”, che si è tenuta nella sede della SACBC a Pretoria tra il 23 e il 30 gennaio. Nel corso dell’assemblea i vescovi di Sudafrica, Botswana ed Eswatini hanno discusso di numerose questioni sociali, politiche ed ecclesiali: si è parlato di Sinodo, di formazione cristiana, delle prossime elezioni generali in Sudafrica e del conflitto in Medio Oriente, importante quest’ultimo punto perché i vescovi dell’Africa meridionale hanno elogiato l’iniziativa sudafricana presso la Corte Internazionale di Giustizia a tutela della sicurezza della popolazione di Gaza.

Nel corso della conferenza stampa finale del 30 gennaio, il portavoce della SACBC, il cardinale sudafricano Stephen Brislin, ha ribadito l’approccio alla «prudenza» nell’applicazione della Fiducia supplicans nelle diverse diocesi: trattandosi di materia pastorale e non dottrinale, ha chiarito, «ogni vescovo deve valutare i bisogni particolari della propria diocesi e l’impatto particolare che ciò potrebbe avere». Ponendo l’accento sulla prudenza, i vescovi dell’Africa meridionale non portano dunque all’attenzione vaticana una posizione di netta chiusura di fronte alla possibilità di benedire coppie omosessuali. Posizione espressa invece, con grande franchezza, dal cardinale Fridolin Ambongo Besungu, presidente del SECAM (Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar), a nome dei vescovi di tutto il continente (v. Adista Notizie n. 3/24).

Spiega l’agenzia CISA (Catholic Information Service for Africa) il 2 febbraio che il card. Brislin ha voluto reagire al netto rifiuto espresso dal SECAM non tanto per criticare i vescovi africani ma solo per sottolineare le differenze tra i diversi contesti. Sottolineatura comprensibile, vista la distanza spesso abissale in termini sociali, culturali e religiosi tra i contesti metropolitani sudafricani e quelli di altri Paesi dove, per esempio, l’omosessualità è considerata reato, punibile persino con la pena capitale: il Sudafrica, che dopo l’apartheid ha promulgato una Costituzione decisamente avanzata sul piano dei diritti Lgbt+ e che mette al bando discriminazioni sulla base del sesso, del genere o dell'orientamento sessuale; riconosce piena parità di diritti a etero e omosessuali. Nonostante le contraddizioni interne, in particolare con le regioni rurali, il Sudafrica è stato il quinto Paese al mondo a riconoscere il matrimonio egualitario e, ad oggi, le coppie gay possono adottare, accedere alla fecondazione in vitro e alla maternità surrogata.

Nonostante le peculiarità del Sudafrica nel panorama culturale africano, l’insegnamento della Chiesa cattolica resta chiaro e non si tocca, ha voluto ribadire il presidente della SACBC, il vescovo sudafricano Sithembele Anton Sipuka: le unioni omosessuali non sono conformi alla volontà divina sebbene «le persone che hanno deviato o che stanno deviando dalla volontà di Dio non siano escluse dalla misericordia di Dio». Insomma, la “prudenza” sta proprio, conferma il presidente, nel capire quando una benedizione non sconfina nella legittimazione.

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