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Nessuno scontro tra ambientalisti e agricoltori. Le ragioni di una convergenza

Nessuno scontro tra ambientalisti e agricoltori. Le ragioni di una convergenza

Tratto da: Adista Notizie n° 7 del 24/02/2024

41765 ROMA-ADISTA. La narrazione dominante in queste settimane segnate dalle proteste degli agricoltori – e più in generale di questi ultimi mesi di iniziative europee (riduzione fitofarmaci, riduzioni emissioni, ripristino della natura, ecc.) – reitera una sorta di conflitto “naturale” tra gli interessi legittimi del comparto economico agricolo e le crescenti aspirazioni della società civile e delle istituzioni europee alla transizione ecologica e alla tutela della natura. Una narrazione inquinata, evidentemente, anche dalla campagna elettorale in corso per le elezioni europee di giugno, per la quale i partiti di destra tentano di accaparrarsi definitivamente i consensi degli agricoltori e, allo stesso tempo, di sfruttare la protesta per rafforzare le proprie posizioni di retroguardia contro il Green Deal europeo e contro la transizione verde.

Ma le cose non stanno affatto così e, anzi, un ambiente in buona salute dovrebbe rappresentare il principale alleato di un’agricoltura produttiva e di qualità, capace di competere in maniera vantaggiosa sui mercati internazionali. Per questa ragione, da quando è esplosa la protesta dei trattori, in marcia in tutta Europa e spesso contro l’Europa, si moltiplicano in tutto il continente iniziative – per lo più dal basso – di convergenza tra realtà agricole, organizzazioni sociali e reti ambientali.

Una questione globale

Lontano dalle vicissitudini del Vecchio Continente, una grande occasione di incontro tra movimenti sociali, organizzazioni dei lavoratori, contadini e lavoratori del comparto agricolo, gruppi della società civile, comunità indigene colpite dagli effetti del capitalismo sfrenato e dal cambiamento climatico è sicuramente il World Social Forum (WSF), ancora in corso nel momento in cui si scrive. La diciottesima edizione dell’evento per una globalizzazione alternativa a quella proposta in particolare dal World Economic Forum di Davos è ospitata quest’anno a Kathmandu, capitale del Nepal, sotto lo slogan “Another World Now”. Tra le grandi macroaree tematiche del Forum c’è anche quella su “Terra, Agricoltura, Sovranità Alimentare, Agroecologia, Energia e Risorse Naturali”, che lancia una riflessione su politiche neoliberiste, politiche alimentari, gestione democratica della terra, land grabbing, crisi climatica, degrado ambientale, eventi climatici estremi, impoverimento delle popolazioni rurali, ecc.

Intanto in Italia...

Anche in Italia il mondo ambientalista si interroga sulla protesta dei trattori e cerca «il dialogo con il movimento degli agricoltori» perché, afferma il WWF Italia in una nota del 14 febbraio, «i temi che ci uniscono sono più di quelli che ci dividono» e una contrapposizione tra ambientalisti e agricoltori è profondamente scorretta e fa il gioco dei grandi interessi, per niente interessati a risolvere i problemi. E se il tema della netta riduzione dei redditi a fronte dell’aumento e dei costi di produzione è un problema oneroso e reale per gli agricoltori, è anche vero che «contestare la transizione ecologica è un grave errore», perché «gli agricoltori sono le prime vittime del cambiamento climatico».

Gli agricoltori, approfondisce il WWF, «hanno molte valide ragioni quando lamentano un trattamento ingiusto e penalizzante lungo la catena delle filiere agroalimentari» che porta, per esempio, un produttore di grano a guadagnare meno del 10% del prezzo allo scaffale di prodotti come pasta e biscotti. Le piccole e medie aziende agricole si trovano così a dividersi le briciole residue di guadagni disseminati lungo una lunga filiera, che passa per l’industria, la grande distribuzione e i «soggetti intermediari, come i consorzi agrari (oggi controllati per la maggior parte da Coldiretti) o le Organizzazioni dei produttori (OP)».

Secondo il WWF, anche le iniziative messe in campo dal governo per contenere la protesta sono «una goccia nel mare di problemi che gli agricoltori devono affrontare, spesso senza un adeguato supporto delle Associazioni di categoria, compromesse da evidenti conflitti d’interesse».

Ecco dunque, secondo il WWF, perché quella al cambiamento climatico rappresenta una lotta comune: gli eventi connessi alla crisi climatica «hanno determinato perdite di resa del 10% per i seminativi e fino al 70% per frutta e verdura, con relative diminuzione del reddito degli agricoltori»; inoltre, anche la perdita di biodiversità influenza negativamente i raccolti, basti pensare al «caso del declino degli impollinatori dai quali dipende il 35% della produzione agricola nazionale».

Che senso ha per gli agricoltori, allora, manifestare in opposizione al Green Deal europeo? Alla fine, spiega il WWF, le sue strategie “Farm to Fork” e “Biodiversità 2030” sono «ad oggi rimaste solo una enunciazione di principi senza una reale e concreta applicazione ai sistemi agricoli, non essendo stati approvati i vari strumenti attuativi, come nel caso del Regolamento per l’uso sostenibile dei pesticidi» (v. Adista Notizie n. 6/24). «Attribuire, quindi, al Green Deal la responsabilità dei problemi degli agricoltori è una assurdità, una narrativa fuorviante, alimentata dai soggetti che hanno visto un rischio per i loro profitti negli obiettivi di riduzione dell’uso di pesticidi, fertilizzanti chimici e antibiotici».

Nella protesta, spiega infatti il WWF, si confondono le ragioni di agricoltori di tipo molto diverso, con interessi spesso contrapposti: «Non possono essere messi sullo stesso piano gli agricoltori e gli allevatori biologici, che hanno messo al bando le sostanze chimiche di sintesi e gli OGM vecchi o nuovi, con gli agricoltori che praticano una agricoltura avvelenata o gestiscono allevamenti intensivi. Questi ultimi sono poco propensi al cambiamento spesso per disinformazione, abitudine o strumentalizzazione da parte di chi ha interesse a vendere a caro prezzo mezzi tecnici, pesticidi e fertilizzanti chimici».

Il comunicato del WWF Italia si chiude con l’invito agli agricoltori della responsabile Sostenibilità, Eva Alessi, ad «avviare un dialogo sui temi della sostenibilità ambientale ed economica dell’agricoltura, che solo apparentemente ci vedono su fronti contrapposti». «Da anni chiediamo un nuovo modello di agricoltura più attento alle esigenze dei piccoli e medi produttori che ricevono le briciole dei cospicui finanziamenti dell’Unione Europea (un terzo del cui bilancio è impiegato per sovvenzionare l’agricoltura). Siamo sempre stati convinti della necessità di una grande alleanza tra natura e agricoltura. Possiamo e dobbiamo trovare un comune terreno di collaborazione per garantire un futuro alla nostra agricoltura e al nostro Pianeta». 

*Foto presa da Unsplash, immagine originale e licenza 

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