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Basta guerra, tacciano le armi:

Basta guerra, tacciano le armi: "Europe for Peace" chiama alla mobilitazione in vista del 24 febbraio

L’Italia deve dire basta alle guerre” è il titolo dell’appello lanciato una decina di giorni fa dalla coalizione Europe for Peace” – mobilitazione alla quale aderiscono centinaia di sigle, laiche e di ispirazione religiosa, provenienti dal mondo sindacale, dalle Ong, dalla società civile – in vista del 24 febbraio, «giornata di mobilitazione nelle città italiane per il cessate il fuoco in Palestina e in Ucraina». Perché – accertata l’incapacità delle diplomazie di far rispettare i diritti – si fermino «la criminale follia di tutte le guerre, la corsa al riarmo, la distruzione del Pianeta». La coalizione denuncia la lunga scia di sangue che attraversa il pianeta in lungo e in largo: «Ormai le guerre si susseguono con ritmo ed intensità crescente. Iniziano ma non finiscono, alimentando solo la fiorente industria e il commercio immorale di armamenti. Stati e Governi sembrano aver perso la capacità di prevenire e gestire i conflitti mediante gli strumenti della diplomazia e della politica, con i quali far applicare e rispettare le convenzioni e il diritto internazionale. La conseguenza è che la guerra e la barbarie sono nuovamente tornate ad essere le uniche opzioni in campo. Basta, questa logica distruttiva va fermata».

Gli Stati sono incapaci o “distratti”, le Nazioni Unite vengono quotidianamente umiliate e messe all’angolo, la guerra – quella «mondiale a pezzi», come profetizzava papa Francesco – sembra tornata in auge come strumento di politica internazionale in un contesto delicato, nel quale gli equilibri tradizionali sono saltati e se ne stanno ricomponendo di nuovi. E così, alle eterne guerre africane per le risorse, alla guerra di 13 anni in Siria, a quella di due anni in Ucraina, ecc., si è aggiunta di recente la crisi mediorientale, scatenata dopo «l’atroce attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, che ha provocato 1200 vittime e più di 200 persone prese in ostaggio, con stupri di guerra sulle donne israeliane». La reazione di Israele è cosa nota: l’assedio della Striscia di Gaza, i bombardamenti a tappeto, i quasi 30mila palestinesi (inclusi bambini, donne e anziani), la distruzione di infrastrutture vitali per la popolazione come ospedali, scuole, presidi ONU, l’assenza di carburante, cibo, acqua, assistenza sanitaria, ecc. Secondo “Europe for Peace”, si tratta di «una escalation di crimini di guerra, che condanniamo e che debbono essere fermati immediatamente per affrontare politicamente e culturalmente le cause che li hanno determinati, applicando il diritto internazionale, il diritto di autodeterminazione di entrambi i popoli, come riconosciuto dalle risoluzioni delle Nazioni Unite».

“Europe for Peace” chiama tutte le forze sociali a coalizzarsi, ad unire gli sforzi «per la pace, per il diritto internazionale, per la riconversione civile e sostenibile dell’economia», per «costruire insieme una società globale pacifica, nonviolenta, responsabile, per consegnare alle future generazioni un mondo migliore di quello che abbiamo ricevuto». Un futuro di pace e disarmato, che rifiuti categoricamente il ricorso alla guerra come soluzione percorribile nei rapporti tra popoli.

In particolare, con lo sguardo rivolto al 24 febbraio, le sigle riunite nella coalizione chiedono: «La messa al bando delle armi nucleari; la riduzione immediata delle spese militari a favore della spesa sociale, sanitaria, per la tutela ambientale del territorio e per una difesa civile e nonviolenta; la riconversione dell’industria bellica, che sta traendo immensi profitti dalle guerre e dai conflitti armati; l’immediato cessate il fuoco in Ucraina e nella Striscia di Gaza; la liberazione degli ostaggi israeliani e dei prigionieri palestinesi, la fine dell’assedio e dell’isolamento di Gaza, il libero accesso agli aiuti umanitari e l’assistenza alla popolazione palestinese; il riconoscimento dello Stato di Palestina, la fine dell’occupazione e della violenza in Cisgiordania; la soluzione politica e non militare della guerra in Ucraina (...); il riconoscimento del diritto di asilo e la protezione a dissidenti, obiettori di coscienza, renitenti, disertori, profughi, difensori dei diritti umani, giornalisti, attivisti sociali e sindacalisti vittime della repressione politica in ogni contesto e nazione; il rafforzamento dell’azione umanitaria e di protezione dei diritti umani nei contesti di violenza strutturale (Afghanistan, Myanmar, Nagorno Karabakh, Iran…); lo stanziamento dello 0,7% del PIL a favore della cooperazione allo sviluppo; la promozione di conferenze regionali di Pace sotto l’egida delle Nazioni Unite, per ricostruire convivenza e sicurezza nelle regioni martoriate da guerre in Medio Oriente e in Africa, che coinvolgono milioni di persone che vengono uccise, espulse dalle proprie case, impoverite, costrette alle migrazioni forzate».

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