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Gaza: dove non arrivano le bombe, uccidono le malattie. Un approfondimento del CRT

Gaza: dove non arrivano le bombe, uccidono le malattie. Un approfondimento del CRT

Sul sito del Il Centro di Studi e Iniziative per la Riforma dello Stato (CRS) – iniziativa avviata nel 1972 su iniziativa del Partito Comunista Italiano – Arturo Scotto racconta “la bomba più atroce” che sta colpendo la popolazione della Striscia di Gaza, sotto aggressione militare dell’esercito israeliano dal 7 ottobre scorso. Non sono sole le armi più o meno convenzionali a decimare la popolazione di Gaza, ma anche le condizioni igienico-sanitarie in un contesto segnato da epidemie, malnutrizione, blocco degli aiuti, devastazione delle infrastrutture sanitarie, carenza di personale medico e di farmaci, ecc.

Si può leggere questa altra “bomba” a partire dai numeri, afferma Scotto, i quali «spiegano che il tempo è scaduto. Senza il cessate il fuoco, il bollettino attuale di morti e feriti sarà nulla a confronto dell’impatto che avranno le epidemie». L’articolo parla di 342 medici feriti o uccisi, 100 medici arrestati, 106 ambulanze inutilizzabili; e poi di bambini stremati da fame, infezioni, malattie della pelle, diarrea, epatite A, ecc. «Le cause sono evidenti», si legge sul sito del CRS: «Si beve acqua inquinata, i servizi igienici non esistono più (…), sono rimasti in piedi solo 7 ospedali su 38. Da sempre le guerre sono accompagnate da bombe epidemiologiche. (...). E dunque laddove non arrivano le armi, ci penseranno le malattie».

Numeri da capogiro, prosegue Scotto, che impongono un rapido cessate il fuoco: «Se non si fermano le ostilità subito ci saranno 85.000 i morti in più nei prossimi sei mesi. Numeri che potrebbero scendere vertiginosamente a 6.000 (che comunque non sono pochi) se ci fosse il cessate il fuoco e ai convogli umanitari venisse data la possibilità di entrare».

Per i profughi di Gaza non c’è altra speranza: Le forze armate israeliane non lasciano passare nulla nella Striscia: «Respingono anestetici, incubatrici per bambini, bombole di ossigeno, generatori elettrici, toilette chimiche, pastiglie per la depurazione dell’acqua d’acqua, ma persino sedie a rotelle e pali per il montaggio delle tende da campo. Il timore di Israele è che possano avere una funzione dual use e dunque vengono sequestrate. E i Paesi donatori non possono né protestare né chiederne lo sblocco».

L’autore denuncia un altro grave problema legato all’assistenza della popolazione vessata dalla guerra: dopo gli accorati appelli e le ferme denunce della strage da parte del Segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, «il processo di delegittimazione delle agenzie umanitarie collegate all’ONU è stato fortissimo, fino a chiedere la chiusura dell’UNRWA», una struttura che dal 1949 «si occupa esclusivamente dei rifugiati palestinesi in Siria, Giordania, Libano, West Bank, Gaza» e che, oggi, «assiste un milione di persone senza la quale sarebbe già collassato tutto».

Nel contesto attuale, il cessate il fuoco rappresenta «la premessa fondamentale per lo sblocco degli aiuti umanitari e per una ripresa di iniziativa politica. La politica ha battuto in ritirata in Medio Oriente. E mentre contempla la propria impotenza, ci sono ancora gli ostaggi israeliani nelle mani di Hamas e migliaia di vittime sotto le bombe, in prevalenza donne e bambini, la prospettiva di uno Stato palestinese sempre più remota. La punizione collettiva ideata e praticata da un leader screditato come Netanyahu rischia di moltiplicare ulteriore odio per le generazioni successive con effetti imprevedibili su tutta la regione come ci ha spiegato la Lega Araba. Non possiamo più restare con le mani in tasca».

Leggi l’articolo sul sito del CRS

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