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Crisi a Gaza: la Risoluzione ONU un passo necessario ma non sufficiente

Crisi a Gaza: la Risoluzione ONU un passo necessario ma non sufficiente

Dopo quasi mezzo anno di bombardamenti e oltre 30mila morti, chiedere a Israele un cessate il fuoco non sembra più un tabù. E così, per la prima volta dall’inizio del conflitto, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si è espresso con una voce unica e concorde, e anche gli “amici” di Israele, Stati Uniti in testa, questa volta non hanno potuto porre veto alla proposta di risoluzione, presentata dal Mozambico, che chiede un cessate il fuoco nel periodo del Ramadan, con l’auspicio che «conduca a un cessate il fuoco durevole e sostenibile, oltre al rilascio immediato e incondizionato di tutti gli ostaggi, nonché alla garanzia dell’accesso umanitario» per far fronte alla disperata situazione della popolazione intrappolata nella Striscia di Gaza. «Questa risoluzione deve essere attuata», ha ammonito il Segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres: «Un fallimento sarebbe imperdonabile». E mentre Hamas si è subito dichiarata pronta a collaborare nell’attuazione della risoluzione, Israele ha mal digerito in particolare la posizione degli amici di sempre, gli Stati Uniti, la cui astensione è stata motivata dall’assenza di una condanna esplicita ad Hamas nella proposta di risoluzione.

«Se la portata politica del gesto dell’Amministrazione di Joe Biden è significativa, e va letta anche in chiave elettorale interna come risposta al crescente disagio dei democratici per la fornitura di armi a Tel Aviv in vista delle presidenziali di novembre, l’effettivo impatto diplomatico sulla guerra in corso nella Striscia di Gaza è tutto da vedere», commentava ieri Avvenire. «Lo Stato ebraico, sempre più isolato, insiste nel perseguirei propri obiettivi militari». Ma può farlo solo con il sostegno degli USA, che gli forniscono quasi il 70% delle armi, vendita però vincolata al rispetto del diritto internazionale e alla garanzia di accesso degli aiuti umanitari nella Striscia. «Se Biden decidesse di andare fino in fondo e ritirare anche quest’altra mano tesa a Tel Aviv, quella che passa le armi, l’argomento sarebbe più convincente dell’astensione all’Onu».

Anche Oxfam ridimensiona l’entusiasmo sul voto in Consiglio di Sicurezza, che rappresenta «un primo passo» essenziale ma non sufficiente perché, ha confermato Paolo Pezzati (portavoce per le crisi umanitarie di Oxfam Italia), ha dichiarato «una tregua di 2 settimane» non basta «a risolvere la situazione a Gaza». Purtroppo, commenta ancora, «la risoluzione ancora una volta non chiede una tregua permanente, che rappresenterebbe un passo decisivo verso la Pace e arriva troppo tardi per gli oltre 32.000 palestinesi di Gaza uccisi e per le altre migliaia di persone scomparse sotto i bombardamenti. Da quasi sei mesi, il resto della comunità internazionale chiede la fine del conflitto, il rilascio di tutti gli ostaggi e la fornitura di aiuti senza restrizioni a Gaza, ed è ora che gli Stati membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite diano finalmente ascolto a questo appello». Così come Guterrez, anche Oxfam auspica che si faccia «tutto ciò che è necessario perché questa risoluzione venga attuata, interrompendo immediatamente la fornitura di armamenti a Israele e ai gruppi armati palestinesi».

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