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Se il potere sulle donne è ricondotto a Dio

Se il potere sulle donne è ricondotto a Dio

Tratto da: Adista Documenti n° 21 del 08/06/2024

Il problema degli abusi nella Chiesa cattolica è emerso come emergenza sociale tra la fine degli anni ‘90 e il 2000 grazie alle inchieste giornalistiche e a diverse pubblicazioni che hanno portato alla luce casi di violenze sessuali, pedofilia, abusi psicologici e patrimoniali, presenti in diversi percorsi spirituali, educativi e religiosi proposti nell’ambito non solo delle parrocchie, ma anche delle associazioni e congregazioni religiose approvate dal Vaticano.

L’approccio italiano

L’approccio dell’Italia alla problematica degli abusi è sembrato molto meno deciso che in quei Paesi che hanno scelto di affidare l’indagine del fenomeno a commissioni indipendenti e di renderne pubblici i dati, al fine di far luce su una questione scottante per l’immagine della Chiesa cattolica, che ancora tende a salvare la propria reputazione, anziché individuare una concreta azione di trasparenza e di riforma della propria struttura.

La Chiesa cattolica sembra affrontare il problema in una visione panglossiana in cui le criticità dell’impostazione spirituale sono percepite in modo semplicistico come peccati da espiare all’interno delle mura ecclesiali, rifiutando l’evidenza che le devianze sono sistemiche, frutto di un’impostazione dogmatica radicata e immutabile. Sembra che gli insegnamenti morali della Chiesa siano vissuti dai fedeli come sistema assoluto di valori che risponde più a una necessità di preservare la fede e la cultura cristiana che come autentica incarnazione dei principi evangelici.

Rompere il silenzio

Le recenti inchieste sugli abusi nella Chiesa cattolica, svolte da commissioni indipendenti, hanno portato alla luce migliaia di casi di violenza sessuale e psicologica, con la conseguenza di suscitare un forte sentimento di sdegno nella comunità civile che ha portato alla nascita di numerose associazioni o organizzazioni di vittime e ad azioni di denuncia come quelle promosse dal Movimento #ItalyChurchToo che ha lo scopo di chiedere l’avvio di una Commissione di indagine indipendente nel nostro Paese.

Gli abusi non riguardano solo la sfera sessuale, ma anche quella psicologica dovuta a pratiche di accompagnamento spirituale manipolatorio e prevaricante e a proposte di cammini religiosi che richiedono sacrifici anacronistici e contrari a un equilibrato sviluppo della personalità, soprattutto all’interno delle comunità religiose e dei movimenti ecclesiali.

Un’autentica analisi del problema è possibile solo esaminando le testimonianze delle vittime che hanno deciso di raccontare la loro storia con coraggio e determinazione.

Nonostante l’accezione di fragilità che viene attribuita alle vittime, l’esperienza di chi ha vissuto direttamente i vari tipi di abuso, presenta una prospettiva lucida e veritiera del problema che meriterebbe di essere accuratamente indagata dalle strutture ecclesiastiche, in un’ottica di giustizia riparativa, per affrontare in modo adeguato le problematiche sia dal punto di vista psicologico che giuridico.

Derive settarie

L’adesione alle congregazioni e agli ordini religiosi è notevolmente diminuita dopo il Concilio Vaticano II in seguito alla maggiore valorizzazione del laicato che ha promosso la diffusione dei Movimenti ecclesiali carismatici che, pur in un apparente rinnovamento della proposta religiosa, si sono tuttavia spesso dimostrati integralisti e settari. Esistono due facce di queste esperienze ecclesiali, una dimensione pubblica proposta all’esterno dai canali comunicativi, caratterizzata da una spiritualità innovativa in apparenza laica, libera, caritatevole, e una dimensione privata, che cela a volte una rigida struttura gerarchica caratterizzata da divieti, abusi e derive settarie. Gli elementi di similitudine tra diverse esperienze di abuso conducono a concludere che l’abuso non è riferibile a condotte di singole persone, ma che procede da un’impostazione clericale e patriarcale della Chiesa.

Se la stampa italiana manifesta ancora molto timore a presentare il problema degli abusi, lo Stato si dimostra del tutto assente nell’affrontare le cause e le conseguenze di queste problematiche e a garantire alle vittime un’adeguata tutela giuridica e un efficace supporto psicologico, necessario alla riabilitazione sociale e al recupero di una vita serena.

Grazie all'indagine giornalistica del Boston Globe nel 2002, che ha approfondito la questione degli abusi sessuali nel clero, e ai report delle commissioni indipendenti in alcuni Paesi dell’Unione Europea, le rivelazioni pubbliche degli abusi si moltiplicano attraverso inchieste giornalistiche, libri, blog, profili social che riportano le testimonianze di singoli o di organizzazione di vittime che finalmente possono raccontare la loro storia. Ci si accorge quindi che il timore di denunciare nasce dall’isolamento generato attorno alle vittime, dalle minacce spirituali rivolte loro, dalla vergogna e dal senso di colpa insito in un’esperienza di violenza. Le vittime vengono colpevolizzate anche dagli abusatori e a volte dalla Chiesa per la loro fragilità, debolezza o per presunti problemi psicologici, che tuttavia, anche qualora fossero presenti, sono collegati più all’esperienza di abuso vissuta che alle caratteristiche intrinseche delle persone abusate.

Le molteplici denunce di abusi psicologici, patrimoniali e sessuali, poi, essendo tardive, non permettono di avere una tutela giurisdizionale, a causa della prescrizione; pertanto, si rende indispensabile promuovere un’informazione corretta relativa ai rischi di deriva settaria e di abusi in tutte le realtà ecclesiali, al fine di sollecitare le persone a segnalare e a denunciare a tutti i livelli.

L’analisi giuridica del fenomeno ha portato a comparare i fatti rinvenuti nelle testimonianze delle vittime a illeciti civili, penali, costituzionali e alle fattispecie astratte presenti nell’ordinamento giuridico italiano, facendo riferimento anche alle sentenze della giurisprudenza che hanno giudicato casi di abuso analoghi.

La pedofilia clericale

I problemi di abuso diventano ancora più gravi quando sono coinvolte vittime minorenni che si affidano ai messaggi spirituali della Chiesa veicolati attraverso le proposte educative e aggregative che fanno leva sulla dimensione emotiva e sul bisogno di appartenenza. Poiché l’adesione a queste esperienze è ancora consistente in termini numerici e la cultura italiana è ancora fortemente intrisa di un retaggio confessionale, queste problematiche si configurano come vera e propria emergenza sociale. La corretta informazione genererà quindi una più ampia tutela dei diritti, non solo rendendo pubbliche le storie di abuso, ma anche proponendo soluzioni concrete, che abbiano una ricaduta sul piano giuridico.

Non si intende screditare tutto l’operato della Chiesa cattolica, visto che molte associazioni, gruppi di fedeli, chierici e religiosi hanno intuito la vera essenza dei principi evangelici e si adoperano per incarnarli con umiltà e carità. Le strutture religiose non coincidono con la Chiesa tutta, ma appartengono alla Chiesa cattolica che pertanto è responsabile dell’agito di tutte le sue componenti.

L’analisi multidimensionale del problema, affrontato dalla prospettiva di tutte le componenti sociali, può diventare preziosa per garantire la massima tutela dei soggetti coinvolti. La soluzione del problema non è affare esclusivo della Chiesa, ma riguarda tutta la società civile e in particolare lo Stato. Si rende necessario, pertanto, un intervento che non si limiti a fronteggiare le criticità con un approccio pastorale ed ecclesiale, ma che coinvolga anche il piano giuridico, psicologico e sociologico in seno alle istituzioni civili attraverso un processo di monitoraggio volto a vigilare e intervenire anche con provvedimenti legislativi.

Gli abusi sulle religiose

Un importante fronte degli abusi è quello relativo alle violenze sessuali sulle religiose all’interno delle comunità di vita consacrata, denunciati da decenni, ma passati sotto silenzio fino al riconoscimento da parte di papa Francesco nel 2019. Gli abusi più eclatanti sono quelli in Asia e in Africa, ma sono presenti anche in vari Paesi di tutti i continenti. Le religiose si trovano in condizione di inferiorità a causa dell’impostazione patriarcale della Chiesa e sono costrette a essere sottomesse per il voto di obbedienza. La modalità di gestione del potere all’interno della Chiesa e il clericalismo generano infatti l’emarginazione della donna in un atteggiamento di sessismo e di discriminazione di genere che non può essere espressione dell’universalità del messaggio evangelico.

Nella cultura patriarcale del nostro Paese questa prospettiva è sempre stata accettata anche dalle donne e addirittura assunta nelle strutture gerarchiche persino nelle comunità femminili.

Le donne non possono amministrare i sacramenti né ricoprire ruoli di potere. Le strutture di vertice sono interamente maschili. Le donne consacrate svolgono ruoli secondari o di servizio e non sono ammesse all’interno delle strutture decisionali. Con i cambiamenti culturali oggi questa situazione è mal sopportata dalle donne, come da moltissimi fedeli, e viene rivendicata l’uguaglianza e la parità di genere attraverso organizzazioni cattoliche che si sono mobilitate per fare pensiero su queste tematiche e per chiedere, attraverso azioni di sensibilizzazione e di denuncia, il riconoscimento della donna nella vita della Chiesa cattolica. Non si può accettare questa situazione, sapendo che si realizza in evidente violazione dell’art. 3 della Costituzione e che mina la struttura sociale e giuridica fondata sul rispetto dei diritti umani.

L’abuso di potere

I casi emersi mettono in evidenza che la violenza sessuale sulle religiose può essere più difficile da rilevare rispetto alla pedofilia, perché potrebbe essere considerata trasgressione consenziente. Poiché le congregazioni di suore dipendono dai superiori ecclesiastici, che, attraverso minacce spirituali e morali, obbligano le religiose a consentire a queste forme di violenza, diventa difficile per loro sottrarsi. Se poi si ritrovano incinte, vengono cacciate dalla congregazione o indotte, dagli stessi sacerdoti abusanti o delle superiori, a interrompere la gravidanza, nonostante l’aborto sia considerato peccato mortale.

Il ruolo di superiore o chierico, quindi, è connotato da un potere che presuntamente procede direttamente da Dio, portando con sé un enorme rischio di degenerare in abuso. Le religiose si affidano al superiore o al direttore spirituale perché credono in questo ruolo e, in virtù del voto di obbedienza e per la cultura della sottomissione, non possono liberarsi. I preti possono continuare indisturbati, facendo affidamento sul timore delle vittime, che restano in silenzio, e alla protezione dei vescovi e del Vaticano.

L’abuso di coscienza

Oltre agli abusi sessuali si delineano all’interno delle comunità di vita consacrata dinamiche di abuso di coscienza. Le stesse che si ritrovano nelle esperienze di consacrazione dei Movimenti ecclesiali.

Le vittime lamentano oggi che gli abusi sono presenti da anni, segnalati ai superiori o ai vertici delle congregazioni o delle associazioni laicali, ma non vengono ascoltati. Le persone che osano parlare apertamente delle criticità presenti nelle strutture delle Opere religiose sono considerate dissidenti, poco docili alla volontà di Dio, vacillanti nella scelta vocazionale alla consacrazione, fragili o problematiche. L’abuso quindi nei loro confronti si moltiplica, perché vengono punite, isolate, invitate a pentirsi o a espiare il loro peccato. Si crea così un clima di omertà e contemporaneamente di terrore a esprimere le proprie sofferenze e le proprie opinioni fino a raggiungere stati di stress emotivo e salute compromessa.

All’interno dei percorsi spirituali non sono presenti strumenti di supporto né di aiuto emotivo o psicologico. La soluzione a tutto è riconosciuta solo nell’offerta a Dio del male e della sofferenza vissuta, nella preghiera e nei sacramenti. Questa modalità impedisce a livello umano di individuare i veri problemi dell’anima e di trovare soluzioni funzionali ad un percorso di crescita equilibrato e sereno.

L’impunità e la verità

Nonostante gli abusi, rinvenuti nelle diverse comunità religiose o nei nuovi movimenti ecclesiali, siano stati segnalati in Vaticano, in pochi casi gli abusatori sono sottoposti alla giustizia degli uomini senza una condanna per un risarcimento delle vittime. Solo con la diffusione mediatica dei casi di abusi la Chiesa viene messa alle strette e deve decidere di affrontare il problema.

La forza e la determinazione di far emergere questa verità non va interpretata come posizione ideologica, come azione di discredito nei confronti delle Istituzioni ecclesiali o peggio di vendetta, come spesso si vuol far sembrare, ma come volontà di affermare il valore della giustizia, di far valere i diritti dei soggetti offesi e di costruire una cultura della verità e soprattutto della responsabilità.

Cecilia Sgaravatto, Clelia Degli Esposti, Monique Van Heynsbergen fanno parte del “Laboratorio Re-In-Surrezione”, che si occupa di denunciare abusi spirituali, di coscienza, psicologici, patrimoniali e sessuali ai danni delle religiose e di altre donne che appartengono o sono appartenute a movimenti religiosi ecclesiali.

*Foto da Unsplash, immagine originale e licenza 

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