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Il prezzo del patriarcato e le religioni

Il prezzo del patriarcato e le religioni

Tratto da: Adista Documenti n° 21 del 08/06/2024

 

«Possono dirsi tradite due volte:

la prima volta da colui che le stuprò,

le ingannò, le sfruttò

e poi le abbandonò;

la seconda volta perché entrarono

nelle case di tolleranza

per tradimento.

Le case di tolleranza acuiscono

l’ingordigia degli immondi affaristi

che ne fanno una fonte

di arricchimento,

mediante il mercato

delle giovani tradite».

[Elisa Salerno]

Il brano è tratto da Le tradite, opera di Elisa Salerno, in onore della quale Paola Cavallari ha scritto il suo contributo nel libro pubblicato l’8 marzo 2024: Religioni e prostituzione. Le voci delle donne (a cura di Paola Cavallari, Doranna Lupi, Grazia Villa, VandA Edizioni 2024); «Una femminista cattolica che, precorrendo i tempi, ha compreso con lucidità il dominio patriarcale, con acume ha indagato e dato conto della schiavitù insita nel mercato del sesso; come credente critica, ha messo in relazione il messaggio evangelico con la dottrina e la prassi ecclesiastica e non ha potuto esimersi dal denunciare l’iniquità perpetrata dalla Chiesa. Lo scontro è stato duro ed Elisa Salerno ha pagato amaramente con la vita. La sua intelligenza, il suo coraggio, la sua protesta ardente, animata dalla forza del vangelo e dal senso di giustizia per le donne, sono feconde tessere di una genealogia femminista» (ivi, pag. 153 e ss.).

I recenti fatti di Bari oggi raccontano di altre giovani donne tradite: una cronaca crudele e ripetitiva che ha coinvolto minorenni prostituite e con esse decine di “utilizzatori/acquirenti” e che rimette al centro del pubblico dibattito la questione della prostituzione, non solo minorile. La realtà è emersa, con una sorta di nemesi storica, proprio nella città sede della Corte d’Appello che aveva sollevato la questione di illegittimità costituzionale della Legge Merlin, all’interno del “processo delle escort di Berlusconi”, sulla base della presunta esistenza di un diritto costituzionalmente garantito a prostituirsi, sostenuta dai difensori dell’imputato Tarantini, poi smentita clamorosamente con la storica sentenza della Corte Costituzionale del 7 giugno 2019, n. 141.

Qui lo sfruttamento della prostituzione sembra svincolato dalla tratta e dal traffico a scopo sessuale, tanto da mettere in crisi, ancora una volta, il pensiero diffuso che la violenza e lo stupro a pagamento – così come definito nel suo libro dal titolo omonimo della sopravvissuta Rachel Moran – siano riconducibili solo alla criminalità organizzata internazionale. Non vengono ricollegati alla prostituzione in sé e all’acquisto di prestazioni sessuali. che, viceversa, trovano una loro legittimazione nei luoghi comuni e negli stereotipi più consolidati: la prostituzione non si può eliminare, fa parte della natura umana, è il mestiere più vecchio del mondo!

La prostituzione, infatti, viene considerata ancora come il lavoro più antico del mondo o come appare nella dicitura modernizzata dall’inglesismo, un possibile sex work da riconoscere, tutelare, regolamentare. Non viene percepita, né stigmatizzata come una forma di violenza dove la compravendita sessuale viola la sacralità dei corpi, come un doloroso mercato su qualcosa di inalienabile, come un duplice stupro: fisico e simbolico, sui corpi che quindi tocca tutte le donne, ma che riguarda tutta l’umanità.

Nel sentire comune infatti il nesso tra violenza-prostituzione e prostituzione-patriarcato non viene colto senza una esplicitazione della violenza quale la riduzione in schiavitù, le percosse, la tratta, il ricatto, il pizzo, lo stupro, in generale in presenza di una vera coercizione.

Non si ritiene che ci sia una violenza intrinseca nell'atto sessuale a pagamento, in quanto il contratto, lo scambio prestazione denaro, presuppone il consenso, un assenso alla base della transazione sessuale. Un consenso che ovviamente appare consolidato a maggior ragione qualora si arrivi a definire la prestazione sessuale a pagamento un'attività lavorativa, una professione libera.

La prostituzione diventa quindi esecrabile solo quando non è frutto di una libera scelta, ma è “coatta”, cioè frutto di violenza o coercizione.

Tutto ciò in pieno contrasto non solo con molte legislazioni nazionali, quali l’italiana legge Merlin o le ancor più severe disposizioni del cosiddetto “modello nordico” che prevedono la punizione non solo dello sfruttamento della prostituzione, ma anche dell’acquirente delle prestazioni sessuali, ma con il riconoscimento della violenza insista nel fenomeno prostitutivo contenuto nelle disposizioni internazionali sui diritti umani: dal Preambolo Convenzione ONU New York il 21 marzo 1950 che accosta «la prostituzione al male che l'accompagna» alla definizione della prostituzione contenuta nella Risoluzione del Parlamento Europeo del 26 febbraio 2014 come: «Una forma di violenza (…), un’inequivocabile e terribile violazione della dignità umana»!

Certamente non sarebbe stato possibile giungere a tali asserzioni senza aver dato ascolto a tutte quelle donne che hanno vissuto la prostituzione in prima persona e che hanno preso la parola. Le donne di ieri che, con le lettere dalle case chiuse indirizzate alla senatrice Angelina (Lina) Merlin, non solo denunciavano i soprusi e le violenze subite nei bordelli, ma erano intrise di fiducia e di speranza di salvezza nella nuova Repubblica che, con l'ingresso anche delle donne in Parlamento, avrebbe dovuto segnare una distanza da quello Stato prosseneta che le aveva sfruttate.

Le donne di oggi, le sopravvissute al mercato della prostituzione, che rendono pubblica testimonianza, analizzando politicamente il loro vissuto, dando vita a un movimento globale che sta portando avanti una battaglia per l’abolizione della prostituzione, partendo dal presupposto che la compravendita dei corpi non sia lecita, che sia equiparabile a una forma di schiavitù e che, come la schiavitù, vada abolita.

Una violenza che viene perpetrata in tutto il mondo dentro e fuori la regolamentazione, dentro e fuori dai luoghi comuni, dentro e fuori dai miti creati dai prostitutori e che mette in luce il nesso inscindibile tra prostituzione e patriarcato. L'uso dei corpi femminili, anche attraverso il denaro, ne diviene un’istituzione fondante e portante, dove i rapporti sociali che mettono la donna nella condizione di vendersi, sia attraverso i metodi coercitivi della tratta, sia “spontaneamente”, sono segnati sempre dall’asimmetria tra i sessi e dall’esercizio di un potere maschile.

Tale stretta e imprescindibile connessione tra la mercificazione dei corpi e le inevitabili conseguenze traumatiche costituisce “il prezzo del patriarcato”, che dà il titolo al testo di Maria Laura Cinquegrana: Il prezzo del patriarcato. Mercificazione dei corpi e disturbi post-traumatici (Erickson 2024).

«È un caro prezzo, pagato sull’altare di ogni forma di oggettivazione sessuale, che assume le sembianze del dolore, dei segni indelebili, delle ferite profonde, degli abissi di solitudine, di traumi così radicati da poter facilmente asserire come tale oggettivazione sia una negazione dell’umanità. Chi legge intraprende il cammino di progressivo avvicinamento al nucleo della denuncia degli orrori legati a quel prezzo che si fa commercio e vendita dei corpi violati (…). All’acquisizione di dati scientifici, all’analisi delle ricerche già effettuate sulla materia, agli studi relativi alle cause e alle conseguenze post traumatiche delle violenze e degli abusi, all’attenta disanima delle disposizioni legislative relative a tutti fenomeni connessi all’oggettivazione sessuale, si affiancano i nomi, i volti, le storie delle persone colpite dalla violenza, prodotto tragico di un sistema patriarcale fiaccato, ma non ancora definitivamente abbattuto, specie quando si ha a che fare con i corpi e la loro inviolabilità, in particolare quelli delle bambine e delle donne!» (tratto dalla mia postfazione).

Del resto se si considera la prostituzione come uno dei fenomeni più radicati ed emblematici della violenza patriarcale questo non può non interrogare le diverse religioni e le varie comunità di fede, per questo all’interno dell’Osservatorio interreligioso sulle violenze contro le donne si è costituito un laboratorio su "prostituzione e pornografia".

Dopo aver esaminato gli aspetti storici, giuridici, sociali del fenomeno prostitutivo e, soprattutto dopo aver ascoltato le voci delle sopravvissute, si è giunte a porre una serie di interrogativi che hanno costituito l'asse portante del succedersi degli incontri, i cui contenuti sono poi confluiti nel testo citato Religioni e prostituzione. La voce delle donne.

«Che cosa dicono su questo tema le diverse religioni e le varie comunità di fede sulla prostituzione? In che modo viene percepita: come violenza sulle donne o permane lo stereotipo del lavoro più antico del mondo? La libertà individuale ci pone a disposizione la compravendita dei corpi? È necessario mettere in discussione la sessualità maschile ancora così predatoria e violenta? Sono state fatte riletture dei Testi Sacri, delle Tradizioni religiose, alla luce del punto di vista delle donne su questo tema? Dove questo è accaduto, la riflessione teologica delle donne è riuscita a sollecitare una risposta da parte dei maschi?» (ivi, pag. 21).

Il punto di partenza per tentare di dare una risposta, è sorto dalla «constatazione condivisa di come le istituzioni religiose possano essere anch’esse "portatrici di stupro simbolico" promuovendo modelli patriarcali di relazione tra i sessi che si radicano nel trascendente, attraverso teologie e interpretazioni dei testi sacri, pensate e scritte solo da uomini, che rafforzano stereotipi e luoghi comuni. Appellandosi alle idolatrie della Tradizione o della “Legge di natura” hanno contribuito ad alimentare una narrazione pubblica che ancora condona le violenze di genere, anzi le rafforza attraverso il sessismo che agisce a livello simbolico. Il ricorso alla prostituzione è sempre stato vissuto dalle religioni come un male minore. Le Chiese e le organizzazioni religiose si sono mosse in un’ottica assistenziale, dedicando molta attenzione alla tratta e alle vittime, senza però interrogarsi sulle vere radici del fenomeno spesso senza interrogarsi oltre che sugli effetti, sulle cause che risiedono nel privilegio sessuale maschile, perché lo scambio sessuale che muove una gran massa di “clienti” nasconde un ruolo di potere» (ivi, pag. 20-21).

Gli incontri, organizzati congiuntamente con la FDEI (Federazione donne evangeliche in Italia) che hanno suscitato il dibattito e la stesura dei singoli contributi confluiti poi nel libro, hanno visto succedersi: Paola Cavallari, allora presidente del’OIVD e socia Coordinamento Teologhe italiane, Lidia Maggi teologa e pastora della chiesa battista; Sarah Kaminski docente di lingua e letteratura ebraica presso l'Università di Torino e Rosanna Maryam Sirignano, esperta di studi islamici, Mariangela Falà già presidente unione Buddhista e Svamini Shuddhananda Ghiri, monaca induista e referente Unione induista.

Molti sono gli elementi che accomunano i testi che compongono l'indice del libro: in tutti si parte da una disamina delle fonti, dal riferimento al testo sacro alle diverse tradizioni, agli insegnamenti, alle storie tramandate per poi passare ad alcuni excursus storici fino a arrivare all'attualità, all'innesto tra Religioni e prostituzione nella realtà odierna, affrontando anche l'impatto con le diverse legislazioni esistenti e i rispettivi modelli (regolamentarismo, proibizionismo, abolizionismo, modello nordico) nei Paesi in cui le differenti religioni sono presenti nella maggioranza della popolazione.

In tutti si affronta il problema del moralismo e della doppia morale, della prostituzione come male minore e della condanna della colpevolizzazione della prostituta e in ogni capitolo emerge il debito di riconoscenza nei confronti degli studi femministi e di genere che ne hanno modificato l'ermeneutica, liberandosi dal giogo interpretativo maschilista palese o camuffato nella categoria del neutro universale.

Questa ricerca appassionata ha disvelato una forza eversiva nelle fonti, nei testi sacri, nelle parole profetiche, nelle buone novelle, negli aneddoti, negli insegnamenti, così come rivisitati dagli studi delle femministe e con potenza rovesciati dalle relazioni tra le donne, rivelando ancora una volta la forza di una misticapolitica femminile che non solo può generare un “dio differente”, ma può giungere a offrire un “altro genere di Dio”, persino attraverso lo sguardo dolente sulla prostituzione e sulle “tradite” di ogni tempo.

Grazia Villa, da decenni attivista e avvocata per l’affermazione dei diritti delle donne nella società e nella Chiesa e contro la violenza di genere. Ha promosso la costituzione dell’Osservatorio giuridico di Como sui diritti dei migranti e delle migranti.

*Foto presa da Wikimedia Commons, immagine originale e licenza

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