Gli uomini “diversi” di papa Francesco
Tratto da: Adista Documenti n° 21 del 08/06/2024
Molto si discute oggi di “Francesco (alias l’istituzione ecclesiastica e per estensione il messaggio cristiano) e le donne”. E giustamente, perché l’ineludibile “questione aperta” per la Chiesa è quella delle donne, che negli ultimi decenni hanno prodotto una riflessione imponente sul piano quantitativo e qualitativo, finora però ben poco considerata dal Magistero. Assai meno si parla di “Francesco (in senso lato) e gli uomini”, forse perché nella comunità cristiana lo sviluppo di pratiche di autocoscienza tra uomini e percorsi collettivi di “critica alla costruzione sociale della maschilità” è stato assai limitato e l’elaborazione di un pensiero sul “maschile” è avvenuta anche in campo teologico in modo piuttosto discontinuo. Eppure sono proprio le donne a ricordare che se i maschi non ripensano la loro maschilità, non ci potranno essere né superamento del patriarcato né, per chi crede in Cristo, un vero discepolato di uguali.
Uomini soprattutto come mariti e padri
In questi undici anni papa Francesco ha toccato più volte il tema. Il 17 novembre 2014, mise in guardia i partecipanti al “Colloquio internazionale sulla complementarietà tra uomo e donna”, promosso in Vaticano dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, dal «confondere tale termine con l’idea semplicistica che tutti i ruoli e le relazioni di entrambi i sessi sono rinchiusi in un modello unico e statico». Il 28 gennaio 2015, in una catechesi sulla famiglia dedicata alla figura del padre, evocava l’idea di quella attuale come «una società senza padri», lanciando l’allarme sulla loro «assenza» nei confronti dei figli, soprattutto in termini di «vicinanza» (giocare e “perdere” tempo con loro), perché troppo «concentrati su se stessi e sul proprio lavoro». E il 29 aprile, parlando del matrimonio, criticava la tendenza ad attribuire «la difficoltà a restare assieme sia come coppia, sia come famiglia», all’«emancipazione della donna. […] è una falsità, non è vero! È una forma di maschilismo, che sempre vuole dominare la donna». L’anno dopo, nell’Amoris Laetitia, sottolineava l’esistenza tra i genitori di «ruoli e compiti flessibili, che si adattano alle circostanze concrete di ogni famiglia» (n. 175) e la necessità che il padre «sia vicino ai figli nella loro crescita: quando giocano e quando si impegnano, quando sono spensierati e quando sono angosciati, quando si esprimono e quando sono taciturni, quando osano e quando hanno paura, quando fanno un passo sbagliato e quando ritrovano la strada; padre presente, sempre. Dire presente non è lo stesso che dire controllore. Perché i padri troppo controllori annullano i figli» (n. 177).
Questo filone di ragionamento assume maggiore organicità nella Patris corde dell’8 dicembre 2020, dedicata a san Giuseppe, di cui Francesco sottolinea in particolare la tenerezza (con cui «dobbiamo imparare ad accogliere la nostra debolezza»), l’accoglienza («Giuseppe accoglie Maria senza mettere condizioni preventive») e lo stare «nell’ombra» («essere padri significa introdurre il figlio all’esperienza della vita, alla realtà. Non trattenerlo, non imprigionarlo, non possederlo, ma renderlo capace di scelte, di libertà, di partenze. […] La logica dell’amore è sempre una logica di libertà, e Giuseppe ha saputo amare in maniera straordinariamente libera. Non ha mai messo se stesso al centro. Ha saputo decentrarsi, mettere al centro della sua vita Maria e Gesù»).
Insomma, papa Francesco vede l’uomo soprattutto come marito e padre, del quale propone un’immagine distante dal cliché del pater familias, di sposo e genitore che sa esprimere vicinanza affettiva e costruire relazioni più paritarie verso moglie e figli/e, condividere il ruolo educativo e i lavori domestici, che non ha il monopolio della sfera pubblica né relega la partner a quella privata, ecc., stigmatizzando una visione rozzamente maschilista dei rapporti familiari.
Il maschile secondo Francesco
Certo, per estensione, l’accantonamento di tratti come la volontà di potenza, la forza, il dominio, l’autosufficienza, a vantaggio di categorie come la dolcezza, il silenzio, la capacità di ascolto e dialogo, il riconoscimento delle proprie fragilità – tutte categorie generalmente considerate “femminili” – può riguardare gli uomini come tali, non solo padri e mariti. Se ne ritrova un cenno nel n. 286 di Amoris Laetitia: «Non si può nemmeno ignorare che nella configurazione del proprio modo di essere, femminile o maschile, non confluiscono solamente fattori biologici o genetici, ma anche molteplici elementi relativi al temperamento, alla storia familiare, alla cultura, alle esperienze vissute, alla formazione ricevuta, alle influenze di amici, familiari e persone ammirate, e ad altre circostanze concrete che esigono uno sforzo di adattamento. È vero che non possiamo separare ciò che è maschile e femminile dall’opera creata da Dio, che è anteriore a tutte le nostre decisioni ed esperienze e dove ci sono elementi biologici che è impossibile ignorare. Però è anche vero che il maschile e il femminile non sono qualcosa di rigido. Perciò è possibile, ad esempio, che il modo di essere maschile del marito possa adattarsi con flessibilità alla condizione lavorativa della moglie. Farsi carico di compiti domestici o di alcuni aspetti della crescita dei figli non lo rendono meno maschile. […] La rigidità diventa una esagerazione del maschile o del femminile, e […] può impedire lo sviluppo delle capacità di ciascuno, fino al punto di arrivare a considerare come poco maschile dedicarsi all’arte o alla danza e poco femminile svolgere un incarico di guida».
Tuttavia, la vera e propria elaborazione di un nuovo modello di maschilità appare ancora lontana, al massimo auspicata, come in un passo della lettera indirizzata alla scrittrice spagnola María Teresa Compte Grau il 2 marzo 2018, in cui, dopo aver espresso preoccupazione per «il persistere nelle società di una certa mentalità maschilista», Francesco sottolinea la necessità di «una rinnovata ricerca antropologica (...) per andare sempre più a fondo non solo nell’identità femminile, ma anche in quella maschile».
La premessa di questo cammino, cioè il riconoscimento della parzialità del punto di vista maschile, si trova, almeno in nuce, nella prefazione al volume Smaschilizzare la Chiesa, che raccoglie le relazioni proposte il 4 dicembre 2023 da Lucia Vantini, Luca Castigliani e suor Linda Pocher al papa e al suo Consiglio dei cardinali, sulla presenza e il ruolo della donna nella Chiesa, Francesco scrive, infatti, che «mettendoci davvero in ascolto delle donne, noi uonini ci mettiamo in ascolto di qualcuno che vede la realtà da una prospettiva diversa e così siamo portati a rivedere i nostri progetti, le nostre priorità. A volte siamo spaesati. A volte quello che ascoltiamo è talmente nuovo, talmente diverso dal nostro modo di pensare e di vedere, che ci sembra assurdo e ci sentiamo intimiditi. Ma questo spaesamento è sano, ci fa crescere. Ci vogliono pazienza, rispetto reciproco, ascolto e apertura per imparare davvero gli uni dagli altri e per avanzare come un unico popolo di Dio, ricco di differenze, ma che cammina insieme».
Ripensare la mascolinità da cristiani in Gesù
Ciò richiede però un profondo ripensamento del maschile e l’incipiente produzione teologica sviluppata da uomini che assumono la propria parzialità di genere ha iniziato a esplorare alcuni sentieri in questa direzione, tra cui, prima di tutto la figura di Dio, sempre associata a quella del padre e del maschio, “onnipotente”, “Signore” e “Re”, a costituire fondamento poderoso dell’ordine sociosimbolico e religioso patriarcale e sessista, secondo la celeberrima affermazione di Mary Daly: «Se Dio è maschio, il maschio è Dio», ma identificato da Gesù in Lc 15 come «soltanto amore», coi tratti di nostalgia, pazienza, abbraccio e accoglienza incondizionata di solito attribuiti alla madre; poi i personaggi maschili presenti nella Bibbia, che rappresentano modelli di mascolinità e relazioni di genere, basti pensare ad Adamo (l’uomo è la norma perché creato prima), Sansone (l’uomo non è nulla quando perde la forza fisica) o Salomone (l’uomo deve essere intelligente e donnaiolo), ma anche il Buon Samaritano, il binomio Davide e Gionata e lo stesso “attore non protagonista” Giuseppe, esempi di uomini che si prendono cura; poi ancora, per esempio, la denuncia di come il modello egemonico di mascolinità – razionale, dominatore, sessualmente potente – non solo vieta ai maschi lo sviluppo di dimensioni umane fondamentali come l’espressione delle emozioni (paura, sofferenza, tristezza, ecc.) o il bisogno di aiuto, e opprime anche quanti non vi corrispondono (i fragili, i poveri, gli anziani, gli omosessuali), ma intacca l’immagine di Dio, che si cerca di ricomporre “includendo” gli “aspetti femminili” (Dio Padre e Madre), salvo così confermare lo schema essenzialista; e infine, approfondendo criticamente le conseguenze e i costi che il carettere androcentrico delle strutture ecclesiastiche comporta in molti casi pure per i maschi, anche quelli ordinati, in termini di immaturità emotiva e affettiva, percezione non equilibrata di sé, dinamiche relazioni disfunzionali, solitudine, ecc.
Si tratta di ritrovare in Gesù l’esempio di una mascolinità realmente umanizzante. Egli, infatti, rompe con le abitudini e le istituzioni socioreligiose che fondano le relazioni in termini di superiorità-inferiorità, in cui i maschi rappresentano il primo polo, respinge l’immagine maschile dominante centrata sull’esercizio del potere, sull’accumulazione di ricchezze e sulle manifestazioni di prestigio, e mette in discussione le strutture simboliche fondamentali di tipo patriarcale per renderle più umane, inclusive e giuste, facendosi amico delle donne, dei bambini, degli stranieri, degli eretici, dei lebbrosi, degli esattori delle tasse, dei pazzi e degli impuri. Gesù può ispirare un nuovo immaginario maschile, che si traduca tanto nei rapporti quotidiani tra uomini e tra uomini e donne, quanto in leggi e istituzioni realmente giuste e inclusive.
Mauro Castagnaro, da sempre impegnato sui temi della pace, della solidarietà internazionale e dell’America Latina. Collabora con le riviste “il Regno”, “Jesus” e “Mosaico di pace” ed è redattore di “Missione Oggi”. È inoltre co-coordinatore nazionale di Noi SIamo Chiesa.
*Foto presa da Unsplash, immagine originale e licenza
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