Comunità Loyola: soppressa ma in ottima salute
Tratto da: Adista Notizie n° 27 del 20/07/2024
41930 BRAGA-ADISTA. È già passato un altro mese da quando (v. Adista Notizie n. 23/24) davamo conto del limbo in cui si trova attualmente quanto resta della Comunità Loyola, cofondata nel 1982 da Ivanka Hosta – responsabile di abusi di potere e spirituali e di un governo tirannico – e dall'(oggi) ex gesuita Marko Rupnik (ora sotto processo canonico per abusi sessuali) e formalmente soppressa lo scorso 20 ottobre con un Decreto del Dicastero per la Vita Consacrata (v. Adista Notizie n. 45/24). Da Decreto, il delegato pontificio p. Amedeo Cencini ha tempo soltanto fino al 20 ottobre prossimo per dare attuazione alla sentenza, mentre tanti sono ancora i problemi da risolvere, come la vendita delle proprietà e la creazione di un fondo per assistere le ex religiose in questo passaggio. Eppure tutto sembra cristallizzato.
La Comunità possiede una decina di proprietà immobiliari: oltre alla casa madre in Slovenia, altri nove appartamenti di cui tre in Slovenia (Lubiana e Maribor), uno a Roma, alle spalle del Vaticano, acquistato nel 2018; uno a Goiânia in Brasile; uno nel centro storico di Trieste; uno in Polonia; uno in Russia a San Pietroburgo; e uno a Bamako, capitale del Mali.
Conferma che tutto è fermo anche la testata portoghese online 7Margens, che ha chiesto conto a mons. José Cordeiro, vescovo di Braga, diocesi del nord del Portogallo in cui esiste da tempo una sede della comunità, dove Ivanka Hosta, “prima sorella responsabile”, è stata obbligata a risiedere dal 2023, e dove tutto sembra scorrere come se nulla fosse: è ancora occupato l’appartamento del centro città, di proprietà della “Fraternità sacerdotale”, concesso in uso alla comunità; Ivanka continua ad apparire come lettrice o ministra straordinaria della comunione nella parrocchia della Cattedrale; il 15 giugno ha partecipato alla 3ª assemblea sinodale dell'arcidiocesi; la (ex) superiora locale è giudice del Tribunale Ecclesiastico.
Secondo quanto riporta 7Margens (11/7), la risposta dell’ufficio Comunicazione dell'Arcidiocesi alle domande poste diluisce tutto in un discorso astratto e paternalista. Ricorda che la Comunità Loyola è presente nell'arcidiocesi da circa tre decenni e, quanto alla soppressione e all’attuazione della sentenza, afferma di «fidarsi e di rispettare le decisioni in coordinamento con il Dicastero (…) e le altre istanze romane nei termini e nelle modalità stabilite». Tuttavia, fonti vicine a Cencini avrebbero rivelato a 7Margens che la diocesi non ha mai dato seguito alle comunicazioni relative al dossier.
La diocesi afferma però di «cercare di essere segno di sollecitudine paterna e fraterna verso le persone (…) che si trovano in questa situazione così delicata»: «Le decisioni ecclesiali non sono condanne capitali – aggiunge – ma, al contrario, segni concreti che tutti sono chiamati alla conversione e che un cammino pasquale è sempre possibile per tutti, qualunque sia il loro passato».
Occorre ricordare che Ivanka Hosta, dopo la rottura con Rupnik nel 1993, ha imposto alla Comunità il silenzio sulle denunce di abusi sessuali e di potere instaurando, secondo quanto si legge nelle conclusioni del commissario mons. Daniele Libanori del 2022, un regime di scontento, paura, conflittualità e dispotismo. Con il successivo Decreto disciplinare del 21 giugno 2023, Ivanka era rimossa dal ruolo di superiora generale e interdetta dall'esercizio di altre funzioni. Poi l’“esilio” a Braga con il divieto di contattare, direttamente o indirettamente, le (ex) religiose per tre anni. Il Decreto di soppressione menziona anche la possibilità di un procedimento penale nei confronti di Ivanka.
Ma a Braga si ha l'impressione che non vi sia stato alcun monitoraggio sulle restrizioni, che la comunità esista ancora, sotto le ali protettrici del vescovo, con Ivanka e le sue 17 ex sorelle che le danno man forte e che, sottolinea 7Margens, sembrano boicottare Cencini nel suo compito. Accanto a queste, ce ne sarebbero altre 28 che si sono ritrovate senza comunità e dispensate dai voti, mentre nessuno, «né il Delegato né i vescovi delle diocesi dove la Comunità Loyola era presente, si sono presi cura» di quelle uscite prima del Decreto di soppressione.
*Foto da WIkimedia Commons, immagine originale e licenza
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