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Papa Francesco picchia in testa il presidente argentino

Papa Francesco picchia in testa il presidente argentino

Tratto da: Adista Notizie n° 34 del 05/10/2024

41994 CITTÀ DEL VATICANO-ADISTA. Altro che baci e abbracci con Javier Milei come durante la visita a Roma per la beatificazione di mama Antula (v. Adista Notizie n. 7/24), ora sono legnate quelle che papa Francesco riserva al presidente argentino. Lo fa nel lungo discorso che ha pronunciato all’incontro con i Movimenti Popolari il 20 settembre in Vaticano, nella sede del Dicastero per lo Sviluppo Umano integrale, nel decennale del primo incontro mondiale fra il papa, organizzazioni di lavoratori e movimenti popolari in difesa dei “senza diritti”. Il motto di quest’anno era “Piantando una bandiera contro la disumanizzazione”. Non è senza significato che, fra i partecipanti appartenenti ai movimenti sociali argentini, fosse presente un noto conterraneo di Bergoglio, Juan Grabois, scrittore, fondatore della Unión de Trabajadores y Trabajadoras de la Economía Popular, candidato per la Unión por la Patria alle primarie per le elezioni presidenziali 2023 dalle quali Milei, con il suo La Libertad Avanza, è però uscito vittorioso. A Grabois è stato affidato il discorso di chiusura dell’incontro.

«Le ideologie disumanizzate – ha detto il pontefice – promuovono una cultura molto brutta, la “cultura del vincitore”, che è un aspetto della “cultura usa e getta”. Alcuni la chiamano “meritocrazia”, altri non la nominano, ma la praticano. Si tratta di persone che, forti di certi successi mondani, si sentono in diritto di disprezzare, di guardare dall'alto in basso i “perdenti”. È paradossale che le grandi fortune spesso abbiano poco a che fare con il merito: sono rendite, sono eredità, sono il frutto dello sfruttamento delle persone e del saccheggio della natura, sono il prodotto di speculazioni finanziarie o di evasione fiscale, derivano dalla corruzione o dalla criminalità organizzata. In generale, molte fortune sono accumulate in questo modo».

«Nessuno, meritevole o meno, ha il diritto di guardare gli altri dall'alto in basso come se non valessero nulla», ha continuato. «Questo atteggiamento altezzoso è l'opposto della compassione: crogiolarsi nella propria supremazia su chi sta peggio. E questo non accade solo ai più ricchi, perché sono molte le persone cadono in questa tentazione del nostro tempo. Guardare da lontano, guardare dall'alto, guardare con indifferenza, guardare con disprezzo, guardare con odio. È così che nasce la violenza: è così che nasce il silenzio dell'indifferenza. Quel silenzio indifferente che permette il ruggito dell'odio. Il silenzio di fronte alla giustizia, pardon, di fronte all'ingiustizia apre la strada alla divisione sociale, e la divisione sociale apre la strada alla violenza verbale, e la violenza verbale apre la strada alla violenza fisica, e la violenza fisica apre la strada alla guerra di tutti contro tutti. E qui sta la coda del diavolo».

Invece della giustizia, spray al peperoncino

«Una settimana fa, forse un po' meno mi è stata mostrata una repressione, il filmato di una repressione», ha aggiunto facendo riferimento a una manifestazione di protesta di persone anziane contro il veto posto da Milei alla riforma pensionistica, durante la quale una bambina di 10 anni è rimasta ferita dal gas urticante usato dalla polizia. «Lavoratori, persone che rivendicavano i loro diritti per strada, e la polizia li respingeva con qualcosa che è la cosa più costosa che ci sia, uno spray al peperoncino di prima qualità. E non avevano diritto a reclamare ciò che è dovuto loro, perché erano rivoltosi, comunisti, no, no, e il governo si è impuntato e invece di pagare per la giustizia sociale ha pagato per lo spray al peperoncino, gli conveniva. Tenetelo a mente», è stato il suo fermo ammonimento.

E a proposito di “tenere a mente”, ha richiamato l’importanza della memoria storica, nel momento in cui il governo di Milei e company hanno una posizione negazionista sulla tragedia della dittatura degli anni ‘76- ‘83. «Guardiamo con gratitudine alla storia che ci ha preceduto, guardiamo con gratitudine a quella storia. Questo è il nostro fondamento. Che nessuno ci privi della nostra memoria storica e del nostro senso di appartenenza a un popolo, anche della memoria storica di cose feroci, di cose brutte. Noi argentini, che abbiamo solo circa 600.000 aborigeni su 46 milioni di persone, ricordiamo Roca, che tagliò la testa a tutti gli aborigeni, una cosa vergognosa. Memoria storicatotale», ha sottolineato (Julio Argentino Roca, presidente dell'Argentina per due mandati: dal 1880 al 1886 e dal 1898 al 1904, sosteneva che l'unica soluzione possibile contro gli indigeni fosse quella di estinguerli, sottometterli o espellerli).

Politici molto irritati

Sull’attacco sine glossa di Bergoglio il presidente Milei non ha aperto bocca. Da quando l’ha incontrato in Vaticano, il 12 febbraio scorso, Milei ha cambiato musica, pentito, si dice, di averlo definito un «imbecille comunista» e «incarnazione del maligno sulla Terra» durante la campagna elettorale dell’autunno passato (v. Adista Notizie n. 36/23). Ora, poiché non si poteva proprio far finta di niente, ha parlato il portavoce del governo, Manuel Adorni (da pochi giorni nominato dal presidente titolare della Segreteria di Comunicazione Media), ma con un profilo così basso da non meritare la definizione di reazione: «È l'opinione del Papa, che rispettiamo, ascoltiamo e riflettiamo anche su ciò che dice – ha detto –. Non condividiamo necessariamente il suo punto di vista su alcune questioni. Ma abbiamo un rispetto totale e assoluto per ciò che il Papa può dire».

Hanno reagito invece (v. El Mundo, 21/9/24) uomini vicini a Milei. Per esempio, Agustín Romo, portavoce parlamentare del mileismo nella provincia di Buenos Aires, che ha ripreso la definizione del papa come «comunista». Perché «criticare la conquista del deserto, dove abbiamo distrutto gli indios cileni che hanno rubato le mucche argentine, ucciso argentini, rapito e violentato donne argentine, per mantenere la Patagonia, significa essere un traditore del Paese al servizio dei peggiori interessi», ha detto.

Ma anche oppositori del governo Milei si sono espressi contro le esternazioni del pontefice. «Di cosa sta parlando il Papa? Di un'assurda agenda indigenista (un gonfiato 2% della popolazione), di un'agenda a favore dei poveri e contro le miniere», ha detto il peronista Miguel Ángel Pichetto. «Il Papa è un altro che non conosce la storia. Mette in discussione un eroe come Julio Roca che consolidò l'unione territoriale con l'occupazione della Patagonia e consolidò le basi istituzionali dello Stato argentino».

Alejandro Finocchiaro, deputato di Propuesta Republicana (PRO, partito di orientamento liberista e conservatore cui appartiene il già presidente argentino Mauricio Macri) ed ex ministro dell'Istruzione, ha voluto rinfrescare la memoria a chi è a capo di un’istituzione non certo innocente: «Caro papa Francesco, con tutto il rispetto, rileggi Matteo 7-5 e quello sulla pagliuzza nell'occhio dell'altro e la trave nel tuo. Ricordati che l'Inquisizione tagliò molte teste e bruciò molti corpi di persone indifese in nome della Fede. Distinti saluti».

Meno colta e più volgare la reazione di un altro deputato del PRO, Damián Arabia. «Ne ho le palle piene di uno che non mette piede nel nostro Paese da più di un decennio, critica sempre quando qualcuno cerca di cambiare il Paese, ma resta in silenzio di fronte a corrotti e delinquenti».

Questi pochi esempi, provenienti però da un vasto arco parlamentare, suggeriscono che l’opposizione o quanto meno la non condivisione del pensiero e del magistero di Bergoglio nel suo Paese è diffusa. Vien da chiedersi: come verrà accolto papa Francesco quando infine vi andrà in visita, a quanto si vocifera, l’anno prossimo?

*Foto presa da Wikipedia, immagine originale e licenza 

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