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G20, l’inadeguatezza del neoliberismo

G20, l’inadeguatezza del neoliberismo

Tratto da: Adista Notizie n° 41 del 30/11/2024

Il 18 e 19 novembre 2024 si è concluso il G20 con l’approvazione unanime della Dichiarazione di leaders di Rio de Janeiro che raccoglie i contributi dei gruppi di lavoro tematici elaborati nel corso di un anno attraverso il paziente, quasi testardo, impegno diplomatico brasiliano. Per farsi una idea del contenuto la cosa migliore è leggere per intero questo testo e magari anche qualche altro, ad esempio quello della Cupola sociale espressione delle società civili.

Gli 85 articoli sono raggruppati in capitoli: situazione economica e politica internazionale (art 2-13); inclusione sociale e lotta alla fame e alla povertà (14-34); sviluppo sostenibile, transizione energetica e azione climatica (35-60); riforma delle istituzioni di governance globale (61-84).

Significativo il primo capitolo che all’articolo 15 lancia l’Alleanza Globale contro la Fame e la Povertà, che il presidente Luiz Inácio Lula da Silva aveva “consegnato” con precedenza assoluta. Gli altri capitoli sono simili a quelli divulgati in diversi incontri internazionali e non aggiungono o cambiano molto. Sulle catastrofi belliche in corso vengono riprese (art. 7-9) le posizioni delle Nazioni Unite.

Quello che mi sembra importante negli articoli 14-34 è il contenuto e il linguaggio che riflette concetti e progetti: ricorrono le parole diseguaglianza (9 volte) e inclusione (8), ritorna più volte la categoria giustizia sociale (4) sociale; sono quasi assenti i termini compassionevoli di aiuto (1) e solidarietà; ombratile il ritornello del mercato (1). È ovvio che non si tratta di scrittura casuale, ma di comunicazione significante che colloca estirpazione di fame e diseguaglianza come imperativi.

Mi è sembrato non banale l’articolo 25 sulla salute pubblica come diritto non omissibile, mentre affiora un accenno alla tassazione dei patrimoni ultra-alti. I successivi due capitoli confermano adesione a decisioni precedenti, con qualche accenno non ovvio e qualche silenzio prudente: l’art. 78 sull’ AI/intelligenza artificiale riconosce che l’integrazione di tale tecnologia nel luogo di lavoro dà migliori risultati «quando incorpora osservazioni e suggerimenti dei lavoratori» e quindi incentiva «le imprese a impegnarsi nel dialogo sociale», mentre trattando dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) si tace sulle conseguenze delle sanzioni unilaterali.

Come ricorda la conclusione, «il G20 è un gruppo informale e guidato da leaders e così deve rimanere», quindi la palla è rilanciata a Parlamenti, esecutivi, organizzazioni dei singoli Paesi.

Per l’Alleanza c’è già qualche passo operativo: a essa al momento aderiscono 148 fondatori, ripartiti fra 82 Paesi, 24 soggetti internazionali, 9 istituzioni finanziarie internazionali e 34 organizzazioni filantropiche e non governative. Il ministro Wellington Dias ha illustrato lo scheletro organizzativo fin qui impostato: uffici regionali a Washington, Roma, Addis Abeba (sedi di organismi internazionali), Brasilia e probabilmente Bangkok; un Consiglio dei Campioni di non più di 50 partecipanti (25 dei Paesi e 25 delle organizzazioni aderenti) per seguire i progetti (gestibili in autonomia o bisognosi di sostegno) che ciascun Paese metterà a punto ispirandosi a esperienze riuscite (trasferimento di reddito, alimentazione scolastica, attenzione nutrizionale a neonati e gestanti). Il bilancio globale non è ancora chiuso, ma «cominciamo con un livello alto».

Nato per affrontare la crisi del 2008, cioè problemi di ricchi, G20 giunge ora a inserire gli esclusi al centro, rendendo visibile l’inadeguatezza del neoliberismo di fronte ai problemi del mondo.

Teresa Isenburg è corrispondente da San Paolo in Brasile, è stata docente di Geografia economico-politica all’Università statale di Milano.

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