
Vescovo peruviano dimissionato: “Ho denunciato invano per anni gli abusi di Figari”
Tratto da: Adista Notizie n° 45 del 28/12/2024
42085 MADRID-ADISTA. «Ogni porta cui ho bussato è diventata per me, pur essendo vescovo della Chiesa, una porta chiusa e sigillata. I nomi che faccio non sono dovuti ad alcuno spirito di vendetta. Mi spinge il proposito che questa cultura ecclesiastica malata di “non si dice, non si sa”, possa aver fine». È su Religión Digital (18/12) che il vescovo – emerito a soli 60 anni – della diocesi peruviana di Ayaviri Kay Martin Schmalhausen Panizo denuncia l’atteggiamento di chiusura incontrato quando denunciava a Roma i reati di abuso di cui si macchiava Luis Figari, il fondatore della società di vita apostolica Sodalizio (Sodalitium Christianae Vitae-SCV), della quale anche il vescovo ha per anni fatto parte.
Fa i nomi quando ricorda che «durante la visita papale in Perù del 2018, gli sguardi e i gesti evasivi al mio saluto da parte dei due cardinali Parolin e O'Malley, parte del seguito papale. L'indifferenza e la freddezza erano assolute. Ero devastato. Poi ho capito due cose: la dimensione istituzionale – sistemica – dell’insabbiamento nella Chiesa e che probabilmente il mio ministero episcopale stava giungendo al termine». Era il 2021, racconta a tal proposito, quando il nunzio di allora, Nicola Girasoli, «per telefono e a voce alta, ha chiesto le mie dimissioni. Che senso aveva resistere a un meccanismo i cui ingranaggi non si fermavano? Sono bastate una semplice lettera» e, da parte della Santa Sede, «una scusa diplomatica: “Mons. Kay ha dovuto prendersi cura di sua madre molto anziana”». Il vescovo aveva 57 anni.
Sodalizio, il punto della situazione
Figari, abusatore seriale, filonazista e malversatore, ad agosto scorso è stato espulso per decisione di papa Francesco dalla SCV per crimini quali stupri e soprusi fisici e psicologici, commessi tra il 1975 e il 2002 a danno di circa 36 persone, di cui 19 minorenni (v. Adista online del 16/8/24). Altri 10 “sodaliti”, a partire dall’ex superiore regionale e dagli ex superiori regionali della SCV, hanno subìto la stessa sorte per i crimini quali abuso fisico, anche con sadismo e violenza; di coscienza con metodi settari per spezzare la volontà dei subordinati; abuso spirituale, d’ufficio, nella gestione finanziaria (v. Adista Notizie n. 35/24). Decisioni, quelle del papa, assunte in base ai risultati ottenuti e acquisiti con certezza durante l’investigazione condotta nel luglio del 2023, per iniziativa del pontefice, dall'arcivescovo maltese Charles Scicluna, segretario aggiunto del Dicastero per la Dottrina della Fede, e dal sacerdote spagnolo Jordi Bertomeu, funzionario dello stesso Dicastero (v. Adista online del 08/12/2021).
L’esperienza del vescovo
Mons. Schmalhausen racconta di essere approdato a Sodalizio a 14 anni restandovi fino ai 25: sono anni in cui «ho subìto i più diversi abusi, maltrattamenti, umiliazioni, scherni e insulti. Per la maggior parte delle persone, inimmaginabili. Quello che voglio dire è che, nel ventaglio degli abusi di cui è accusato il Sodalizio, non sono stato esente». Il primo anno fu «di inferno e di orrore. Avevo come superiore Germán Doig (allora vicario generale della SCV, grande complice di Figari, v. Adista Notizie n. 37/2015, ndr), con la sua strategia del bastone e della carota, e Figari, che veniva a cena ogni sabato, settimana dopo settimana, con denigrazione, scherno e insulti, per sottomettere la mia volontà». «L’episcopato – continua – è stato per me la via d’uscita inaspettata da un sistema pernicioso di manipolazione e controllo, così come il risveglio a un mondo reale e molto più sano, al di fuori di quella bolla e del suo mondo parallelo, di fabbricazione ideologica e settaria».
«So perfettamente – spiega – cosa si dice quando si descrive Sodalizio come una comunità settaria, come una gabbia invisibile di reclusione mentale, come un'organizzazione di dipendenza e di controllo. Con l'abuso trasformato in sistema, con una cultura interna tossica, con comportamenti mafiosi, agendo sempre nell'ombra e dietro il trono. Una piovra con tentacoli in tutti gli ambiti del potere: ecclesiastico, finanziario e civile. E il fatto è che, se parliamo di possibili miliardi di dollari in conti offshore e in nome di prestanome (è triste dirlo di un'istituzione religiosa), il denaro significa potere, e il potere è capace di comprare le coscienze e le decisioni su persone e istituzioni».
«Ho conosciuto in prima persona – seguita il vescovo – la malizia delle autorità della mia ex comunità. Li ho visti coordinare e organizzare segretamente, con assoluta impunità, decisioni e azioni criminali». «Ho sperimentato in prima persona la perniciosa gravità degli abusi spirituali e di coscienza, da parte dello stesso Luis Fernando Figari, prigioniero dell'arroganza patologica di sostituirsi a Dio. Ho sperimentato in prima persona il doloroso percorso di risoluzione del trauma. Fobie, attacchi di panico, incubi, paura, deliri di persecuzione, ansia e tanti altri sintomi che accompagnano questo prolungato calvario. Conosco in prima persona le dinamiche di manipolazione, sottomissione e rottura della volontà. E da vittima ho sperimentato tante volte la totale mancanza di empatia, compassione, ascolto, riconoscimento, sia da parte dei membri di Sodalizio che delle autorità ecclesiastiche; quella sorta di blocco interiore, fatto di discriminazione ed esclusione, che in pochi millisecondi può tradursi in sguardi abbassati e segreto ripudio, con il desiderio istintivo di allontanarsi da ciò che mette a disagio o magari addirittura lo rivela».
Le vane denunce
«Ho denunciato Luis Fernando Figari per abuso sessuale all'inizio del 2013»: prima all’interno di Sodalizio, e non ha portato a nulla. (…). Nel 2015 e nel 2016 ho messo in guardia Roma sui gravi problemi della comunità in quanto tale; verbalmente e per iscritto. Ho incontrato il segretario di Stato Pietro Parolin: silenzio romano. Presentai personalmente la mia denuncia all'allora Congregazione per la Vita Religiosa, un altro sforzo vano. E voglio aggiungere che quest’ultima è stata accompagnata da una denigrazione, come poche altre, che ho subìto, da parte di José Rodríguez Carballo, il secondo in comando di detto dicastero. Un anno dopo, lui stesso mi ha chiesto di inviargli il mio reclamo via email. Non ha aiutato affatto. Ho messo in guardia anche il cardinale Sean O'- Malley, capo della Commissione per la prevenzione degli abusi sui minori, con un lungo rapporto scritto: silenzio bostoniano. Ogni porta cui ho bussato è diventata per me, pur essendo vescovo della Chiesa, una porta chiusa e sigillata».
«Confesso – aggiunge – che, anche se la mia vita è stata frantumata in mille pezzi e per anni ho attraversato la valle del dolore e della disperazione, in conseguenza degli abusi, dei traumi e delle rivittimizzazioni ecclesiali subite, la mia fede ha sofferto, ma non è stata in frantumi. Posso dire oggi con una certa pace spirituale che amo questo tesoro, che amo il Signore e amo la Chiesa. Ma diciamo la verità, stare in silenzio non aiuta nessuno. Di conseguenza, le autorità della Chiesa dovrebbero essere le prime a rompere il silenzio».
Ma è stato fatto? Ne dubita assai, il vescovo, per quanto riguarda i vertici del suo Paese. «Personalmente penso – scrive – che come Conferenza Episcopale abbiamo gravemente fallito nelle nostre azioni. Se quanto detto in quel comunicato in relazione a tutto quello che è stato fatto nei confronti del Sodalizio era reale ed efficace, perché non ci sono mai stati risultati? Perché ci sono voluti dieci o più anni per completare un'indagine, quando altri obiettivi vengono raggiunti in poche settimane o mesi? Perché la tenacia e la pressione delle vittime hanno prevalso sulle presidenze al potere?».
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