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La Chiesa bifronte: sulla repressione in Argentina, due facce dello stesso episcopato

La Chiesa bifronte: sulla repressione in Argentina, due facce dello stesso episcopato

Tratto da: Adista Notizie n° 12 del 29/03/2025

42198 BUENOS AIRES-ADISTA. Non servono immagini, ricostruzioni e interpretazioni al presidente della Conferenza episcopale del Paese, Marcelo Colombo, vescovo di Mendoza per convincersi della gravità del momento che si vive in Argentina e degli scontri avvenuti il 12 marzo (v. notizia precedente). «Abbiamo avvertito la società del messaggio violento del presidente (Javier Milei, ndr) prima della marcia di mercoledì» nel breve documento rilasciato quella stessa mattina a conclusione della riunione del Consiglio permanente, «poi è arrivata la repressione nel pomeriggio». Così dice nell’intervista rilasciata al settimanale argentino Perfil (17/3)

«È chiaro – seguita – che c'è stato un precedente invito generale alla violenza, chiamando in causa persone che non avevano nulla a che fare con la rivendicazione originale», ammette riferendosi agli hooligan presenti in piazza. «Ma questo non significa assolutamente infrangere le regole, sparare direttamente contro le persone o esercitare violenza su persone che non possono difendersi».

E comunque «la richiesta dei pensionati è perfettamente legittima» e molti giovani che «vedono il dramma del proprio padre o del proprio nonno (…) vogliono sostenerli. A una certa età è un peso morale che una persona debba vivere nell'indigenza quando ha lavorato tutta la vita. La richiesta era legittima, ora le autorità dovranno giustificare i metodi di repressione messi in atto perché le immagini mostrano cose tremende».

Nel documento cui accenna mons. Colombo – “Trasformare i segni dei tempi in segni di speranza” – il vertice episcopale, esprimendo dolore per la tragica inondazione a Bahia Blanca, afferma che, «in contrasto con questo immenso dolore, è un segno di speranza la reazione spontanea di compassione del nostro popolo (…) un gesto di tenerezza giunto anche all’eroismo di dare la vita». «La solidarietà è la dimostrazione evidente che abbiamo bisogno gli uni degli altri». «Che cosa buona sarebbe se questo atteggiamento di prendersi cura della dignità della persona umana, soprattutto quando si mostra più vulnerabile, aiutasse a rispondere all’altra realtà che tristemente si avverte nella nostra società e nella dirigenza. Ci riferiamo agli atteggiamenti e alle espressioni che feriscono, ai linguaggi dispregiativi, talvolta non esenti da crudeltà, che attentano seriamente contro quell’unità di cui tanto abbiamo bisogno come popolo, per porci la patria sulle spalle e andare avanti». «Desideriamo che questi segni dei tempi positivi di umanità e impegno, fonti di speranza e di pace – conclude il documento del Consiglio permanente dell’episcopato argentino – bandiscano i segni di disumanizzazione e indifferenza, fonti di divisione e risentimento».

Il silenzio assordante

Parole scritte prima del caos pomeridiano. E dopo? Solo un generale silenzio, rileva Religión Digital (17/3) in un articolo intitolato “La repressione dei pensionati in Argentina rivela i due volti della sua Chiesa”. Sicché definisce «un’eccezionalità» il messaggio su X, quella stessa sera, del vescovo di Avellaneda-Lanús, Maxi Margni: «La violenza non sarà sradicata senza invertire la disuguaglianza e l’esclusione sociale. Dare la colpa ai poveri non è la soluzione. Senza giustizia sociale, i conflitti continueranno a crescere. Un sistema ingiusto alimenta il male e mina le fondamenta della pace e dello sviluppo».

La Chiesa a Buenos Aires, «territorio teatro della violenza di Stato, non si è ancora lasciata commuovere dalle vittime di questa barbarie – sottolinea il portale spagnolo –. E questo nonostante la massima autorità del clero di Buenos Aires, l'arcivescovo Jorge Ignacio García Cuerva, con ufficio in Rivadavia 415, di fronte a Plaza de Mayo, abbia sospeso mercoledì scorso le riunioni per mancanza di controllo delle strade, dopo che la caccia all'uomo per pestaggi e arresti da parte delle tre forze federali (Polizia Federale, Gendarmeria e Polizia Aerea) e della polizia di Buenos Aires ha fatto sì che il conflitto alle porte del Congresso si estendesse al resto del centro della capitale».

Per comprendere il silenzio della Chiesa di Buenos Aires – «non solo dell'arcivescovo e dei suoi vescovi ausiliari, ma anche dei laici attivi dei vicariati, dei decanati e delle parrocchie, della struttura organizzativa della Chiesa» –il portale spagnolo si è allora ripetutamente rivolto alla diocesi. Riferisce così il risultato del suo giro di consultazioni: «la risposta è stata la stessa: "C'è stata molta violenza, da parte di tutti". (…). Un'altra figura chiave tra i monsignori ha risposto: "I vescovi devono studiare a fondo le questioni. Non possono semplicemente uscire e parlare senza sapere"».

Sporadiche voci

Fra i pochi prelati che si sono espressi a favore dei manifestanti, Religión Digital segnala il card. Ángel Sixto Rossi, arcivescovo di Córdoba, che ha autorizzato che la festa “della speranza per la pace e la giustizia sociale” desse spazio e microfono ai pensionati per esprimere le loro richieste; e l’anziano cardinale e frate cappuccino 96.enne Luis Dri, che in un video ha benedetto gli anziani protestatari: «Che Dio vi conceda pazienza, pace e gioia».

Rare espressioni di condanna della repressione e di solidarietà con i manifestanti anche tra i preti. Il portale di informazione religiosa riferisce di qualche episodio. Fra questi, il sacerdote della baraccopoli Lorenzo “Toto” de Vedia, parroco di Villa 21/24 a Barracas, che ha preso l’iniziativa di celebrare la messa per Pablo Grillo davanti all’ospedale dove resta tra la vita e la morte; e il gruppo di sacerdoti dell'Opzione Preferenziale per i Poveri (OPP) e il sacerdote (ex salesiano) Juan Carlos Molina hanno condannato la violenza di Stato (Molina nel programma domenicale su Radio 10), e altrettanto ha fatto l’équipe della pastorale sociale della diocesi di Merlo-Moreno con l'appoggio esplicito del suo vescovo Juan José Chaparro durante una messa, giovedì, per la salute del Papa. «Ma la “Chiesa”, che si esprime attraverso l'autorità dei vescovi – conclude l’articolo – è ancora quasi unanimemente in silenzio». 

*Foto presa da Unsplash, immagine originale e licenza 

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