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Bolsonaro andrà a processo. Rischia 40 anni di carcere

Bolsonaro andrà a processo. Rischia 40 anni di carcere

Tratto da: Adista Notizie n° 14 del 12/04/2025

42216 BRASILIA-ADISTA. La Procura generale del Brasile aveva incriminato, sul finire dello scorso febbraio, l'ex presidente Jair Bolsonaro accusandolo di «tentativo di colpo di Stato», «tentativo di abolizione violenta dello Stato di diritto democratico», «organizzazione criminale armata» e di tentato assassinio del suo successore, l’attuale presidente Luiz Inácio Lula da Silva. Ora, un mese dopo, il 26 marzo, la Corte Suprema che doveva esprimersi sull’ammissibilità delle accuse ha dichiarato, per bocca del relatore, il giudice Alexandre de Moraes, «ragionevoli» le prove presentate e che l’ex presidente «era a conoscenza, aveva gestito e discusso la bozza» del complotto golpista, ovvero il cosiddetto “Pugnale Verde e Giallo” finalizzato a impedire che Lula, uscito vittorioso alle elezioni sul finire del 2022, si insediasse nel più alto scranno del Paese. Dunque de Moraes ha rimandato a processo Bolsonaro, e 32 suoi complici nei vari reati. «L'organizzazione criminale ha seguito tutti i passi necessari per rovesciare il governo legittimamente eletto», ha spiegato. «Questo obiettivo, perseguito con tutte le sue forze, non è stato raggiunto a causa di circostanze che gli imputati non sono stati in grado di superare: la resistenza dell'esercito e misure eccezionali». Nell’argomentare la sua decisione, De Moraes ha mostrato le immagini dell’assalto alle sedi del Congresso Nazionale, della Corte Suprema e al Palazzo Presidenziale, nella Piazza dei Tre Poteri, l’8 gennaio del 2023, e ha confutato la difesa di Bolsonaro, secondo cui i partecipanti erano religiosi e anziani: «Nessuna Bibbia in vista», ha rilevato.

Secondo l'accusa, l’imputato, insieme ad altre sette persone di alto livello governativo – «il nucleo cruciale», come definito dai giudici – avrebbe pianificato l'omicidio, oltre che di Lula, anche del vice di questi, Geraldo Alckmin, e proprio del giudice della Corte Suprema, Alexandre de Moraes. Lo stesso “nucleo” sarebbe colpevole di aver incitato al saccheggio delle sedi istituzionali a Brasilia. Dunque Bolsonaro e i suoi compari dovranno rispondere, oltre che dell'abolizione dello Stato di diritto democratico e di organizzazione criminale, anche del danneggiamento del patrimonio dell'Unione e del deterioramento dei beni pubblici.

Bolsonaro, perciò, se verrà ritenuto colpevole di tutti i reati a lui ascritti, rischia fino a 40 anni e più di detenzione, considerando che le sole accuse di colpo di Stato comportano una pena fino a 12 anni.

L’ex presidente ha reagito gridando alla politicizzazione del processo. Sul suo profilo X ha scritto che i giudici «hanno fretta. Tanta fretta. Il processo contro di me si sta svolgendo almeno 10 volte più velocemente di quello contro Lula a Lava Jato. E il motivo? Non cercano nemmeno di nasconderlo. La stampa stessa riferisce, apertamente e senza ambiguità, che la motivazione non è legale, ma politica. Il tribunale sta cercando di impedire che io sia processato nel 2026, perché vuole impedirmi di essere libero alle elezioni. Loro sanno che, in una competizione leale, non c’è nessun candidato che possa battermi».

Dimentica, o fa finta di dimenticare, Bolsonaro, che è già stato dichiarato ineleggibile per 8 anni dalla Corte Suprema Elettorale a fine giugno del 2023. Era stato denunciato da un partito dell’opposizione di abuso di potere perché, meno di tre mesi prima delle elezioni del 2022, aveva convocato diplomatici stranieri, facendo false affermazioni sui sistemi di voto del Paese e aveva trasmesso i suoi commenti sulla televisione di Stato. Aveva sostenuto che le macchinette computerizzate che vengono usate ormai da 20 anni in Brasile non erano a prova di hacker e che c’erano sospetti fondati di una cospirazione della sinistra per impedirgli di raggiungere un secondo mandato. L'esclusione dalla corsa alle elezioni del 2026 non impensierisce Bolsonaro, che non sta cercando un leader che, in sua vece, sia in grado di unire il suo eterogeneo elettorato: «Il mio successore sono io stesso. Non c'è motivo per cui non possa competere alle elezioni dell'anno prossimo», ha detto il 26 febbraio scorso in un’rilasciata al Portal Leo Dias.

L’internazionale nera

Non è solo la destra estrema brasiliana a rimanere orfana di Bolsonaro: considerando dimensione, ricchezze e potenzialità del più grande Paese latinoamericano, a livello di intrecci e consorterie internazionali l’ineleggibilità di Bolsonaro è una perdita per i suoi camerati al potere nel mondo: Trump, Milei, Netanyhau, Orban autocrati – o «autolatri» e «autoidolatri», secondo la definizione di Raniero La Valle (v. Adista online del 2/4/25) –, e quelli che al potere per ora solo ambiscono, come le estreme destre austriaca, tedesca, spagnola e rumena. 

*Foto presa da Wikimedia Commons, immagine originale e licenza 

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