
LGBTQ nella Chiesa: un processo avviato
Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 21 del 31/05/2025
Molto attivo a favore della piena accettazione delle persone LGBTQ nella Chiesa cattolica, p. James Martin è fondatore di Outreach, gruppo che promuove l'inclusività e l'accoglienza per i cattolici LGBTQ nella Chiesa. Tra le cose, ha scritto il libro Building a Bridge: How the Catholic Church and the LGBT Community Can Enter into a Relationship of Respect, Compassion, and Sensitivity, HarperOne, 2017 (pubblicato in Italia con il titolo Un ponte da costruire. Una relazione nuova tra Chiesa e persone LGBT, Marcianum Press 2018) relativo alla pastorale verso il mondo LGBTQ; sulla stessa tematica, nel 2021 ha realizzato un DVD presentato al Tribeca Film Festival a New York. Il suo lavoro ha suscitato molte critiche risultando indigesto all’ala della Chiesa più conservatrice e restia all’accoglienza di persone omosessuali, bisessuali, transgender, la quale ha scatenato contro il gesuita, soprattutto sulla carta stampata e in rete, un’ondata di odio mediatico, fomentata dall’aspro rimprovero rivoltogli dal prefetto della Congregazione per il Culto divino e i Sacramenti, card. Robert Sarah, alla fine di agosto 2017.
Nonostante le critiche per le sue iniziative, papa Francesco, che lo ha invitato a partecipare come membro al Sinodo sulla sinodalità (v. Adista Online 13/7/2023), lo ha sempre sostenuto in questo suo lavoro (v. Adista Documenti n. 39/16; 30/18; Notizie nn. 33/17; 35/19; 26/21). Nel luglio 2024 ha celebrato una messa a New York, mostrando la bandiera arcobaleno sull'altare e un'immagine della Madonna avvolta da tale vessillo. In occasione della pubblicazione di questo numero speciale, Adista gli ha posto alcune domande.
Cosa è cambiato e cosa è rimasto invariato per la comunità LGBTQ durante il pontificato di Francesco?
Papa Francesco ha fatto sapere ai cattolici LGBTQ, e alle persone LGBTQ in generale, che erano amati da Dio. Durante il suo pontificato, molti tra coloro che appartengono a quella comunità si sono sentiti profondamente accolti in quella che è, dopotutto, anche la loro Chiesa. Alcuni dicono che Francesco non abbia fatto abbastanza, ma io non sono d'accordo: è stato il primo papa in assoluto a usare pubblicamente la parola "gay", ha chiesto la depenalizzazione dell'omosessualità e ha permesso ai sacerdoti di benedire le coppie dello stesso sesso in determinate circostanze: sono tutti passi in avanti importanti. Ha anche supportato coloro che svolgono un ministero con i cattolici LGBTQ e ha incontrato regolarmente persone transgender cattoliche. Tutti questi gesti hanno fatto sì che molti cattolici LGBTQ lo vedessero come un papa che li capiva e li amava.
Le questioni riguardanti le persone LGBTQ sono state affrontate adeguatamente durante il Sinodo sulla Sinodalità?
Dipende da cosa si intende per "adeguatamente". Nella serie iniziale di consultazioni, quasi la metà dei rapporti delle Conferenze episcopali menzionava le questioni LGBTQ come preoccupazioni sentite dai fedeli locali. Quindi l’argomento è stato discusso sia nei gruppi di lavoro sia nelle sessioni plenarie durante la prima sessione del Sinodo, nell’ottobre 2023. Senza violare la riservatezza, posso dire che a volte le discussioni sono state anche accese. Nella seconda sessione, la questione (insieme a molte altre questioni specifiche) è stata affidata a gruppi di studio affinché noi delegati potessimo riflettere più ampiamente sul tema della sinodalità. Ma naturalmente è tornata di tanto in tanto, e nel documento finale abbiamo chiesto alla Chiesa di prestare particolare attenzione a coloro che si sentono esclusi, anche per motivi legati al genere e alla sessualità. Naturalmente Francesco ha firmato quel documento, rendendolo un insegnamento magisteriale. In generale, ho ritenuto che anche solo discutere l’argomento sia stato un passo avanti.
Quali erano le aspettative, e sono state soddisfatte?
C’erano aspettative diverse, alcune ragionevoli (come chiedere alla Chiesa di riconoscere il bisogno di una pastorale per le persone LGBTQ) e altre irragionevoli (come aspettarsi un cambiamento totale della dottrina). Come ho detto, credo che il solo fatto che se ne sia discusso sia stato un passo importante. Un vescovo ha detto che probabilmente era la prima volta che l’argomento veniva discusso così apertamente in un incontro ecclesiale mondiale.
Cosa auspica per il futuro della comunità LGBTQ nella Chiesa cattolica?
Che la Chiesa ascolti, accolga e difenda le persone LGBTQ. E per “difendere” intendo questo: una cosa che mi piacerebbe vedere – che non comporterebbe alcun cambiamento nell’insegnamento della Chiesa (e che anzi rispecchierebbe i valori del Vangelo) – sarebbe prendere posizione contro la violenza verso le persone LGBTQ, che è dilagante in molte parti del mondo. Perché non dovremmo stare dalla parte di chi viene molestato, picchiato o ucciso? Ma più in generale, spero che le persone LGBTQ sappiano di essere parte della Chiesa tanto quanto chiunque altro. E a chi dice che le loro vite non sono pienamente conformi all’insegnamento della Chiesa, bisogna chiedere: “Quale vita lo è davvero?”
Secondo lei, il processo sinodale avviato da papa Francesco è irreversibile?
Non c’è il rischio che, con la sua morte, questo processo di discernimento ecclesiale venga interrotto o rallentato? Penso che ci siano stati abbastanza cardinali, arcivescovi, vescovi, sacerdoti e leader laici coinvolti nel Sinodo (non solo nelle due sessioni vaticane, ma anche durante le tappe locali) affinché vi sia un ampio consenso sugli obiettivi del Sinodo. C’è molto entusiasmo tra molti leader della Chiesa. Molto dipenderà anche dal prossimo papa. Ma potrebbe essere stato egli stesso presente al Sinodo [in quanto prefetto del dicastero per i Vescovi, Robert Francis Prevost, la cui elezione a papa Leone XIV è posteriore a questa intervista, ha partecipato in effetti ai lavori del Sinodo, ndr]. Quindi sono fiducioso che il processo continuerà. Come ha detto il cardinale Jean-Claude Hollerich alla fine del Sinodo, potrebbe volerci del tempo perché il processo sinodale si radichi, poiché comporta una sorta di conversione. E la conversione è un’opera dello Spirito Santo che spesso richiede tempo.
P. James Martin è gesuita statunitense, collaboratore della rivista dei gesuiti statunitensi “America”, scrive anche su molte riviste cattoliche, è conferenziere e guida negli Esercizi spirituali ignaziani, dal 2017 è consultore del Segretariato per le Comunicazioni della Città del Vaticano.
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