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FORUM SOCIALE MONDIALE AL BIVIO. A CARACAS TANTI INTERROGATIVI SU COME CAMBIARE IL MONDO

Tratto da: Adista Documenti n° 14 del 18/02/2006

DOC-1699. CARACAS-ADISTA. Ne ha fatta di strada, il Forum Sociale Mondiale, da quando un gruppo di militanti brasiliani lanciò l'idea di un evento alternativo al Forum economico mondiale di Davos: da quella prima edizione del 2001, il Forum è diventato un processo chiave nell'offensiva contro il capitalismo globalizzato, un processo che ha continuato, al tempo stesso, a estendersi e a radicarsi, grazie allo svolgimento in tutto il mondo di decine e decine di Forum locali, tematici, regionali, continentali. Fino alla novità di quest'anno: un Forum policentrico con triplice sede, a Bamako, a Caracas e a Karachi, in Pakistan. Dopo la rischiosa prova del Mali, superata con successo (v. Adista n. 10/06) pur non senza difficoltà, e in attesa dell'altrettanto impegnativa sfida di Karachi, i riflettori si sono accesi sulla capitale venezuelana, dove ha avuto luogo, dal 24 al 29 gennaio, il capitolo latinoamericano del Forum Sociale Mondiale. Ed è proprio qui che la discussione sulla natura, gli obiettivi e il futuro del Fsm, che aveva già acceso gli animi dei partecipanti nelle precedenti edizioni, ha assunto il rilievo maggiore, anche e soprattutto in virtù dell'appello alla creazione di un fronte antimperialista internazionale lanciato dal presidente Hugo Chávez durante l'Atto antimperialista del 27 gennaio al Ginásio Poliedro.

I nodi da sciogliere

Le questioni sul tappeto sono diverse: per rendere più incisiva e radicale la sua azione contro il neoliberismo, il Forum deve adottare posizioni unitarie rispetto a strategia e programma di lotta? Tra delusioni (a partire da quella rappresentata dal governo Lula in Brasile) e speranze (in particolare quella suscitate dalla vittoria di Evo Morales in Bolivia), che relazione deve intrattenere con quei governi di segno progressista nati proprio grazie alle mobilitazioni popolari contro il modello neoliberista? Deve, insomma, optare per la linea zapatista del "cambiare il mondo senza prendere il potere" o lottare perché il popolo arrivi, come in Bolivia, a farsi governo? Deve mantenersi così com'è, un mero spazio di incontro e dibattito tra le forze della società civile in lotta per un mondo diverso, o assumere un più netto carattere politico e istituzionale? E questo mondo diverso, poi, dovrebbe nascere appena da un superamento del neoliberismo o provando a tradurre nella pratica il progetto di un nuovo socialismo, un socialismo che non sia la copia di modelli falliti, né resti impigliato nella ricerca di un'unica definizione astratta, quel socialismo del XXI secolo di cui si torna a parlare con forza in America Latina? Di sicuro, di socialismo, a Caracas si è parlato tanto, più che in ogni altra precedente edizione: "Non importa - ha dichiarato a La Jornada il prestigioso intellettuale brasiliano Plinio Arruda Sampaio, tra i protagonisti, al Forum, del seguitissimo dibattito sulla sinistra latinoamericana - che in questo momento non vi siano le condizioni per una transizione immediata al socialismo: dobbiamo comunque parlarne. Dobbiamo mostrare che le soluzioni socialiste sono molto più adeguate al Continente che piccole riforme del capitalismo". Secondo Sampaio, "la correlazione di forze è qualcosa che si costruisce, anche nel conflitto. E se si evita il conflitto perché non si ha la giusta correlazione di forze, non si arriverà mai ad averne una favorevole".

Un'agenda fitta di impegni

Di tale discussione si avverte un'eco anche nella Dichiarazione finale dell'Assemblea dei movimenti sociali - che, come è tradizione, conclude il Forum Sociale Mondiale - laddove il documento prende posizione riguardo al rapporto tra i movimenti sociali e i governi progressisti nati "nel calore delle lotte popolari", indicando la necessità, per i movimenti, di una chiara autonomia politica e programmatica.

Presentando come di consueto l'agenda di lotte e mobilitazioni per l'anno in corso, la Dichiarazione finale indica quattro campagne centrali (contro la guerra, contro il Doha round dell'Organizzazione mondiale del commercio, contro il vertice del G8, e contro quello di Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale) a cui si aggiunge una grande quantità di risoluzioni presentate dalle differenti reti che partecipano all'Assemblea dei movimenti sociali. E, a conferma della straordinaria ricchezza di contenuti del Forum, tra campagne nuove e meno nuove, ce n'è davvero per tutti i gusti: contro la possibile ripresa dei negoziati sull'Alca e contro l'analogo Trattato di libero commercio tra Unione Europea e Mercosur (con l'organizzazione, durante il vertice previsto in maggio a Vienna, di un evento parallelo che includerà un Tribunale dei popoli contro le transnazionali europee); per i diritti dei popoli indigeni; per la sovranità alimentare e la riforma agraria integrale; per i diritti del popolo palestinese; contro la violenza nei confronti delle donne e per il diritto alla diversità sessuale; per il diritto alla salute (con l'organizzazione di un Tribunale Internazionale dei Popoli sul tema); per l'insegnamento pubblico per tutti e tutte; contro la privatizzazione dell'acqua; contro i cambiamenti climatici; per la difesa delle risorse energetiche. E, ancora, campagne per smilitarizzazione delle Americhe; contro le basi militari Usa; per l'autodeterminazione delle ultime colonie del Continente americano; in difesa di Haiti; contro la Coca Cola.

E, tra una campagna e l'altra, aspettando l'ultima tappa del Forum policentrico, quella di Karachi a marzo, comincia l'attesa per la prossima edizione del Forum, di nuovo unificato, a Nairobi, in Kenya. Di "enorme sfida", ma anche di "opportunità per un nuovo passo avanti", parla Antonio Martins di Attac-Brasile: "L'Africa - afferma in un'intervista pubblicata su Adital - è la vittima principale della globalizzazione capitalista. Le condizioni materiali, politiche e sociali sono incomparabilmente più difficili. La schiacciante maggioranza dei Paesi vive sotto i programmi di aggiustamento dettati dal Fmi. Non c'è, quasi da nessuna parte, neppure una democrazia formale, né sono garantite libertà civili di base. L'Aids e altre pandemie hanno portato l'aspettativa di vita intorno ai 40 anni in molti Paesi". In questo quadro, secondo Martins, "per risvegliare la mobilitazione delle società civili africane e la solidarietà internazionale sarà necessario presentare efficaci e concrete proposte di azione. Si può immaginare, per esempio, che una coalizione di reti legate all'affermazione del diritto all'acqua possa realizzare studi su come garantire, in 10 anni, l'accesso di tutti gli africani a fonti d'acqua pulite. E lo stesso per la distribuzione gratuita di farmaci ai malati di Aids. E quelli tra noi che lavorano sui temi della finanza mondiale potrebbero calcolare come finanziare tali azioni, per esempio attraverso una tassa sui profitti delle transnazionali".

Di seguito la prima parte della Dichiarazione dell'Assemblea dei Movimenti Sociali, seguita dalle interviste, riguardo ai risultati del Forum, rilasciate ad Adista dai teologi della Liberazione Marcelo Barros e José María Vigil. (claudia fanti)

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