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Spiragli di apertura e catene di sicurezza

Spiragli di apertura e catene di sicurezza

Riceviamo da Teodora Tosatti, vescova della Chiesa vetero-cattolica, e volentieri pubblichiamo la seguente valutazione del pontificato di Francesco.

Tentare una valutazione del pontificato appena conclusosi, da un lato dall’interno dalla stessa espressione cristiana (sono cattolica), dall’altro in una confessione diversa (sono vetero-cattolica) è davvero arduo.

Ripercorrendo questi dodici anni nella maggiore delle Chiese cristiane, mi sembra che Francesco abbia preso molto sul serio il programma enunciato all’inizio del pontificato: mettere Cristo al centro della Chiesa, soprattutto sotto un triplice aspetto.

La ferma condanna della guerra e di ogni guerra, anche con un occhio rivolto a quelle di cui poco si parla, perché vissute in paesi che riteniamo marginali, e stigmatizzando quelle strutture economiche avide e ingiuste che impoveriscono e schiavizzano; la sua è stata sicuramente una delle voci più autorevoli.

La difesa dei migranti e degli ultimi, degli anziani, dei detenuti, delle vittime della di un sistema basato sull’efficienza e la produttività, che produce… la “cultura dello scarto”, come lui amava chiamarla; ne ha fatto parte anche il dialogo con diverse culture, tra cui non poche indigene e minoritarie.

Uno stile di vita più semplice, da vescovo tra i vescovi e uomo tra gli uomini; il fatto di essere relativamente raggiungibile dai fedeli, di salutare in maniera informale, di compiere gesti da persona comune, di invitare a non preoccuparsi del pianto dei neonati e ad allattarli in Chiesa, lo snellimento dei cerimoniali, hanno avuto un forte impatto, per nulla populistico, sull’immagine della Chiesa e del clero.

Più ambivalente invece la sua opera in altri ambiti.

La sinodalità, con l’ascolto dei laici; è un atto potenzialmente rivoluzionario, ma che non potrà restituire ai battezzati la loro piena valenza nella Chiesa finché non saranno in presenti in misura molto maggiore e soprattutto finché la loro voce si manterrà prevalentemente consultiva.

Manca ancora la capacità di rivedere le proprie posizioni, di riconoscere alla Chiesa come tale (e non a singoli uomini di chiesa) errori e colpe; così, mentre figure come Bonaiuti e Teilhard de Chardin vengono elogiate e si celebrano persino Messe in memoria, cadono nel nulla le richieste di riabilitarle formalmente; certo, ammettere l’errore in decisioni magisteriali significa implicitamente

Porre in discussione l’autorità del magistero.

Questo appare particolarmente per un altro tratto rilevante di papa Francesco: la valorizzazione del ruolo della donna, con numerose nomine, anche in ruoli autorevoli, che si rivela un modo per distogliere l’interesse dall’ordinazione ministeriale (sempre con l’equivoco per cui essa è vista come richiesta di importanza e autorità).

Anche l’identificazione fra la donna e la Chiesa (‘la Chiesa è donna’) rivela una polarizzazione dei generi che finisce per ribadire le tradizionali caratteristiche ad essi attribuite.

Anche qui, uno sguardo profondamente umano, attento alla sofferenza e volto all’incontro e al recupero, con delle caute aperture circa fallimenti matrimoniali, coppie irregolari dal punto di vista romano, battesimo dei loro figli e benedizione si sono coniugate con la riaffermazione della tradizionale morale sessuale; non c’è stata un’accettazione della contraccezione; per l’aborto sono stati usati termini inaccettabili (senza un distinguo fra aborto e regolamentazione); lo stesso vale per il continuo ricorso alla fantomatica ideologia gender e certe posizioni sul fine vita.

L’attenzione all’ecologia; il Consiglio Ecumenico delle Chiese già nel 1984 aveva varato un documento su Giustizia, Pace, Salvaguardia del creato, all’epoca accolto con riserva anche da molte chiese protestanti, e che - a quanto mi risulta - non aveva avuto eco nella Chiesa di Roma fino a papa Francesco, che ne ha fatto invece una costante del magistero.

Eppure, in diversi occasioni egli si è espresso in termini denigratori nei confronti dell’amore per gli animali, con il ritrito abbinamento tra amore per gli animali e trascuratezza per l’uomo, o l’animale domestico come alternativa alla genitorialità.

L’impressione è che, quando papa Francesco parlava a braccio, emergessero delle sue convinzioni radicate e forse inconsce (inutile adesso ricordare certe sfortunate espressioni o taluni apprezzamenti nei confronti di altre Chiese), che non compaiono quando ricorre allo scritto, più meditato e soppesato.

Tirando le somme, a mio avviso non vanno assolutamente sottovalutate certe coraggiose aperture, ma neppure taciuti gli argini in cui sono state contenute; il pontificato di Francesco ha schiuso delle porte; starà al prossimo pontefice interpretare le sue parole e soprattutto la sua vita (dato che egli ha conferito tanta importanza alla testimonianza concreta) come un limite massimo da non superare o un seme da far sviluppare.

Credo che anche lui - come il suo confratello Pierre Teilhard de Chardin - avrebbe scelto il giorno di Pasqua per affidarsi a Dio per l'eternità.

Teodora Tosatti, vescova (Chiesa vetero-cattolica)

*Foto ritagliata di ArthurMcGill tratta da Commons Wikimedia, immagine originale e licenza

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