
"Archivio Disarmo" su dati Sipri: ecco come i governi aumentano la spesa militare
Anche l’Istituto di Ricerche Internazionali Archivio Disarmo commenta i dati sulla spesa militare nel mondo nel 2024 pubblicati dallo Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI) il 28 aprile scorso. «Nel 2024 la spesa militare nel mondo è stata di 2.718 miliardi di dollari, pari al 2,5% del PIL, all’apice di un’ininterrotta crescita annua a partire dal 2015», commenta Archivio Disarmo. Nella graduatoria degli Stati, in rapporto al PIL nazionale, «al primo posto si colloca l’Ucraina con il 34% del PIL destinato alle spese militari, seguita da Israele (8,8%) e Algeria (8%). Gli incrementi maggiori si sono registrati nel PIL di Israele (+34% rispetto al 2023), del Myanmar (ex Birmania, +3%) e della Russia (+1,7%)».
In rapporto alla spesa pubblica mondiale, quella militare supera il 7%, «mentre quella pro capite ammonta a 334 dollari, la più alta dal 1990».
Oltre la metà della spesa militare mondiale è in capo ai 32 membri NATO, con i membri europei a 454 miliardi di dollari (30% della spesa mondiale), capeggiati dalla Germania, che da sola ha speso 88.5 miliardi di dollari (1.9% del proprio PIL).
«Tutti i Paesi dell’Unione Europea hanno aumentato le spese militari, sfidando i governi a trovare nuove fonti di finanziamento», commenta l’Archivio Disarmo. «Alcuni Paesi europei hanno spostato i fondi per la difesa da altre voci del bilancio. Ad esempio, il Regno Unito ha tagliato i programmi di assistenza allo sviluppo dallo 0,5% allo 0,3% del PIL. Altri governi hanno adottato strumenti per sforare il bilancio statale come nel caso della Polonia che ha finanziato il fondo speciale per le forze armate attraverso l’emissione di obbligazioni. La Francia ha fatto ricorso ai risparmi dei privati. All’indebitamento hanno fatto ricorso l’Estonia e la Germania, che ha allentato le regole che limitavano il debito pubblico del 2025. Anche l’Unione Europea ha proposto di allentare le regole sul deficit fiscale e di utilizzare la Banca Centrale Europea (BCE) per sostenere gli investimenti dell’industria della difesa».
Secondo il presidente IRIAD Fabrizio Battistelli, «L'aumento della spesa militare è una tagliola da cui non si sfugge: se decidi di spendere più soldi in un settore (come la difesa) o li prendi da un altro (per esempio dal welfare), o aumenti il deficit pubblico (in Italia superiore al PIL del 140%), o aumenti le tasse. Permane il mistero di dove l'Italia prenderà la decina di miliardi in più che dal prossimo anno permetterebbe di raggiungere il famoso 2% del PIL». Secondo il presidente IRIAD non è possibile risolvere la questione con una «fantomatica spending review che, anche nei rari casi in cui viene attuata, non è che una variante della prima soluzione: giusti o sbagliati che siano i tagli, i risparmi di una parte li metti in un'altra, ma non saranno sufficienti».
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