
Dopo 100 giorni, gli italiani bocciano Trump: un sondaggio ISPI-IPSOS
Gli effetti dei primi 100 giorni di Donald Trump sulla scena internazionale secondo gli italiani: di questo si occupa un sondaggio ISPI, realizzato da IPSOS nell’ambito dell’Osservatorio “ItaliaInsight-L’Italia nel mondo”, sulla percezione dell’opinione pubblica italiana in merito ai primi mesi di “The Donald” alla Casa Bianca. Effetti che l’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale ISPI definisce senza mezzi termini «dirompenti».
Come già visto con l’analisi di Aggiornamenti Sociali (v. Adista online), a destare preoccupazione è l’atteggiamento «imperiale» di Donald Trump, testimoniato dai suoi 139 ordini esecutivi «su tutti i fronti: rapporti con la NATO e gli (ex?) alleati, guerra commerciale, aiuti allo sviluppo, Russia e Ucraina, Gaza; ma anche immigrazione, ridimensionamento della macchina statale, rapporti con le università».
Nello specifico, dall’indagine emergono alcuni punti cruciali. Per esempio, alla domanda generale sull’operato di Trump, il 41% del campione intervistato esprime un giudizio «estremamente negativo», il 25% «più negativo che positivo» mentre, sul fronte opposto, solo il 12% esprime un giudizio «più positivo che negativo», mentre un piccolissimo 4% ritiene l’operato di Trump «estremamente positivo». A ridosso dell’elezione del presidente Usa i giudizi degli italiani erano ben differenti: «Il 38% degli italiani – spiega l’ISPI – pensavano che la sua elezione fosse una cattiva notizia per l’UE e per il mondo, mentre il 24% di loro la riteneva una buona notizia. Malgrado anche in quel caso prevalessero le opinioni negative, dunque, un altro 38% di italiani esprimeva una posizione attendista che, in questo caso, si è consolidata in un giudizio fortemente negativo».
Il dato sulla «credibilità» degli Stati Uniti nel mondo conferma quanto appena rilevato: il 58% degli italiani ribadisce che con Trump gli USA hanno «perso credibilità», il 17% ritiene che non sia «cambiato nulla», solo il 10% pensa che gli States abbiano «guadagnato credibilità».
E poi, come si posizionano gli italiani di fronte all’affermazione «Gli USA sotto Trump non sono più una democrazia liberale»? Sebbene la domanda sia molto “forte” e dunque inviti a non sbilanciarsi troppo nel giudizio, resta in generale la preoccupazione e la critica degli intervistati nostrani: 24% «completamente d’accordo» con l’affermazione esposta, 30% «abbastanza d’accordo», 25% «non so», 14% «abbastanza in disaccordo», 7% «completamente in disaccordo». Interessante, su questo punto, l’analisi del divario generazionale nelle risposte: «Tra gli appartenenti alla generazione “Boomer”, ovvero chi ha oltre 60 anni di età, ben il 66% degli intervistati ritiene che gli USA abbiano perso le caratteristiche di democrazia liberale. Questa quota scende drasticamente nella “Gen Z” (chi ha meno di 28 anni di età), al 43%, con una quota di persone in disaccordo che sale dal 12% al 35%. Questo risultato sembra andare in una direzione simile a studi che rilevano un netto calo della fiducia nella democrazia e nelle istituzioni democratiche da parte delle generazioni giovani, che dunque sembrano meno preoccupate degli attacchi trumpiani al sistema di pesi e contrappesi tra poteri dello Stato».
Il campione degli intervistati si è espresso su numerosi altre questioni: i negoziati Trump-Putin, le risposte italiane ed europee ai dazi, la Difesa europea dopo il disimpegno USA, l’aumento della spesa militare, il ruolo presunto “privilegiato” di Giorgia Meloni nei rapporti tra gli States e l’Italia o l’Europa… Per approfondimenti sulle singole risposte rimandiamo al sito dell’ISPI.
Curioso però dedicare attenzione alla posizione degli italiani sull’aumento della spesa militare: secondo il sondaggio, «solo 1 italiano su 10 pensa che bisognerebbe aumentare le spese per la difesa. Meno della metà rispetto al 24% che invece ritiene che queste spese dovrebbero essere addirittura ridotte, mentre la maggioranza relativa (43%) si pronuncia esclusivamente a favore del mantenerle invariate». Posizione interessante perché, aggiunge l’ISPI, «tra i Paesi NATO, l’Italia è ancora tra quelli che spendono meno in difesa (lo 1,5% del PIL nel 2024). Malgrado Meloni nel suo incontro con Trump abbia ribadito l’impegno del Paese per portare questo valore al 2%, nell’opinione pubblica non si riscontra alcun sostegno per la “caccia” ai 12 miliardi di euro che occorrerebbero per raggiungere questo obiettivo».
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